Tra le ragioni della deposizione di Morsi, anche gli errori strategici in campo economico. E sul nuovo governo del Cairo giungono i petroldollari del Golfo.

Dietro la crisi egiziana c'è anche l'FMI

15 / 7 / 2013

Le politiche di austerità imposte dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) nelle negoziazioni per la concessione di un prestito di 4,8 miliardi di dollari hanno contribuito ad aggravare la già precaria situazione dell'economia egiziana. Le riserve centrali ridotte all'osso, una disoccupazione alle stelle, il crollo del turismo e degli investimenti stranieri, cosí come delle entrate tributarie, sono solo alcuni dei problemi che hanno spinto alla deposizione del presidente Muhamad Morsi lo scorso 4 luglio. L'instabilità politica delle ultime settimane ha avuto un impatto negativo anche sui prezzi dei beni di prima necessità, mettendo a dura prova la sicurezza alimentaria nel Paese. In questo scenario incerto, l'Egitto si rivolge ai ricchi Paesi del Golfo per ottenere un rapido aiuto. Il Cairo ha bisogno di 25 miliardi di dollari per arginare il debito pubblico. Il nuovo presidente ad interim, Adli Mansour, dovrà affrontare delle sfide economiche non da poco, ma che richiedono una soluzione immediata per scongiurare il collasso. Le riserve di oro e di valuta straniera ammontavano a 14,9 miliardi di dollari a fine giugno, secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca Centrale egiziana, meno della metà dei 36 miliardi che figuravano nelle casse dello Stato all'inizio delle proteste di gennaio 2011 contro il regime di Hosni Mubarak. Sia Emirati Arabi Uniti che Arabia Saudita e Kuwait hanno promesso appoggio finanziario agli oppositori di Morsi e dei Fratelli Musulmani. La scorsa settimana, i tre Paesi hanno messo a disposizione un totale di 12 miliardi di dollari in prestiti, sovvenzioni e depositi, mentre il Qatar si é schierato con l'ex presidente e ha offerto otto miliardi di dollari ai suoi sostenitori. Le statistiche ufficiali rivelano un tasso di disoccupazione del 13%, una cifra che potrebbe nascondere un dato ben più elevato in un contesto in cui il 40% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, secondo la Banca Mondiale. Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale sul futuro economico del Paese non sono allettanti. La crescita del prodotto interno lordo per il prossimo anno é appena del 2% secondo i calcoli dell'ente, una percentuale troppo bassa per assorbire l'esubero della manodopera e far sperare nel recupero. La relazione tra l'Egitto e il FMI é stata segnata da alti e bassi durante gli ultimi anni. Al centro delle negoziazioni si trova un controverso prestito di 3,2 miliardi di dollari, poi elevato a 4,8. Per ottenerlo, il governo egiziano avrebbe dovuto realizzare delle riforme tanto drastiche come impopolari: aumentare le tasse e ridurre i sussidi energetici e alimentari. Una volta superato il timore - accettare il prestito per aprire le porte all'ingerenza straniera negli affari interni egiziani - i Fratelli Musulmani hanno deciso di andare incontro alle richieste del FMI. L'équipe di Morsi, peró, ha appena ritoccato il sistema di sussidi - una spesa eccessivamente alta per la disastrata economia locale - e aumentato gli stipendi del settore pubblico. L'organismo, per il momento, non ha preso contatto con il nuovo governo ad interim, anche se ha affermato che continuerà a monitorare attentamente la situazione.

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