Bolivia - Morales a un passo dalla vittoria al primo turno. La destra cavalca la rivolta

22 / 10 / 2019

Nella notte è ripreso lo scrutinio e ora col 95% di voti scrutinati e controllati, Evo Morales è avanti di 10,11 punti percentuali, con quello 0,11% in più che gli permetterebbe di diventare presidente per la quarta volta.

Questo risultato ha scatenato una grandissima protesta nel paese: a Santa Cruz, città da sempre anti-Evo, è stato lanciato uno sciopero generale contro quello che viene definito "fraude electoral" dall'opposizione. A Oruro (nel video) i manifestanti hanno dato alle fiamme la sede elettorale del MAS e incendi ad obiettivi sensibili sono avvenuti anche in altre città.

Le opposizioni gridano al "fraude electoral" e accusano il Tribunale Elettorale di esserne complice (quest'organo è effettivamente condizionato da Morales, per il semplice fatto che ha avvallato la sua candidatura bypassando la Costituzione che glielo doveva impedire) mentre dall'esterno comincia ad arrivare il sostengo al candidato Carlos Mesa della OEA di Almagro e di tutti i governi di destra.

Vere e o false le accuse di brogli elettorali, il problema è un'altro. Quello che sta avvenendo è l'ennesimo capolavoro politico di Evo Morales. Dopo aver perso il referendum popolare in cui chiedeva ai cittadini di potersi candidare, ha forzato la Costituzione per ottenerne il diritto, tanto da essere definita una candidatura incostituzionale.

Il dato di fatto è che il peso e la forza di Morales in questi quindici anni è andato in calando, lontani sono i tempi in cui dominava le elezioni con oltre il 60% di preferenze e testimoniano il fatto che le sue politiche di tradimento nei confronti degli indigeni e dei difensori dell'ambiente, che ricordo hanno definito quello di Morales un "progressismo anti ambientale", gli hanno fatto perdere il consenso di una gran parte della popolazione.

Ma la cosa più pericolosa è che i fatti delle ultime ore hanno dato la sponda alla destra di riprendersi le piazze e di farlo con una radicalità dello scontro che non promette nulla di buono, come già successo in Brasile anni fa.

Vittoria o meno al primo turno, cosa che nelle prossime ore sarà definitiva, è il preludio di una lenta e inarrestabile caduta del presidente indigeno, una caduta che potrà essere a breve o medio termine e senza troppo spargimento di sangue se si dovesse arrivare al ballottaggio, o a lungo termine (i prossimi cinque anni) e con possibili spargimenti di sangue qualora dovesse vincere al primo turno, scatenando nelle piazze la protesta e la repressione del governo.