Venezia80 - “Finalmente l’alba”, nostalgia di Cinecittà

Il film di Saverio Costanzo ricorda i tempi d'oro della "Hollywood sul Tevere”, cadendo però in un citazionismo continuo.

14 / 9 / 2023

Una storia di perdita dell'innocenza, una festa selvaggia e un leone in "Finalmente l'alba", racconto di Saverio Costanzo ambientato nella Roma degli anni Cinquanta. Una giovane donna, affascinata dalle storie con lieto fine di Hollywood, diventa una comparsa in un film che si sta girando a Cinecittà e viene trascinata insieme alle star internazionali in un festino notturno direttamente uscito da La Dolce Vita

Saverio Costanzo si è ispirato ad un celebre caso di cronaca, il caso di Wilma Montesi, una ragazza di origine popolare che viene trovata morta su una spiaggia del litorale romano. Il caso crea grande scandalo quando si scopre che la ragazza aveva partecipato ad un festino con personalità del mondo dello spettacolo, tra cui il figlio di un esponente di rilievo della Democrazia Cristiana.

Le citazioni sono continue e dopo il film di Fellini e il cold case irrisolto del 1953, spuntano anche i leoni al posto degli elefanti di Babylon di Damien Chazelle

140 minuti per raccontare le avventure della giovane Mimosa (Rebecca Antonaci), che insieme alla sorella Iris (Sofia Panizzi), si reca ad un casting per comparse in un film su Cleopatra, sounds familiar?. Inizialmente viene rifiutata ma, mentre si aggira per i corridoi del backstage alla ricerca di Iris, cattura l'attenzione della volubile starlette del film, Josephine Esperanto (Lily James). Ben presto, si ritrova truccata come un'ancella egizia e quasi trascinata sul set. Al termine delle riprese, Mimosa viene portata da Josephine assieme al rubacuori hollywoodiano Sean (Joe Keery) e all'amico Rufo (Willem Dafoe), a cena e ad un party in una villa. Ma non si tratta della serata che Mimosa si aspettava. 

È un film su come il glamour di Hollywood, in particolare quello della Roma degli anni Cinquanta, sia una mera facciata, e che ci sono cose che abiti eleganti e trucco non possono nascondere.

Finalmente l'alba, mescola attori italiani e americani nell'epoca del boom della "Hollywood sul Tevere, durante la quale gli studi di Cinecittà erano un terreno fertile per le grandi produzioni del secondo dopoguerra, come Ben Hur giusto per citarne uno.

La trama si regge su questo “romanzo di formazione”, il percorso di crescita della protagonista, Mimosa, che non si guarda allo specchio e ha troppa paura di parlare con qualcuno, salvo accettare volentieri della cocaina. È terrorizzata dalle avances di uno squallido frequentatore di feste ma è felice di perdere la verginità con un attore sognatore pochi minuti dopo aver sentito che qualcuna è stata stuprata. Non è mai uscita da sola di casa ma non è preoccupata nel passare fuori tutta la notte.

Un insieme di contraddizioni che confondono la visione inizialmente più ingenua, come una tela immacolata, di Mimosa, che durante la notte passa da essere ora spettatrice ora interprete, sospesa tra la fiaba e l’incubo. E verso i titoli di coda ci si chiede: ma le è successo davvero o era solo frutto della sua immaginazione?