Trento - "Se il vostro ordine è guerra e sfruttamento, noi sappiamo da che parte stare"

Nonostante la vergognosa militarizzazione, un centinaio di persone hanno sfilato domenica 5 giugno per le strade di Trento contro Nato, guerre e sfruttatori.

6 / 6 / 2022

Un cambio dell’ultimo minuto, dal Palazzo della Regione al Teatro sociale, per paura delle contestazioni: la passerella di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, scricchiola ancora prima di cominciare. 

Quella del Generale John R. Allen, ex comandante delle Forze NATO e delle Forze militari USA in Afghanistan non è mai cominciata, preferendo il collegamento online alla presenza.

Nonostante questo ieri, 5 giugno, un centinaio di persone hanno manifestato a Trento, partendo da Piazza Dante, contro tutte le guerre e gli imperi, sfidando la massiccia militarizzazione delle strade che hanno chiuso il centro storico, impedendo la libera circolazione non solo dei manifestanti ma anche di tutti i cittadini. 

Una fortezza dorata e ben fortificata dalla celere in assetto antisommossa che sbarrava le strade servendosi inoltre di camionette e transenne. 

Un dispositivo di sicurezza che non ha impedito di dare voce al dissenso di chi manifestava.

“Ci opponiamo alle guerre che si combattono con le bombe in tutto il mondo ma anche a quelle a bassa intensità, combattute sulla pelle di chi è reso schiavo, precario e senza diritti” ha scandito al microfono un attivista del Centro Sociale Bruno.

La guerra in corso in Ucraina viene giustificata e alimentata dal nazionalismo, ma le sue conseguenze vengono subite da chi non l’ha mai voluta, dalla popolazione ucraina che subisce in prima persona l’invasione dell’esercito di Putin, allə dissidenti in Russia e Bielorussia, su cui si abbatte la violenta repressione dello stato e di cui salutiamo con piena solidarietà le azioni di resistenza.

Allo stesso tempo la guerra è funzionale anche e soprattutto al controllo delle risorse. Mentre in Italia si parla del ritorno al carbone per emanciparsi dal gas russo, la società ENI da un lato apre i propri conti in banche russe e si prepara a una nuova escalation di progetti estrattivisti nel continente africano, saccheggiando ulteriormente quei territori, come la Nigeria che ha già contribuito a martoriare. 

Ma la guerra è anche l’estremizzazione della violenza patriarcale, dove il corpo della donna diventa ancora una volta campo di battaglia, tra stupri di guerra e violenze ai confini.

I numerosi interventi che si sono susseguiti durante tutta la durata del corteo hanno denunciato come il dittatore Erdogan proponga da un lato la maschera da mediatore tra Russia e Ucraina e, dall’altro mostri il suo solito volto da carnefice attaccando il Rojava e chi ha combattuto contro l’ISIS. Nel frattempo la NATO, che dice di opporsi all’espansionismo russo, è nei fatti portatrice di un modello non meno capitalista e imperialista di quello putiniano. E la presenza vergognosa di John R. Allen in chiusura a un Festival sempre più deserto che non sa parlare alla città non fa che ricordarcelo.

Durante il corteo, sono stati rispediti al mittente i deplorevoli attacchi di Carlo Bonomi degli ultimi giorni, scagliatosi contro le briciole del reddito di cittadinanza, un concorrente a suo dire per le aziende che cercano nuova manodopera gratuita e pubblico della propaganda delle aziende che in questo momento alimentano la guerra in Ucraina e in altre parti del mondo e distruggono il nostro pianeta.

“Ma quale concorrente, l’unico vero problema per Bonomi è l’assenza di manodopera sottopagata, ricattabile e sfruttabile - accusa un altro intervento -. Sapete quanto guadagna un giovane disoccupato con il reddito di cittadinanza? 400 euro al mese! È questa la concorrenza? È questo il modello di economia che hanno in mente?”.

Ma il violento modello neoliberista non si ferma, e colpisce anche gli studenti a partire dalla “Buona Scuola” introdotta da Renzi nel 2015 e adottata di pari passo dalle ex Giunta Rossi. Per questo a contestare Confindustria sono anche lə giovani studentə, responsabile di rendere le scuole sempre più simili ad aziende e meno a luoghi di formazione. Dopo la morte di Lorenzo e Giuseppe e gli altri due infortuni avvenuti nell'ultimo anno mentre i ragazzi erano impegnati nella scuola lavoro, ricorda un attivista del Coordinamento studentesco, le istituzioni asservite alle categorie economiche non accennano alcun cambio di rotta, abituandoci sin da subito in un sistema lavorativo precario che non tutela la nostra salute e i nostri diritti.

Il corteo prosegue ma viene fermato ancora una volta alla volta di via Belenzani dalla polizia in antisommossa che batte minacciosamente i manganelli sugli scudi. 

Una delegazione della scuola di Italiano del Centro Sociale bruno Libera la Parola rompe simbolicamente l’assedio, aggirando cordoni e camionette e sbucando dall’altra parte: “Nonostante il vostro esercito, nonostante i vostri spiegamenti di polizia le possibilità di aggirare gli ostacoli, di superarli si aprono sempre” è la voce al microfono che accompagna la delegazione mentre sfilava tra gli applausi alle spalle della celere, prima di ricongiungersi al corteo e proseguire verso il Centro Sociale Bruno.