Speciale elezioni presidenziali in Messico

Il report dell'ultimo Sherwood Open Minds, tenutosi mercoledì 4 luglio

11 / 7 / 2018

Mercoledì 4 luglio si è svolto l’ultimo Sherwood Open Minds (trasmesso – come al solito – su https://www.sherwood.it/streaming). Si è trattato di uno speciale sulle elezioni presidenziali messicane tenutesi il 1 luglio che hanno visto, dopo 3 tentativi falliti, imporsi Andrés Manuel Lopez Obrador, comunemente chiamato AMLO.  Obrador ha ottenuto oltre il 53% delle preferenze, staccando di quasi 30 punti il successivo candidato, Ricardo Anaya della coalizione PAN-PRD, e di circa 35 Antonio Meade, il candidato del PRI, il partito della rivoluzione istituzionale e dell’ex presidente Enrique Peña Nieto. È così diventato il primo presidente di “sinistra” della storia messicana.

Hanno partecipato alla discussione Enrico "Carota" Roberto (della band Lo Stato Sociale), Matteo Romagnoli (Garrincha Dischi), Christian Peverieri (dell’Associazione Ya Basta Êdî Bese), Miria Gambardella del collettivo 20ZLN e il giornalista Luca Martinelli. A condurre l’incontro Francesca Stanca, sempre dell’Associazione Ya Basta Êdî Bese.

Christian Peverieri – autore dell’articolo Messico, il trionfo della speranza recentemente pubblicato su Globalproject.info - si è focalizzato sugli ultimi 12 anni di storia politica messicana, per comprendere al meglio il contesto che ha favorito la vittoria di AMLO. In particolare, le elezioni del 2006 hanno visto la vittoria di Felipe Calderon, proprio ai danni di Obrador, e da qui è iniziata una fase di violenta repressione di oppositori, giornalisti e membri della “società civile” mascherata dalla cosiddetta “guerra al narcos”. In dodici anni si contano 240 mila morti e oltre 35 mila desaparecidos e circa 350 mila sfollati interni per questioni legate allo sfruttamento dei territori. La militarizzazione e il saccheggio del Messico è proseguita con Enrique Peña Nieto, membro del partito-istituzione PRI e presidente per due mandati. Il vero obiettivo della “guerra al narcos” è stato quello di fornire alla politica e agli apparati militari dello Stato messicano gli strumenti per controllare in maniera capillare i cittadini, le risorse naturali e quelle energetiche, diventando uno degli emblemi di quel capitalismo estrattivo che, in questi ultimi anni, ha completamente stravolto l’America Latina.

La vittoria di AMLO va letta, dunque, come un tentativo di emancipazione reale da questa situazione, anche perché Obrador si è sempre tenuto fuori dai giochi di potere che hanno segnato la recente storia messicana. «Noi come movimenti siamo stati sempre dalla parte degli ultimi» prosegue Christian, «se la vittoria di AMLO può servire ad aiutare gli “ultimi” e – soprattutto - salvare vite umane ben venga. Ovviamente, la rivoluzione o la costruzione de “l’altro mondo possibile” sono un’altra cosa».

Che cosa significa la vittoria di AMLO per gli zapatisti e per il Chiapas? A questa domanda risponde Miria del collettivo 20EZLN: «l’idea e la pratica di cambiamento reale dell’esistente portata avanti in Chiapas poco ha a che vedere con i processi elettorali». La proposta di candidare Marichuy alle ultime presidenziali – che loro stessi hanno definito “assurda” – si iscrive più che altro nella volontà di portare alla ribalta del dibattito politico nazionale la figura maggiormente sfruttata e ignorata all’interno della società messicana: la donna indigena. Come sappiamo, Marichhuy non è riuscita a partecipare alle elezioni, anche perché lo stesso sistema elettorale non è tarato per favorire processi che partono “dal basso”.

Dietro all’iniziativa intrapresa dagli zapatisti c’era l’invito, fatto dal CNI e rivolto alle altre popolazioni indigene presenti in Messico, ad autorganizzarsi e fronteggiare in maniera sempre più decisa il governo centrale, che agisce sempre per la conservazione degli interessi e dei privilegi delle élite. «Non credo che nei territori autonomi stiano festeggiando per la vittoria di Obrador perché, per quanto da molti possa essere considerato “di sinistra”, si porta con sé pezzi di establishment». Gli zapatisti avevano in parte sostenuto AMLO nel 2006, ma oggi la situazione è diversa e «AMLO non è più quello del 2006 perché, pur di vincere, ha stretto alleanze e fatto scelte elettorali molto discutibili».

Rimanendo nell’orbita zapatista e del Chiapas, Matteo Romagnoli – della Garrincha Dischi – ed Enrico "Carota" Roberto – membro della band Lo Stato Sociale) – spiegano “Garrincha loves Chiapas”, un progetto di sostegno alle comunità autonome zapatiste, nato proprio in seguito a un viaggio fatto da Matteo ed Enrico in Chiapas nel 2016. «La volontà era quella di raccontare – attraverso la parola e la musica – l’esperienza zapatista, a torto considerata “vecchia” anche dai movimenti che l’avevano presa a modello negli anni Novanta» spiega Matteo Romagnoli. Il disco “Garrincha loves Chiapas” ha visto la partecipazione di molti artisti - tra i quali Lo Stato Sociale, The Bluebeaters, Punkreas ed España Circo Este – una tiratura di 101 copie ed è stato presentato verrà in due serate, al Laboratorio Sociale di Alessandria e al Centro Sociale Rivolta. Matteo Romagnoli conferma l’ipotesi di un nuovo viaggio e di una seconda edizione del disco.

La mente musicale del progetto è stato Enrico “Carota”, che nel corso del viaggio ha «rubato» suoni, poesie e ritmi della vita quotidiana che scorre nei caracol. «Mi sono stupito di quanto un territorio con un così grande attaccamento alla propria cultura e tradizione abbia da dare dare alle persone, se queste sono disposte ad ascoltare» afferma Enrico, che continua: «’autonomia zapatista ha a che fare anche con lo Stato Sociale, perché noi crediamo fortemente nell’organizzazione dal basso anche nel mondo della musica, dai video-clip alle performance alla produzione dei dischi»

Sulla situazione post-elettorale in Messico è intervenuto Luca Martinelli, che da anni segue le vicende politiche, economiche e sociali del Paese centro-americano. «La novità di queste elezioni è che portano a un governo progressista che il Messico non aveva mai avuto prima d’ora, a differenza di altri Paesi dell’America Latina» sostiene Luca. Le elezioni hanno inoltre rotto quell’alleanza simbiotica tra classe politica e gruppi criminali che ha fortemente condizionato la recente storia messicana. Per questa ragione i messicani hanno riposto in Morena tutto il loro potenziale di speranza, non solo a livello di governo nazionale, ma anche per quel che riguarda i governi degli Stati federali. Questo potenziale di speranza, secondo Martinelli, riguarda in parte anche i movimenti sociali, soprattutto quelli che da sempre lottano per far emergere la verità sui desaparecidos.

Nella parte conclusiva dell’incontro Christian e Miria si sono confrontati sugli scenari futuri che possono aprirsi in Messico. In particolare Christian è intervenuto sul parallelismo che alcuni analisti hanno fatto tra la vittoria di AMLO e l’affermazione politica dei populismi in Europa: «stiamo parlando di due mondi diversi, anche perché Obrador non ha vinto facendo leva sulla paura, cosa che invece accomuna tutti i populismi europei». Christian ha spiegato infine un nuovo progetto dell’Associazione Ya Basta Êdî Bese con le comunità zapatiste, che riguarda  la ricostruzione e la manutenzione di una radio comunitaria in Chiapas.