Scioperi, rivolte, ecologismo radicale: analisi e prospettiva nei movimenti francesi

A Sherwood Festival il dibattito “La greve illimitèe”: movimenti francesi, prospettive transazionali e ruolo intersindacale nei conflitti contemporanei”.

20 / 7 / 2023

Lunedì 10 giugno 2023 si è svolto a Sherwood Festival l’ultimo dei 4 dibattiti previsti in second stage, dal titolo “La greve illimitèe”: movimenti francesi, prospettive transazionali e ruolo intersindacale nei conflitti contemporanei”. Hanno partecipato alla discussione Francesco Brancaccio (Ricercatore – Université Paris 8), Letizia Molinari (Saccage 2024), Ramon Vila (Union Syndicale Solidaires) e Sergio Zulian (ADL Cobas).

Ha moderato Francesco Pavin, che nella sua introduzione ha inquadrato – citando Etienne Balibar - perché da 10 anni a questa parte in Francia è lecito parlare di insurrezione permanente. «Dalle prime riforme di attacco allo stato sociale e ai diritti dei lavoratori si sono messi in moto processi di lotta capaci di perdurare nel tempo. Oggi vogliamo indagare le tre principali direttrici di lotta che si sono intrecciate in questi ultimi mesi, che sono altrettante direttrici del capitalismo estrattivista: l’attacco al sistema pensionistico, ovvero sottrarre il tempo di vita e metterlo a valore; quella della messa a valore dell’acqua e dei beni comuni, che ha creato una nuova prospettiva per il movimento ecologista (vedi Soulèvements de la terre); la rivolta delle banlieue avvenuta dopo l’uccisione di Nahel a Nanterre, la più grande quella del 2005, che interpreta una spinta neocoloniale».

La prima domanda è rivolta a Francesco Brancaccio e riguarda proprio la capacità dei movimenti di creare un processo maturo di convergenza e ricomposizione.

«Bisogna stare attenti a non commettere l’errore di pensare che la rivolta del giugno 2023 sia un evento separato dalla grande sequenza di scioperi e lotte avvenuta nel primo semestre di quest’anno, ma allo stesso tempo è errato pensare che ci sia una continuità lineare tra queste due cose».

Gli aspetti di continuità delle rivolte derivano da due livelli di analisi: il primo lo si legge nella configurazione storica e politica del macronismo: «Macron ha scelto di non esprimersi pubblicamente della morte di Nahel e questo aspetto sottolinea per l’ennesima volta la sua crisi in termini pubblici e politici, che è quella del neoliberismo francese». Brancaccio ricorda che Macron è andato al potere annunciando una “rivoluzione rinnovatrice” e da allora ha fatto solo attacchi al welfare, al sistema pensionistico e alla sécurité sociale. Il secondo elemento è la rottura tra capitale e lavoro che c’è stata nel discorso pubblico, resa evidente dai dati sull’opinione pubblica che ci sono attorno alla riforma delle pensioni, nonostante i tanti sforzi fatti da Macron in tal senso. Il terzo punto riguarda il ruolo di Macron nella trasformazione delle forme della mediazione politica, che negli ultimi anni si fonda sempre più sulla effettività delle decisioni e non dà alcun peso alla loro legittimità e legittimazione.

Un altro piano della continuità lo troviamo in quella che Balibar definisce “crisi di regime della democrazia occidentale francese”: una continuità che non si vede solo nei dispositivi repressivi razzisti, ma anche nella grande disparità di finanziamenti pubblici che esiste tra centri e periferie. Questo aspetto, ad esempio, è stato preso molto in considerazione dai sindacati e dai partiti di sinistra, che nel 2005 erano rimasti molto freddi in occasione delle rivolte, considerandole come “rivolte separative dei territori persi della Repubblica”. «L’elemento politico fondamentale è che l’espressione “non c’è pace senza giustizia” è stata assunta da tutte le componenti del movimento, come avvenuto il giorno successivo all’uccisione di Nahel, in una piazza lanciata da Soulèvements de la terre contro la sua dissoluzione che ha visto connessione inedita tra soggetti provenienti dai quartieri popolari, l’ecologismo radicale e il sindacalismo».

Brancaccio cita un’inchiesta del quotidiano Le Monde, secondo la quale le rivolte di giugno hanno espresso una nuova geografia rispetto a quelle del 2005, sia perché hanno toccato nuovi quartieri, sia perché sono arrivate nei centri cittadini, in particolare a Parigi: «parlare di una giletjeaunizzazione delle rivolte sarebbe forse spararla grossa, ma a me ha colpito molto il fatto che uno degli appuntamenti sia stato dato agli Champs-Élysées, che è il luogo simbolo dei gilets gialli».

Il problema principale è che l’industria della comunicazione ha cercato di tenere il punto sulla separazione – anche in termini etnici e religiosi – di queste rivolte dal resto delle lotte che ci sono state, invece il compito che le lotte hanno «è quello di inscriverle all’interno delle rivendicazioni, dei punti programmatici, delle pratiche, dei desideri di quella che Balibar definisce come “insurrezione democratica”».

Il dibattito continua con Letizia Molinari di Saccage 2024, che ha messo in luce la connessione delle rivolte e dell’ultimo ciclo di movimentazione sociale con le contraddizioni che si sono aperte e perdureranno con i giochi olimpici di Parigi 2024. L’evento ha un carattere totalizzante e deve essere approcciato seguendo due linee di analisi. La prima è quella della distruzione e gentrificazione di molte aree della città, in particolare della zona Seine-Saint-Denis, che avviene senza alcuna interlocuzione con chi ci vive. La seconda è quella del controllo poliziesco e della repressione di queste aree, identificata dal ministro dell’interno Darmarin con l’espressione “pulire i territori”. «Con la legge di bilancio del 2022 si parla apertamente di “delinquenza zero” ed è stato aggiunto 1 miliardo alla sicurezza per costruire nuovi reparti di polizia e 15 mila nuove telecamere con intelligenze artificiali proprio in vista dei giochi olimpici 2024». L’uso dell’intelligenza artificiale è stato votato con la Loi Olympiques 2, che hanno utilizzato per nascondere sotto al tappeto tutta una serie di leggi e provvedimenti «che a Saccage abbiamo definito “triangolo repressivo”: sorveglianza con intelligenza artificiale, criminalizzazione delle occupazioni abitative con pene fino a 3 anni di carcere e ultima legge sull’immigrazione.

Per rispondere a tutto questo è necessario costruire convergenze e non separatismo: «nel libro “Ecologia pirata” si parla della continuità tra la violenza poliziesca che va avanti nelle banlieue dal 2005 con la repressione dei movimenti sociali. Basti pensare che per lo scioglimento di Soulèvements de la terre hanno utilizzato una legge del 2021 che aveva come obbiettivo le associazioni musulmane e questo fa capire il continuum della violenza strutturale che i giochi olimpici andranno a amplificare». Per queste ragioni è necessario ripensare al modello di ecologia perché ogni movimento ecologista deve avere come obiettivo la convergenza delle lotte e quindi non solo difendere i territori ma anche chi li abita.

Il terzo ospite a intervenire è Ramon Vila di Union Syndacal Solidaires, un sindacato di lotta che è stato tra i protagonisti dell’ultimo movimento contro la riforma delle pensioni, ma anche di tante altre lotte in Francia. Secondo Vila l’escalation di violenza poliziesca non inizia con Macron ma risale agli anni ’80 con Mitterrand: «la questione delle violenze si inscrive in una repressione più globale, perché non è solo una deriva della polizia ma si tratta di un risultato di scelte politiche dal potere». Queste scelte puntano sempre alla divisione dei movimenti, così come accaduto durante il Covid, «ora le divisioni tra buoni manifestanti e cattivi, domani avremo chi applaude ai giochi olimpici e chi lotta contro il lavoro precario».

Il movimento contro la riforma delle pensioni ha rotto questa tendenza alla divisione, soprattutto perché è emerso con chiarezza un carattere di classe, che oggi rappresenta la principale continuità tra gli scioperi e le rivolte delle banlieue, «lotta di classe intesa non solo come appropriazione di beni e proprietà, ma come opposizione alla forma di potere e dominio di una classe su un’altra».

Il ruolo dei sindacati in questo momento è salvaguardare questa convergenza, a partire dalla composizione sindacale stessa, livellando le rivendicazioni verso l’alto e non verso il basso. In secondo luogo, il ciclo di mobilitazione contro la riforma delle pensioni va esteso anche ad altri fronti, come la salute, i servizi pubblici che sono stati smantellati, la lotta contro l’estrema destra.

Segue l’intervento di Sergio Zulian di Adl Cobas che inizia spiegando come la situazione in Italia rispetto alla Francia sia molto diversa. «A livello mondiale ed europeo la situazione è diversa e variegata anche perché la governance a livello lavorativo è molto diversa e questo rispecchia la risposta dei movimenti». In Italia i sindacati principali sono delle strutture parastatali e quindi non si può nemmeno parlare di gestire in modo radicale e unitario quando manca, di fronte agli attacchi al sistema sociale, una base di movimentazione.

«Quello che succede in Francia ci porta a guardare a noi: non portando l’attenzione sulla mancanza di un partito di sinistra radicale o di un sindacato all’altezza, ma guardando l’inflazione da profitti, un meccanismo da tutele sociali inesistenti, salari bassi ma nessuna insorgenza. Anche nel sindacalismo di base non bisogna riprodurre gli stessi meccanismi e c’è la necessità innanzitutto di lavorare nei territori con le comunità, relazionarsi con altri movimenti, toccare le varie forme di lavoro». Zulian conclude intravedendo alcune possibili convergenze, a partire da una composizione sociale che cambia: «le lotta femminista ne mondo del lavoro, quelle dei migranti, quelle ambientali».

Nella seconda parte del dibattito è stata analizzata la questione delle prospettive.

Per Ramon Vila il vero obiettivo del governo è che la privatizzazione del sistema pensionistico apra la strada ad altri settori cruciali, come la sanità o l’istruzione. «Gli interessi privati distruggono le nostre condizioni di vita e qualsiasi idea di bene comune, per cui il futuro della lotta è di difendere i servizi collettivi e quindi il pianeta».

Brancaccio parla di quello che sta succedendo dentro Paris 8 dove c’è una riorganizzazione in termini urbanistici, dei trasporti, dei livelli di rendita immobilitare e urbana. All’interno delle case dello studente si annuncia che gli studenti dovranno lasciare le case per far spazio agli atleti che parteciperanno ai giochi olimpici. «Il prossimo anno sarà interessante capire come si svolgerà la lotta intersindacale, quali sono gli elementi di rilancio che non si possono fermare all’età di pensionamento, ma che possono essere sul tema dei salari o sul potere d’acquisto oppure a ripensare completamente alla sécurité sociale e alla questione ecologica». Questi spazi in parte sono mancati e potrebbero essere gli elementi di apertura per la prossima stagione di lotte, proprio partendo dalla riposta unitaria che si è data alla notizia di scioglimento di Soulèvements de la terre. L’altro tema che sarà centrale riguarda la repressione della polizia e il controllo statale razziale e territoriale: « su questo bisogna mettere profondamente in discussione gli elementi strutturali di carattere razzista, sessista e autoritario dentro la configurazione storica neoliberale e capire quale siano le nuove istituzioni democratiche».

Molinari pone l’accento sul processo lungo che è cominciato nel 2017 contro le Olimpiadi. Inizialmente era un lavorare d’urgenza contro gli sgomberi e i primi cantieri, poi ci sono state lotte più concrete che hanno provato a bloccare la costruzione di infrastrutture, portando anche ad alcune vittorie.

«Nel 2024 il tema delle Olimpiadi sarà centrale per tutti i movimenti e già con alcuni sindacati ci stiamo ponendo di creare una cassa solidale nel caso in cui lavoratori volessero partecipare agli scioperi contro i giochi olimpici». Le Olimpiadi, nel loro essere totalizzanti, fanno sì che si possa ripensare ai territori e alle persone che li abitano, provando ad esempio a organizzare lo sport in maniera non capitalista e quindi a dei giochi olimpici alternativi, ma soprattutto immaginandosi convergenze internazionali, a partire delle lotte che si saranno contro le olimpiadi Milano-Cortina 2026.

In conclusione, Sergio Zulian parla di come l’estate servirà per immaginare forme di convergenza anche in Italia, ricordando la questione di classe e l’estrazione di valore come assi fondamentali. «Bisogna aggredire tutti i settori inventandosi nuove forme di lotta per praticare insorgenza e convergenza».