Milano, Salone del Mobile, edizione 2010. “Milano- Cina” è il progetto del collettivo di designer Do Knit Yourself . Un evento organizzato in occasione del Salone del Mobile. Oltre settanta le realtà invitate, per lo più designer artisti, reti, ma anche
studenti, scuole e istituti comprensivi: una riflessione sul tema dell’integrazione
in una delle zone ‘calde ‘ della metropoli lombarda. Anche la rete Rebiennale è stata invitata a partecipare a questo evento giunto alla sua seconda edizione.
Milano - Chinatown. E' il quartiere che si sviluppa attorno a Via Paolo Sarpi. Nell'aprile 2008 è stato teatro
di una accesa rivolta iniziata con il pestaggio di una ragazza
cinese da parte della polizia. La rivolta è diventata poi un corteo spontaneo con alcuni
scontri tra abitanti e forze dell’ordine.
Le restrizioni e i controlli serrati nei confronti dei commercianti cinesi, l’intolleranza e i conflitti culturali alimentati dalle politiche della giunta Moratti hanno portato all'esasperazione una situazione già sicuramente complessa.
Tra proposta ed evento. “Milano-Cina” chiede quindi ai partecipanti di collaborare con i negozi di via Paolo Sarpi per allestirne
i punti vendita dislocati in una sorta di ‘concorso tra le vetrine’.
La rete di Rebiennale ha proposto e promosso un intervento il più possibile sostenibile, politico, a progettazione
partecipata da parte degli abitanti cinesi del quartiere, per creare un immaginario condiviso ed agire quindi le contraddizioni che caratterizzano questa realtà.
Un allestimento e una performance: a partire dal confronto con gli stessi commercianti del negozio ‘high quality’, il gioco per coinvolgere i bambini, Bruce Lee per rompere gli stereotipi e cercare linguaggi comuni. Dal negozio alla via con
adesivi e sagomati per richiamare innanzitutto le origini del
progetto Milano-Cina (appunto la rivolta), per sottolineare la necessità di aprire spazi di rivendicazione.
Rebiennale esce dal negozio per riappropropriarsi, simbolicamente e non, dello spazio urbano usando i linguaggi della street art e della guerrilla comunication,
puntando il dito contro la fastidiosa ostentazione di sprechi della fiera milanese ma soprattutto la parodia della business – sostenibilità.