La sprezzante arroganza di Lopez Obrador verso i movimenti

10 / 2 / 2020

Dalle cronache politiche messicane delle ultime settimane osserviamo una tendenza preoccupante del nuovo presidente messicano: qualsiasi movimento, conflitto o eresia che metta in dubbio l’operato del suo governo, è attaccato, irriso, tacciato di “conservatorismo”. La guerra dell’esecutivo alle opposizioni, con particolare riferimento a quelle dal “basso a sinistra”, poggia le sue basi su un dato concreto indiscutibile, ovvero i 30 milioni di voti raccolti alle elezioni del luglio 2018. Un “bottino” storico (mai nessun presidente eletto prima di allora ha ottenuto un appoggio così schiacciante) che Obrador non intende certo far passare inosservato e che è utilizzato come parte di una strategia volta a consolidare la “quarta trasformazione” come l’unica alternativa possibile al sistema neoliberista.

Un’alternativa però che sta presentando, giorno dopo giorno, molte crepe, decisioni discutibili e a volte inaccettabili e che stanno facendo crescere un’opposizione dal basso a sinistra che, dal punto di vista dell’esecutivo, è indispensabile non esista, sia annientata, zittita perché l’unica alternativa al sistema neoliberista, come già detto, è quella istituzionale. Eppure, il dissenso esiste, e resiste, eccome. Cito ad esempio, alcune delle “rotture” che si sono manifestate in questo ultimo periodo e che hanno visto la reazione aggressiva, arrogante e sprezzante del presidente.

Il mal chiamato tren Maya

Il mal chiamato Tren Maya “va porque va”. Per il presidente López Obrador non esiste un’opposizione a questa grande opera, al centro dei suoi programmi di sviluppo. Secondo i suoi sondaggi la maggioranza degli abitanti delle zone interessate dal passaggio del treno sarebbero d’accordo, e a riprova ha citato le consulte portate a termine l’anno scorso, che hanno evidenziato come il 92% abbia votato a favore. Peccato però che alle ultime consulte abbiano partecipato solo 100 mila abitanti su oltre 3 milioni, vale a dire nemmeno il 3% degli aventi diritto. Consulte che sono, tra l’altro, sotto l’occhio del ciclone, in quanto numerose organizzazioni hanno evidenziato come le informazioni date dal governo alle comunità contadine siano state di parte, parziali e confuse, col chiaro intento di manipolarne la decisione. Tanto che un tribunale del Campeche ha sentenziato la sospensione in via provvisoria del progetto, proprio a causa della mancanza di trasparenza e imparzialità delle consulte stesse. In una recente intervista, AMLO ha affermato che nella costruzione del progetto «niente è colpito, non si aprono le montagne, non si tagliano alberi, nessuno viene sgomberato dalle proprie terre, non c’è inquinamento. Chi si oppone lo fa solo per opporsi al governo, senza motivo. Questo è il conservatorismo, anche se travestito da sinistra o da ambientalista» [1].

Le carovane migranti

A metà gennaio sono riprese le carovane di migranti centro americani con il sogno di raggiungere gli Stati Uniti e fuggire dalla miseria e dalla violenza dei paesi di origine. Come sono lontani i tempi in cui AMLO era all’opposizione e si schierava apertamente per la difesa dei diritti umani. Oggi, al governo e dopo aver firmato nel giugno scorso gli accordi con gli Stati Uniti, la risposta è stata molto diversa: la frontiera sud si è trasformata in quel muro che Trump tanto aveva pubblicizzato negli anni scorsi. I tremila migranti arrivati qualche giorno dopo la loro partenza da San Pedro Sula, hanno provato in tutti i modi a passare, dalla porta principale, poi trattando con le autorità e poi ancora attraversando il río Suchiate a nuoto ma il muro di Guardia Nacional li ha respinti. Respingimenti avvenuti con false promesse di posti di lavoro (nei paesi di origine), con la repressione e le deportazioni. Sconcertanti le dichiarazioni di tutto il governo dopo l’aggressione della Guardia Nacional alla carovana che era riuscita, al terzo tentativo, ad entrare di sorpresa e si dirigeva verso Tapachula: «Se non controlliamo il flusso, le bande criminali li aggrediscono e li fanno sparire. Abbiamo fatto rispettare la legge senza violare i diritti umani». E ancora, dopo l’ignobile carica con l’utilizzo di gas al peperoncino e lacrimogeni e il conseguente arresto (seguito a deportazione): «Molto bene la Guardia Nacional, ha resistito senza usare la forza. Non ho visto le immagini ma veramente non si è usata la forza, hanno fatto un buon lavoro. In alcuni casi c’è stato un uso, direi isolato, di gas lacrimogeni» [2].

La camminata per la pace di Javier Sicilia

Nemmeno le vittime di violenza riunite nel Movimiento por la Paz di cui è portavoce il poeta Javier Sicilia è rimasto esente da critiche e attacchi. Verso fine gennaio il movimento ha lanciato una marcia di tre giorni il cui obiettivo era farsi ricevere dal presidente per porre all’attenzione generale la violenza che sembra non finire nel paese e la mancanza di giustizia per le vittime: «Chiediamo al presidente che non protegga la sua investitura ma che la utilizzi per abbracciare la sofferenza delle vittime della grave violenza che vive il nostro paese». Obrador si è rifiutato di riceverli e nella usuale conferenza stampa della mattina ha dichiarato: «Soffrono di amnesia e cominciano solo ora a vedere. Com’è che solo ora, da quando siamo arrivati noi, stanno aprendo gli occhi? Quelli che oggi gridano come predicatori, sono stati in silenzio come delle mummie […] basta ipocrisie, giù la maschera». Per la cronaca è dal lontano 2011 che Javier Sicilia chiede giustizia per suo figlio e per le centinaia di vittime della violenza sistemica. Il clima generato da questo scontro dialettico si è trasformato in aggressione verbale all’arrivo della camminata davanti al Palacio Nacional, accolta dai fedelissimi del presidente con insulti e con l’invito ad andarsene [3].

La protesta femminista nella UNAM

Secondo i dati della Unidad para la Atención y Seguimiento de Denuncias (UNAD) della UNAM, sono state ricevute 1104 denunce di abusi sessuali dal 2016 a ottobre 2019. Di più, il presidente del Tribunale della UNAM, Eduardo López Betancourt, ha rivelato che ogni anno ci sono almeno due mila e cinquecento casi di abusi sessuali da parte di docenti, lavoratori e amministrativi che non sono sanzionati, molte volte per la complicità della stessa istituzione. Proprio per questo, da ottobre la Facoltà di Filosofia è in sciopero e ha bloccato le lezioni. La protesta si è allargata in questi ultimi giorni e ad ora si contano oltre 14 facoltà bloccate dalla giusta protesta femminista, dal momento che l’istituzione universitaria non sembra voler prendersi carico del problema. Anche in questo caso AMLO si è dimostrato inflessibile, il cui succo del discorso è che le proteste vanno bene solo se sono pacifiche e comunque, a suo modo di vedere, il movimento femminista non è comparabile con quello del ’68 ed è infiltrato da chi vuole generare solo violenza: «nei blocchi sento che dietro c’è una mano nera. Ci sono sempre quelli che muovono le fila, bisogna smascherarli perché non rimangano nell’ombra» [4].

Il presidente di tutti si sta trasformando nel presidente di tutti quelli che sottostanno in silenzio alla sua idea di paese. A nome di tutti quei movimenti che continuano a lottare a testa alta e a non vendersi, che sono oggetto degli attacchi del presidente e spesso pure criminalizzati, tornano utili le recenti parole del Subcomandante Moises: «Siamo disposti a essere colpiti, arrestati, rapiti, ammazzati […]. Siete disposti voi cattivi governi a provare a distruggerci, a qualunque costo, a colpirci, arrestarci, rapirci e ammazzarci?»

[1] https://www.sdpnoticias.com/nacional/amlo-tren-maya-oposicion-proyecto-construccion-declaraciones-izquierda.html

[2] https://www.sinembargo.mx/24-01-2020/3718007

[3] https://actualidad.rt.com/opinion/cecilia-gonzalez/341224-caminata-paz-efectos-polarizacion-lopez-obrador

[4] https://www.jornada.com.mx/ultimas/politica/2020/02/05/hay-mano-negra-en-los-paros-en-la-unam-dice-lopez-obrador-2140.html