La rabbia delle giovani femministe scuote il governo di AMLO

Laura Castellanos crive di movimenti sovversivi ed è autrice del libro "Crónica de un país embozado 1994-2018".

30 / 3 / 2020

Laura Castellanos è una reporter femminista messicana, scrive di movimenti sovversivi ed è autrice del libro "Crónica de un país embozado 1994-2018". La traduzione di una sua inchiesta sul nuovo movimento femminista che sta emergendo in Messico. Traduzione a cura di Camilla Camilli e Francesca Stanca dell'Associazione Yabasta! ÊdîBese!

Le giovani femministe hanno scosso il governo del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (AMLO), manifestando in modo deciso contro l'aumento dei femminicidi e degli omicidi di donne - in media 10 casi al giorno -, le sparizioni, le violenze maschili, e per aver inserito la questione all'ordine del giorno dei media.

Hanno intensificato una ribellione femminile colorata e senza precedenti contro la violenza patriarcale in Messico. Sono l'espressione più alta della lotta e hanno scosso il Paese ricorrendo all'"azione diretta": forme di azione al di fuori delle istituzioni o della legalità, alcune molto radicali, utilizzate dai movimenti di emancipazione - come quello delle suffragette britanniche - per contrastare l'ordine sociale.

Le azioni dirette - sopracitate - delle giovani donne messicane sono consistite in proteste, spettacoli, il sanzionamento vetrate e l'imbrattamento di monumenti iconici, l’occupazione di strutture educative per chiedere l'espulsione dei molestatori sessuali, la distruzione o l'incendio di uffici pubblici (come la Corte di Giustizia di Sonora) e il blocco delle strade, tra le altre cose, per le quali sono state accusate dal presidente stesso di vandalismo o di essere infiltrate di destra.

Le loro azioni si aggiungono a quelle di un movimento emergente di donne, con posizioni contrastanti sulle azioni violente dirette, che, rendendo visibile la violenza di genere sulla mappa dell'insicurezza nazionale, hanno minato la notorietà del presidente che ha avuto il più grande sostegno popolare nella storia democratica del Paese.

La loro radicalità è proporzionale alla violenza a cui sono esposte, essendo cresciute in un paese invaso dalle fotografie dei volti delle donne scomparse che vengono diffuse negli spazi pubblici attraverso annunci di ricerca, note di cronaca sui mezzi di comunicazione e richieste di aiuto sui social network.

In Messico ci sono più di 15.000 casi di donne scomparse registrati dal 2006 ad oggi. Quattro casi su 10 hanno un'età compresa tra i 15 e i 24 anni, secondo i dati ufficiali.

Con la mia inchiesta ho scoperto che molte delle femministe radicali hanno meno di 25 anni, provengono dalla classe media o dalla classe operaia, utilizzano i mezzi di trasporto pubblici e fanno parte di gruppi di composizione specificatamente femminile.

Pensavo che avrebbero fatto parte di una nuova generazione di cellule anarchiche, come quelle insurrezionaliste che agivano clandestinamente nei governi degli ex presidenti Felipe Calderón ed Enrique Peña Nieto, con una presenza prevalentemente maschile, e che ho documentato nel mio libro “Crónica de un país embozado 1994-2018”.

Tra queste cellule, per lo più maschili, l'eccezione era stata il “Comando Femenino Informal de Acción Antiautoritaria” (Comando d'azione antiautoritaria femminile informale), l'unico composto da donne, che dal 2014 al 2017 ha piazzato bombe artigianali nelle strutture del governo e della chiesa contro la pederastia sacerdotale.

Ma quando ho intervistato le "morras", come vengono chiamate colloquialmente le ragazze in Messico e come si autodefiniscono queste femministe radicali, ho notato che, sebbene alcune di loro mettano in pratica concetti anarchici come l'orizzontalità, l'autogestione estranea alle istituzioni politiche e ai partiti, utilizzino il classico simbolo della “A” racchiusa in cerchio, o si vestano e si coprano il volto di nero, la maggioranza non segue la filosofia anarchica, né ha alcuna ideologia.

Dall'ottobre 2019 decine di loro, tra cui adolescenti delle scuole secondarie, hanno preso con la forza - in alcuni casi con il sostegno dei loro coetanei maschi - 13 campus dell'Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM), la più grande università dell'America Latina, chiedendo più sicurezza e sanzioni contro i molestatori sessuali.

Da un colloquio collettivo che ho avuto con le "morras" che dal 30 gennaio hanno occupato la Facoltà di Scienze Politiche dell'UNAM, senza partecipazione maschile, ho avuto la conferma che la maggioranza di loro aveva circa vent'anni e non hanno alcuna formazione anarchica o femminista pregressa.

Non sono femministe teoriche bensì legate ad esperienze vissute. Si sono appropriate di un termine storicamente stigmatizzato e ne hanno attribuito un nuovo significato che hanno reso popolare per la rabbia espressa di fronte alla violenza machista e per la sororidad (fratellanza solidale femminile) che a partire dalla violenza sono andate a costruire con le donne della propria famiglia, dell’ambiente circostante e del loro paese. Una scritta su un muro della facoltà rivela la forza viva che le guida: “Ci hanno tolto tanto, che hanno finito per toglierci anche la paura”.

La loro bellicosità comincia a trascendere il loro terreno di intervento. Yesenia Zamudio, la cui figlia, María de Jesús Jaime, è un caso di femminicidio impunito, affermò, dopo le critiche alle incappucciate per le loro azioni violente dirette, che lei stessa si pensava femminista: “Ho tutto il diritto di appiccare il fuoco e distruggere! Non chiederò a nessuno il permesso per distruggere qualcosa in memoria di mia figlia! E quelle che vogliono distruggere, distruggano! E quelle che vogliono dare fuoco a qualcosa, che lo facciano! E quelle che non vogliono, che non si mettano sulla nostra strada!”. 

La risposta di AMLO al movimento è stata lo sdegno o le accuse della presenza di forze conservatrici dietro ad esso, ma all’interno del governo l’allarme è comunque scattato. 

Ho ottenuto informazioni riguardanti Ricardo Peralta, sottosegretario di governo, che tra altri funzionari di primo livello, ha tenuto degli incontri con i vertici delle imprese giornalistiche per chiedere loro di diminuire il numero delle notizie di violenze contro le donne, così come delle critiche alla riffa dell’areo presidenziale e la costruzione del Tren Maya nel sud-est messicano, con la promessa di ricevere i contratti di pubblicità ufficiali che sono state tagliate da questo governo per ragioni di austerità. 

Le proteste delle morras hanno occupato diverso spazio all'interno della stampa, specialmente quando hanno realizzato azioni dirette contro il mandatario. Quando AMLO affermò di fronte alla stampa che non voleva che il tema del femminicidio oscurasse l’aver ricevuto un assegno da parte della Fiscalía General che avrebbe usato per pagare i premi della lotteria dell’areo presidenziale, gruppi di femministe hanno realizzato scritte, preso a calci e tentato di incendiare la porta della sua casa: il Palazzo Nazionale.

Tra gli obiettivi delle femministe ci sono anche gli organi di informazione. Dopo il femminicidio di Ingrid Escamilla, una giovane di 25 anni squartata dal suo compagno, le morras organizzarono delle proteste a seguito della pubblicazione delle foto del cadavere da parte dei giornali Reforma e La Prensae durante le quali incendiarono un furgone.  

Nelle ultime settimane ho chiacchierato con femministe accademiche e istituzionali e alcune di loro rifiutano di credere che queste morras siano delle femministe genuine e che contribuiscano alla lotta delle donne.

Ma la realtà è che stanno rompendo la corazza istituzionale che ha protetto i molestatori scolastici in questi giorni e la loro lotta sta dando una risposta senza paragone. 

Il rettore della UNAM, Enrique Graue, ha dovuto creare la Coordinación de Igualdad de Género per affrontare i casi di violenza di genere, tra le varie misure. E recentemente ha tolto dal proprio incarico un accademico accusato di tentato stupro.

Queste misure scolastiche contro i molestatori si sono estese anche a cinque facoltà dell’Universidad Autónoma del Estado de México, che hanno già portato a dieci sospensioni di professori, una destituzione, un licenziamento e sei persone sono state sollevate dal loro ruolo. In altre istituzioni, come la Universidad Autónoma de Nuevo Léon le giovani sono ricorse all’hastag #MeToo da far girare nelle reti sociali ottenendo la creazione di una Unidad de Género  che è riuscita a espellere quattro accademici e uno studente.

Inoltre, alcuni media di comunicazione, in maniera interna e discreta, stanno ridefinendo le loro linee editoriali e cercando consulenti per fare un giornalismo con una prospettiva di genere.

In una relazione pubblica, la dottoressa in antropologia Marcela Lagarde, artefice del termine femminicidio, di fronte a una platea femminile affermò che il femminismo cerca l’uguaglianza includente tra donne e uomini ed esortò le partecipanti ad ascoltare e prendere in considerazione le morras. Ha detto loro: “Io le convoco affinché siano voce, sostentamento, appoggio, certezza per queste giovani che si sono prese il testimone”.

Staremo a vedere se la sua convocazione verrà ascoltata e accolta. E anche se le femministe della vecchia e della nuova guardia si nutriranno in comune e daranno sostegno all’emergente e ampio movimento di donne nel paese. Si vedrà se il presidente continuerà a sminuire le loro esigenze e ad attizzare la loro rabbia e fino a dove le morras continueranno con la staffetta nella loro corsa rivolta contro l’ordine patriarcale. "¡Se va a caer! ¡Lo vamos a tirar!", avverte il motto della lotta dell’impetuosa quarta onda femminista messicana. 

** Ph. Credit Una protesta feminista a las afueras de Palacio Nacional, casa y oficina del presidente de México, Andrés Manuel López Obrador, el 14 de febrero de 2020. (Ginnette Riquelme)

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