Per noi in mezzo all'Euromediterraneo allungare lo sguardo per tentare di capire quello che sta avvenendo sull'altra sponda è un aspetto importante dell'agire politico.

Il Ramadan della primavera araba

Una carrellata sulla sponda sud del Mediterraneo.

di Bz
7 / 8 / 2013

TURCHIA

Non ci sono solo i fantasmi dei “terroristi di Gezi Park”, che si sono rifatti vivi le scorse notti a Istanbul, a turbare il sonno di Erdogan ma anche quello dei kemalisti laici alleati ai militari, che da sempre sono stati i guardiani della Turchia moderna. Questo incubo – l’esercito - di Erdogan, più volte denunciato anche durante le rivolte e i tumulti, che hanno accompagnato per oltre 1 mese il movimento di occupyGezyPark, è stato esorcizzato e pesantemente ammonito: si è concluso il processo, cominciato 5 anni fa, sul presunto golpe militare architettato 7 anni addietro, quando gli islamisti di Erdogan erano da poco alla guida del paese, in questo senso si comprende il sostegno e la richiesta di ripristino della legalità avanzata dal governo turco in favore dell’ex premier egiziano Morsi, deposto, appunto dai militari. Sono 275 gli accusati complessivamente in attesa di giudizio: tra i condannati eccellenti, c'è l'ex capo di stato maggiore dell'esercito İlker Başbuğ, a cui è stato inflitto l'ergastolo e tre parlamentari dell'opposizione che hanno ricevuto pene dai 12 ai 35 anni. 21 invece le assoluzioni pronunciate fino ad ora dalla corte. Dopo cinque anni di processo, i giudici hanno dato sostanzialmente ragione alle tesi della procura, secondo cui “Ergenekon”, organizzazione segreta ultra-nazionalista composta da ufficiali, politici, accademici, ma anche malavitosi, espressione di quello che viene spesso definito in Turchia lo “stato profondo”, avrebbe cospirato per rovesciare il governo Erdoğan, manipolando i media e organizzando omicidi e attentati per realizzare i propri scopi. La sentenza rappresenta un evidente successo per l'esecutivo, che in questi anni ha brigato con successo per portare l'esercito sotto il controllo del potere civile, dopo i tre colpi di stato effettuati dai militari dal 1960 al 1980 e il “golpe bianco” del 1997. Con l'approfondirsi dell'inchiesta, però, sono aumentati anche i malumori e i sospetti nei confronti della procura. Secondo crescenti voci critiche, infatti, il governo avrebbe approfittato del caso “Ergenekon” per colpire non soltanto le strutture golpiste dello “stato profondo”, ma anche settori dell'opposizione politica all'esecutivo, attraverso accuse montate ad arte e indagini poco trasparenti.

SIRIA

La guerra civile – oltre 100 mila morti e 2 milioni di profughi interni ed esterni - continua senza esclusione di colpi su tutti fronti ma agli occhi dell’opinione masmediatizzata vengono nascosti gli sviluppi che possono così essere riassunti: l’esercito lealista di Assad, con l’aiuto delle milizie hezbollah, sta riprendendo il controllo su tutta la fascia centrale confinante con il Libano e il Mediterraneo; nella fascia lungo il confine con la Turchia si sta strutturando un embrione di vero e proprio stato kurdo, con la preoccupazione per tutti gli stati dell’area di vedere il profilo del grande vecchio Kurdistan; nell’area del sud est siriano gli islamisti, di tutte le tendenze, foraggiati da tutti gli sceicchi padrini, la fanno da padroni, instaurando califfati territoriali; in mezzo a queste realtà definite si colloca l’attività politica e militare dell’esercito nazionale ribelle e del suoi rappresentanti politici, che pur avendo il sostegno occidentale sta perdendo costantemente terreno. Questo approssimativo quadro ci fa capire perché, la più volte annunciata, Conferenza di Ginevra continua a slittare di mese in mese, dentro a questo guazzabuglio stanno anche gli ‘scomparsi’ italiani come padre Paolo Dall’Olio, noto esperto dei poteri siriani, e Domenico Quirico, avventuroso inviato della Stampa.

EGITTO

Europa ed USA stanno adoperando tutte le loro armi, diplomatiche, economiche e militari, per facilitare una stabilizzazione della situazione politica e sociale egiziana, sono state fatte trapelare indiscrezioni dai colloqui riservati con i dirigenti dei Fratelli mussulmani: una loro entrata nell’esecutivo in cambio delle dimissioni di Morsi oppure di un atto di clemenza dell’esecutivo con la liberazione di Morsi, affidato all’esilio. Le organizzazioni giovanili e le associazioni islamiche si dichiarano contrarie alla soluzione garantita da UE e USA e lanciano per il prossimo venerdì una nuova manifestazione di massa al Cairo, giornata conclusiva del Ramadan e data di scadenza dell’ultimatum del governo dei militari per lo sgombero delle piazze occupate dai manifestanti.

TUNISIA

La rivolta seguita all’uccisione di Mohamed Brahmi, politico dirigente dell’opposizione tunisina, che è stato ucciso la mattina di giovedì 25 luglio, giorno della festa nazionale d’indipendenza della Tunisia dalla Francia, fuori dalla sua casa a Tunisi e che ha seguito l’altro omicidio di Chokri Belaid, uno dei leader dell’opposizione ucciso sei mesi fa, il 7 febbraio 2013, è stata una fiammata di cui il partito islamista di governo Ennhada ha avuto presto ragione, solo nelle regioni interne e del sud, ci sono state significative esperienze di autogoverno e di cacciata delle autorità di governo.  Anzi, sembra che abbia preso l’iniziativa nelle proprie mani, lanciando e rilanciando mobilitazioni in tutti il paese, in specie a Tunisi. Ennhada gioca d’anticipo, presumendo movimenti in seno all’esercito, per disinnescare una possibile deriva egiziana della situazione tunisina affermando, nelle piazze anche in questi giorni, la legittimità del proprio governo e il sostegno popolare di cui gode.

LIBIA

È scomparsa dalle cronache giornalistiche ma quello che filtra non è per nulla rassicurante dal punto di vista politico: le divisioni politiche tra le regioni della Cirenaica e Tripolitana sono tornate alla grande con scontri a fuoco tra fazioni, mentre le oasi interne sono diventate dominio tribale dove ciascuno ha armato la sua milizia che risponde ad un signore locale e sopporta malamente il potere centrale. A questo va aggiunto una potente infiltrazione di milizie islamiche nell’area del profondo sud in prossimità con l’Algeria e il Mali, dove al Qaeda ha radici profonde, tanto da realizzare proprio qui una clamorosa evasione di massa di 500 miliziani racchiusi in un carcere di massima sicurezza. Questa evasione è stata la prima di una serie di assalti alle carceri medio orientali – in Iraq, Afghanistan, Pakistan – che hanno riportato in libertà circa 1500 combattenti islamisti affiliati ad al Qaeda. È indubbio che queste operazioni militari di al Qaeda sono lì a dimostrare come la sua capacità d’attacco abbia una consistente efficacia che fa presumere la possibilità di azioni clamorose su vasta scala, di qui potrebbe discendere l’allarme generale lanciato dagli USA per tutte le proprie sedi diplomatiche. Un procurato allarme molto mediatizzato posto che – per quello che è dato sapere – nessuna operazione militare o terroristica è stata disinnescata attraverso gli schermi delle TV.

BZ

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