Il GIEI lascia il caso Ayotzinapa: impossibile continuare a lavorare

26 / 7 / 2023

Il Grupo Interdisciplinario de Expertos Independientes (GIEI) martedì scorso ha tenuto l’attesa ultima conferenza stampa nel Centro Cultural Tlatelolco della UNAM a Città del Messico prima della partenza definitiva dal Messico con il quale ha fatto conoscere l’avanzamento delle indagini, gli ostacoli e le cose rimaste in sospeso nel caso dei 43 studenti della Escuela Normal Rural Isidro Burgos di Ayotzinapa scomparsi la notte del 26 settembre 2014. 

Il quadro che ne esce è devastante: la SEDENA (Secretaría Defensa Nacional) e la Marina hanno avuto un ruolo attivo nella sparizione forzata e occultato le indagini e, nonostante la decantata volontà politica dell’amministrazione di López Obrador, è impossibile continuare ad indagare e scoprire ulteriori novità rispetto alla notte della tragedia: «fue el ejercito, sigue siendo el ejercito» - è stato l’esercito, continuerà ad esser stato l’esercito - hanno gridato i genitori durante la conferenza stampa, perché le prove continuano a rimanere ben custodite e inaccessibili negli archivi militari. 

«Non siamo stati in grado di dare tutte le risposte ai parenti dei 43 giovani scomparsi da Ayotzinapa perché non abbiamo avuto accesso a tutte le informazioni esistenti da parte delle autorità. E per noi non ci sono le condizioni per proseguire. Che cosa avremmo potuto fare? Con quali informazioni avremmo potuto lavorare? C’è bisogno di informazioni per arrivare alla verità e alla giustizia». Con queste parole gli esperti indipendenti hanno aperto la conferenza stampa consegnando alla storia un segnale inequivocabile: impossibile continuare ad indagare quando le istituzioni continuano a occultare prove a negare l’accesso alle informazioni. Esercito, marina, polizia, autorità statali e federali, nonché organi di intelligence dello Stato messicano, sapevano in tempo reale la posizione dei giovani, prima, durante e dopo l’attacco, anche se poi hanno ostacolato le indagini e si sono prestati a costruire la cosiddetta "verità storica" dei fatti. 

Il GIEI ha infine ammesso che grazie al presidente López Obrador si è potuti arrivare fino a questo punto ma nonostante la volontà politica iniziale ha di nuovo prevalso l’occultamento, con il rischio che la menzogna diventi una risposta istituzionalizzata. «Lo Stato e le istituzioni - hanno concluso i membri del GIEI - hanno l'obbligo di indagare e portare giustizia ai desaparecidos. Questo caso è un profondo interrogativo per lo Stato messicano». 

Sul sesto e ultimo informe del GIEI hanno preso parola diversi illustri giornalisti messicani che da sempre hanno seguito il caso. Per il giornalista Temoris Grecko, autore del documentario sul caso “Mirar Morir”, «il report del GIEI mostra chiaramente come in 9 anni le istituzioni colluse hanno cercato di farci credere che non sapevano niente. Inizialmente cercando di nascondere la loro partecipazione alla notte del 26 settembre e successivamente con la costruzione della “mentira histórica”. Dopo 9 anni il GIEI se ne va perché SEDENA e Marina si sono negati a seguire gli ordini del presidente di dare informazioni agli investigatori, dimostrando la volontà di credere di poter agire al di fuori della Costituzione».

Per Luis Hernandez Navarro, coordinatore degli opinionisti del quotidiano La Jornada «il VI Rapporto Ayotzinapa del GIEI è devastante: il caso non è chiuso. L'esercito e la polizia a tutti i livelli sono coinvolti nella criminalità organizzata e nella scomparsa dei 43 normalisti. La menzogna ufficiale è stata istituzionalizzata. La Marina ha partecipato all'insabbiamento dei fatti e alla fabbricazione della verità storica. Ha torturato testimoni. Ha mentito e continua a mentire sui fatti». 

A quasi nove anni dalla tragica notte di Iguala la speranza di arrivare alla verità e alla giustizia si affievolisce ogni giorno di più di fronte al muro di impunità eretto da uno Stato corrotto e violento. È stato l’esercito, continua ad essere l'esercito hanno gridato i genitori esasperati dalla frustrazione e dal dolore. Lo stesso esercito al quale la quarta trasformazione di López Obrador ha “consegnato” il Paese, soldi e potere, con l’avanzata della militarizzazione - e della violenza - e il “regalo” della gestione delle grandi opere.