Egitto - Lettera dal carcere del blogger Alaa Abdel Fattah

7 / 11 / 2011

Il 24 ottobre il blogger egiziano Alaa Adbel Fattah è stato convocato da un tribunale militare senza alcuna accusa. Alaa si è presentato agli inquirenti il 30, ma si è rifiutato di rispondere all'interrogatorio, dichiarando che il tribunale militare non aveva alcun diritto di processarlo. È stato arrestato sul posto con l'accusa di incitazione alla violenza contro l'esercito durante la manifestazione cristiana sotto la torre televisiva Maspiro il 9 ottobre. La repressione della manifestazione si concluse con 27 morti e 212 feriti. La vera ragione dell'arresto è un articolo di Alaa uscito il 20 ottobre sul giornale “Al Shoruk”. L'articolo ricorda il manifestante Mina Daniel, assassinato durante gli scontri, e accusa il Consiglio Supremo delle Forze Armate (Scaf) di utilizzare gli stessi metodi autoritari di Mubarak.

Dalle dimissioni di Mubarak a oggi, circa 12.000 civili sono stati processati da tribunali militari, con 8.000 condanne. Il blogger Maikel Nabil Sanad è stato condannato a tre anni per “insulti all'esercito” ed è in carcere dal 28 marzo. Nonostante la verbale adesione alla rivoluzione, lo Scaf sta cercando in ogni modo di conservare il vecchio regime, utilizzando a tal scopo i media di stato e il sistema poliziesco fascista ereditato dai precedenti dittatori.

No ai processi militari – Libertà per tutti i prigionieri politici – Abbasso lo Scaf.

Di nuovo nelle prigioni di Mubarak

Non mi aspettavo di rivivere la stessa esperienza a cinque anni di distanza. Dopo la rivoluzione che ha rovesciato il tiranno, sono di nuovo in galera?

I ricordi della prigionia tornano, tutti i dettagli, dalle competenze necessarie per riuscire a dormire con otto uomini in una piccola cella (2x4 metri), alle canzoni e alle discussioni con gli altri detenuti. Ma proprio non riesco a ricordare come facevo a mettere al sicuro gli occhiali quando dormivo; sono stati calpestati tre volte in un giorno. Sono esattamente lo stesso paio che avevo quando venni arrestato nel 2006. E ora sono dentro con accuse esattamente altrettanto ridicole. L'unica differenza è che la Sicurezza Statale [polizia politica egiziana] è stata sostituita dai militari. Un cambiamento molto in tono con il periodo alquanto militarizzato che stiamo attraversando.

La volta scorsa c'erano con me cinquanta compagni del movimento Kefaya [Basta]. Questa volta sono solo, assieme a otto uomini accusati ingiustamente. Appena capiscono che faccio parte della “gioventù della rivoluzione”, cominciano a imprecare contro la rivoluzione, lamentando il fatto che non sia riuscita a “sistemare” il Ministero degli Interni.

Ho passato i primi due giorni ad ascoltare storie di torture perpetrate dalla polizia, che non solo resiste alle riforme, ma si vendica della sconfitta subita. Apprendo così la verità sulle grandi conquiste della reinstaurazione della sicurezza. Due miei compagni di cella sono in carcere per la prima volta, sono dei semplici ragazzini senza un briciolo di violenza. Di cosa sono accusati? Di aver formato una gang. Abu Malik è una one-man-gang. Ora capisco cosa intende il Ministero degli Interni quando dichiara di aver assicurato alla giustizia un'altra banda armata.

Tra qualche ora il sole entrerà nella cella e potremo leggere le creative incisioni dei nostri predecessori. Quattro muri coperti di versetti del Corano, preghiere, suppliche e pensieri. Quando abbiamo scoperto la data dell'esecuzione di un detenuto, abbiamo pianto. Il colpevole può pentirsi, ma l'innocente non può far nulla per sfuggire alla condanna.

La radio ci passa il discorso di sua Eccellenza il Generale, sta inaugurando la bandiera più alta del mondo. Di certo entrerà nel guinness dei primati. Forse anche l'inclusione del martire Mina Daniel nell'elenco dei miei accusatori verrà considerata un primato di audacità. Non gli è bastato ucciderlo per poi presentarsi al funerale, hanno sputato sul cadavere accusandolo di infamia. O magari questa cella può vincere il primato per il numero di scarafaggi... Abu Malik interrompe i miei pensieri: “Giuro a dio onnipotente, se l'oppresso non avrà giustizia, la rivoluzione non vincerà”.

Terzo giorno, 1 novembre 2011

Cell 19, Prigione di Appeal, Bab Al Khalq

Alaa Abdel Fattah (@Alaa)

L'articolo orginale è comparso il 2 novembre 2011 sul giornale egiziano "Al Shoruk”