Gioia, felicità, danze, canti, baci, carezze,
abbracci, pianti, risate, fuochi artificio, barche sul Nilo. Un fiume di
parole non basta a descrivere come milioni di egiziani hanno
festeggiato ovunque nel paese il sogno divenuto realtà, l'addio alla
presidenza dopo ben trent'anni di Hosni Mubarak, l'unico leader
conosciuto da almeno la metà della popolazione. Una festa coinvolgente e
colorata che andrà avanti nei prossimi giorni e che sancisce la
vittoria della «seconda rivoluzione egiziana», quella dei giovani, nota
anche come la «rivoluzione 2.0», come l'aveva battezzata giovedì il
blogger Wael Ghonim, tra i primissimi promotori dell'insurrezione contro
il faraone del terzo millennio dopo Cristo. «Congratulazioni
all'Egitto, il criminale ha lasciato il palazzo», così Ghonim ha
salutato, ovviamente su Twitter, l'addio del raìs.
Il primo obiettivo
è stato raggiunto dal popolo egiziano, ma già si guarda avanti, alla
ricostruzione dell'Egitto su nuove basi, politiche ed economiche. La
gioia è proporzionale all'incertezza politica. Siamo ad un passaggio
fondamentale della storia del più importante dei paesi arabi, che,
peraltro, potrebbe dare il via all'effetto domino tanto evocato in Medio
Oriente dopo la rivolta tunisina del mese scorso. Dietro l'angolo forse
c'è l'insurrezione di giovani e popoli di altri paesi della regione,
dominati come lo sono stati gli egiziani, da regimi oppressivi e, quasi
sempre, fedeli esecutori delle politiche degli Stati uniti. Mubarak,
lasciando la presidenza ha trasmesso i suoi poteri allo stato maggiore
dell'esercito guidato dal generale Mohammed Tantawi, il ministro della
difesa. Tantawi è una figura grigia e poco stimata - anche se ieri sera
era davanti al parlamento a salutare la folla - che con ogni probabilità
sarà soltanto il volto e il portavoce del Consiglio militare supremo
dove svetta il capo di stato maggiore, generale Sami Enan, un comandante
che piace molto agli Stati uniti e che gode di simpatie anche tra i
Fratelli musulmani, per la sua «onestà e rettitudine». Enan e gli altri
generali saranno il presente dell'Egitto, nella speranza che non
diventano anche il futuro del paese, violando l'impegno preso di
garantire l'avvio di quel processo di riforme democratiche per il quale
hanno lottato milioni di egiziani e sono morti oltre 300 manifestanti.
«In
nome di Allah il misericordioso e il compassionevole: cittadini,
durante le difficili circostanze che sta attraversando l'Egitto il
presidente Hosni Mubarak ha deciso di lasciare la carica di capo dello
Stato e ha incaricato lo stato maggiore delle forze armate di
amministrare gli affari del paese. Che Allah possa aiutare tutti». Con
queste parole il vicepresidente Omar Suleiman ha annunciato in un
brevissimo intervento televisivo l'abbandono del potere da parte del
raìs, senza aggiungere alcun dettaglio sul suo futuro personale o quello
del premier Ahmed Shafiq. Mubarak, che in un discorso trasmesso giovedì
aveva rifiutato di dimettersi, ieri mattina ha lasciato improvvisamente
il Cairo per recarsi alla sua residenza di Sharm el Sheikh, nel Sinai,
mentre piazza Tahrir si riempiva nuovamente di centinaia di migliaia di
dimostranti e altre decine di migliaia di persone circondavano diversi
palazzi delle istituzioni, la televisione di stato e si avvicinavano
alla residenza del presidente.
Alla notizia delle dimissioni la folla
ammassata nella piazza Tahrir, epicentro per due settimane delle
proteste, è esplosa di gioia. «E' fatta, siamo all'epilogo. Mubarak oggi
è a Sharm el Sheikh, domani sarà a Jedda come l'ex presidente tunisino
Ben Ali», ripeteva Omar, giunto in piazza Tahrir con la moglie e i due
figli per godere di un momento che fino a qualche settimana fa nemmeno
osava sognare. «Lui non rinunciava alla presidenza ma noi non ci siamo
arresi, siamo rimasti qui, certi che presto o tardi avrebbe ceduto»,
spiegava il dottor Mansour Mahfouz con il camice bianco e un fascia con i
colori della bandiera egiziana giunto in piazza assieme ad una nutrita
delegazione di medici ed infermieri. Intorno nel frattempo si ballava e
cantava, in un tripudio di bandiere egiziane. La gioia dell'annuncio ha
cancellato in un attimo la delusione che molti avevano provato dopo la
diffusione, in tarda mattinata, del secondo comunicato dei vertici
militari, che dava l'idea di un sostegno delle forze armate al raìs
contestato da gran parte del paese. «E' la prova che la politica
egiziana è controllata da Israele e Stati uniti» aveva commentato con
ira un ex deputato dei Fratelli musulmani, Mohammed Ashiyeh. Poi tutti
hanno compreso che sono stati i generali a spedire Mubarak in riva al
Mar Rosso. «Per noi la vita ricomincia adesso» ha commentato, appena
giunto in piazza Tahrir per i festeggiamenti, il premio Nobel per la
pace e uno dei leader dell'opposizione egiziana, Mohammed El Baradei.
«Il mio messaggio al popolo egiziano è: vi siete guadagnati la libertà,
fatene il miglior uso e che Allah vi benedica», ha proseguito El
Baradei, un probabile candidato alla presidenza.
L'Egitto ora è in
mano ai militari che i Fratelli musulmani, principale movimento di
opposizione, si sono affrettati ad elogiare per «aver mantenuto le
promesse». Le incognite però sono tante nonostante l'atteggiamento
positivo e vicino alla gente che soldati e ufficiali hanno avuto in
questi quindici giorni nei quali hanno presidiato le strade del Cairo e
di altre città. Le forze armate non hanno ancora comunicato quale sarà
l'iter della transizione. In base all'articolo 84 della costituzione
egiziana, in caso di vacanza del potere, la presidenza viene assunta ad
interim dal presidente dell'Assemblea del popolo e le elezioni devono
venire celebrate entro i successivi 60 giorni. Ma è chiaro che
l'esercito non affiderà alcun incarico a Fathi Sorour, speaker di una
Assemblea dominata dai deputati del Pnd, il partito di Mubarak, eletta
alla fine dello scorso anno tra brogli e frodi senza precedenti, e,
quindi, non riconosciuta dal popolo. Fino a ieri il vice-presidente (ed
ex capo dei servizi segreti) Suleiman sembrava il più gettonato a
guidare il periodo tra il «governo militare» e la nascita di una
leadership politica eletta democraticamente. Non piace molto agli
egiziani ma Washington e Israele cercheranno di imporlo alla giunta
militare che ha preso i poteri, perché è considerato, come dice
qualcuno, la «migliore garanzia di stabilità e continuità per l'intera
regione». Non è però chiaro se Suleiman goda del pieno appoggio
dell'esercito e ierisera circolavano voci, rilanciate dalla Bbc, che
anche lui avrebbe rinunciato all'incarico dopo un aspro scontro con i
vertici militari. Ieri sera è sceso in campo anche il segretario
generale della Lega Araba, Amr Moussa, che salutando lo «storico
cambiamento» in Egitto e ha invitato al «consenso nazionale» dopo le
dimissioni di Mubarak. Egiziano, ex ministro degli esteri, Musa fa parte
del Consiglio dei saggi e non nasconde le sue ambizioni presidenziali.
Qualsiasi
soluzione venga trovata ai piani alti tuttavia verrà respinta dal
popolo se non verrà accompagnata dalle riforme annunciate. Gli egiziani
in queste due settimane hanno imparato a non avere più paura e non
resteranno a guardare di fronte alla nascita di una dittatura militare o
di un nuovo regime, simile a quello attuale ma con un nuovo volto.
Gennaio:
- 25: Iniziano le proteste organizzate dai movimenti della
società civile «Kifaya» e «6 Aprile», partecipano migliaia di persone.
Nei giorni precedenti 5 egiziani si erano dati fuoco (uno è morto),
emulando il giovane tunisino all'origine della rivolta che il 14 gennaio
ha portato alla caduta di Ben Ali.
- 27: L'oppositore più noto, Mohamed ElBaradei, ritorna al Cairo.
-
28: Manifestazioni imponenti. La polizia spara, i morti sono decine
solo al Cairo. Incendiata la sede del partito al potere Pnd.
- 29:
Giornata di scontri: decine di morti. Mubarak nomina un vice presidente,
il capo dell'intelligence, generale Omar Suleiman.
--FEBBRAIO--
-
1: Più di un milione di manifestanti in piazza in tutto l'Egitto. Marea
umana su piazza Tahrir, nel centro del Cairo. Barack Obama afferma di
aver detto a Mubarak di avviare «adesso» una transizione politica
pacifica.
- 2: Sanguinosi scontri a piazza Tahrir dove irrompono i
sostenitori di Mubarak. I manifestanti anti-regime respingono gli
assalitori.
- 5: Mubarak riunisce per la prima volta il nuovo
governo. Sciolti i vertici del Pnd, fra i dimissionari il figlio, Gamal,
ancora ritenuto «erede» alla presidenza.
- 6: Al Cairo storico
incontro tra una delegazione dei Fratelli musulmani e il vicepresidente
Omar Suleiman per il dialogo fra governo e opposizione.
- 7: Le autorità egiziane rilasciano Wael Ghonim, blogger simbolo della protesta.
-
10: Scioperi in tutto il paese. Per tutto il giorno le indiscrezioni
dicono che Mubarak si dimetterà. In serata la doccia fredda: Mubarak
resta.
- 11: Mubarak parte per Sharm el Sheikh. Il vicepresidente
Suleiman annuncia le sue dimissioni e il trasferimento dei poteri
all'esercito. Piazza Tahrir esulta. (mi. gio.)
Egitto - Bye-bye Mubarak
12 / 2 / 2011
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