“Chiapas es Mexico”. In Messico parte la mobilitazione contro la guerra ai popoli zapatisti e indigeni

17 / 7 / 2023

Repressione, violenza, sequestri, omicidi, militarizzazione. Vocaboli di uso comune ormai da decenni per descrivere ciò che in Messico le organizzazioni sociali e indigene devono affrontare quotidianamente per la loro strenua difesa della terra, dell'acqua e della loro autonomia.

Negli ultimi anni però, in concomitanza con il governo del primo presidente “progressista” della storia del paese, ciò che ci arriva dal Messico è una continua denuncia dell'aggravarsi di questa condizione, una vera e propria guerra ai popoli originari. Da ormai quattro anni, gli attacchi verso le comunità indigene zapatiste situate nella zona del municipio ufficiale di Ocosingo, Chiapas, si sono moltiplicati, contando molte basi di appoggio del movimento ferite per colpi da arma da fuoco, edifici dati alle fiamme, campi coltivati collettivamente invasi rendendone impossibile il raccolto, accerchiamenti, minacce, azioni ripetute portate avanti da gruppi paramilitari che agiscono con la complicità delle istituzioni statali e federali, e in alcuni casi anche del Narco. Una guerra di logoramento che si sta trasformando in guerra aperta, come dichiarato dalla Comandancia General del EZLN l'anno scorso, nel comunicato “Chiapas al borde de la guerra civil”.

Ma l'aggressione non si ferma al Chiapas e all'organizzazione zapatista: in tutto il paese è in atto un processo di riordinamento territoriale attraverso l'imposizione di grandi opere strategiche, e conseguente criminalizzazione di chi vi si oppone. Lo abbiamo visto con l'assassinio di Samir Flores Soberanes, nel febbraio 2019, per la sua opposizione al Proyecto Integral Morelos e alla centrale termoelettrica che avrebbe stravolto la sua comunità, Amilcingo; progetto che è stato fermato grazie alla resistenza dell'organizzazione di cui faceva parte Samir, il Fronte di popoli in difesa della terra e dell'acqua, organizzazione afferente al Congreso Nacional Indigena che opera nel centro del paese, negli stati di Puebla, Morelos e Tlaxcala. Lo abbiamo visto con la militarizzazione dei cantieri del Tren Maya, nella penisola dello Yucatan, e come qui l'esercito messicano abbia preso possesso a tal punto dell'opera e del territorio da continuare a costruire nonostante l'ordine di sospensione definitiva da parte di un giudice del tribunale collegiale. Lo abbiamo visto nell'Istmo di Tehantepec, fra gli stati di Oaxaca e Veracruz, dove la costruzione del Corredor Interoceanico e i vari parchi industriali ad esso collegati stanno incontrando la dura resistenza delle organizzazioni indigene. Resistenza che sta portando i suoi frutti, vista la prima sospensione promulgata da un tribunale per il parco industriale previsto nella comunità di Puente Madera, Oaxaca. Resistenza che però porta anche ripercussioni, il cui caso più eclatante è quello di David Hernandez Salazar, portavoce della comunità di Puente Madera, afferente all'APIIDTT (asamblea de pueblos indigenas del istmo en defensa de la tierra y el territorio). David è stato prima sequestrato illegalmente alcuni mesi fa, e successivamente alla sua liberazione (ottenuta grazie alla mobilitazione di compagne e compagni che hanno occupato la carretera panamericana) è stato raggiunto da un ordine di cattura, insieme ad altre 17 persone della sua comunità. Il 20 di luglio ci sarà un'udienza per formalizzare contro David diverse accuse costruite artificiosamente per fermare la resistenza di Puente Madera, proprio perchè questa piccola comunità zapoteca ha dimostrato che la lotta contro le grandi opere si può vincere.

La situazione è incandescente e sopratutto in Chiapas il rischio di una spirale di violenza senza fine è molto concreto. Per questo le organizzazioni messicane hanno lanciato la campagna “Chiapas es México”, che in questi giorni prevede varie mobilitazioni in tutto il paese per denunciare la guerra contro i popoli zapatisti e indigeni, per chiedere che cessino gli attacchi armati alle comunità zapatiste e la liberazione dei prigionieri politici.

Quasi trent'anni di rivoluzione zapatista ci hanno insegnato che la solidarietà internazionale e le campagne d'informazione possono fare la differenza fra la vita e la morte. Ci uniamo dunque all'appello per un cessate il fuoco immediato in Chiapas.

Libertà per David Hernandez Salazar! Libertà per Manuel Gomez Vazquez, base d'appoggio zapatista!

Viva la comunità di Puente Madera! Viva le comunità zapatiste!