Ayotzinapa, la verità insabbiata nelle caserme

Nove anni fa la sparizione forzata dei 43 studenti di Ayotzinapa.

26 / 9 / 2023

Sono trascorsi nove anni dalla sparizione forzata dei 43 studenti di Ayotzinapa di cui cinque dall’entrata in carica dell’attuale presidente Lopez Obrador, ma la verità sulla tragica notte di Iguala tra il 26 e il 27 settembre 2014 resta in parte insabbiata nelle caserme militari, lasciando i genitori nell’angoscia di sapere dove sono e cosa è successo realmente ai propri figli e continuando a perpetrare il più infame dei crimini contro l’umanità, la sparizione forzata.

Della desaparición dei 43 ragazzi sappiamo molto. Sappiamo che è stato un crimine di Stato, per stessa ammissione e volontà dell’Esecutivo guidato da López Obrador. Sappiamo che vi fu la diretta e indiretta partecipazione dell’esercito, della marina, delle polizie e di funzionari pubblici, di tutti e tre i livelli istituzionali, federale, regionale e municipale. Sappiamo che il cartello criminale dei Guerreros Unidos ha scambiato il gruppo di studenti per i rivali dell’altro gruppo criminale dei Los Rojos. Sappiamo che, sempre i Guerreros Unidos, “tenevano per la borsa” funzionari pubblici ed agenti. Sappiamo che il crimine è avvenuto in un contesto di traffico di droga destinata a Chicago in cui gli studenti si sono involontariamente imbattuti occupando uno degli autobus destinati al trasporto transfrontaliero. Sappiamo che in questo meccanismo perverso anche DEA era a conoscenza di quanto stava accadendo ma ha lasciato fare perché il suo obiettivo era smantellare i Guerreros Unidos. Soprattutto, sappiamo che nelle caserme sono ancora occultate alcune informazioni fondamentali che potrebbero portare alla risoluzione della cosa più importante che ancora, purtroppo, non sappiamo: dove e come sono stati fatti sparire i 43 giovani studenti normalisti.

Tutto ciò lo sappiamo innanzitutto grazie alla determinazione dei genitori che hanno trasformato il dolore in lotta, per riavere indietro i loro cari, per la verità, per la giustizia e per miles y miles más di desaparecidos. Tutto ciò lo sappiamo anche grazie anche all’incredibile lavoro di inchiesta indipendente svolto dal Grupo Interdisciplinario de Expertos Independientes (GIEI) che ha saputo superare gli ostacoli messi in atto dall’amministrazione di Enrique Peña Nieto, complice del crimine, e l’omertà dell’attuale amministrazione che, come dicono i genitori «sta con l’esercito e non con le vittime».

È proprio l’alleanza tra Esecutivo ed esercito la causa della perdita di fiducia dei genitori nei confronti di López Obrador. Pochi giorni fa, infatti, il presidente López Obrador ha smentito nuovamente il GIEI assicurando che l’esercito ha fornito tutte le informazioni che aveva a disposizione nonostante proprio il GIEI abbia provato che esistono tali informazioni. Sono lontani i tempi delle promesse elettorali quando, era il 2018 ed AMLO era appena stato eletto, i genitori incontrarono López Obrador che gli promise che non ci sarebbe stata impunità per i colpevoli. Oggi quella fiducia è svanita, a un passo dalla verità, calpestata dai fatti, dall’alleanza che il presidente progressista della “quarta trasformazione” ha stretto proprio con quell’esercito coinvolto storicamente nei peggiori crimini del Paese. Il motivo lo spiega l’avvocato Vidulfo Rosales di Tlachinollan «perché se l’esercito mettesse a nostra disposizione tutte le informazioni dei suoi interventi nei fatti, uscirebbero con responsabilità penali molti militari di alto rango, che finirebbero in carcere. Il mio timore è che la verità sarà sacrificata».

Ma se c’è una cosa positiva che questa triste storia ci ha insegnato è la determinazione e la forza dei genitori dei 43 studenti che da 9 anni lottano, resistono alle bugie, alle intimidazioni, alla stigmatizzazione, alla criminalizzazione delle istituzioni. Una lotta che, come è stato più volte detto, è una lotta non solo per riavere indietro i figli sottratti con la forza all’amore delle proprie famiglie, ma è una lotta simbolica contro uno stato complice, per azioni ed omissioni, della sparizione forzata dei 43 studenti e di migliaia e migliaia di altre persone in Messico.

Di fronte alla violenza e alle promesse tradite non resta che una sola strada ai genitori: continuare a lottare, a scendere in strada, a fare pressione al Governo, perché siano ritrovati i 43 ragazzi, perché sia fatta luce sulla verità, perché sia fatta giustizia. Da venerdì 22 i genitori sono in presidio permanente davanti al Campo Militar N.1 a Città del Messico, da dove sono partite una serie di iniziative di protesta ma anche culturali. Genitori e studenti hanno manifestato, come consuetudine, davanti al Hemiciclo a Juarez, davanti alla sede del potere giudiziario in Guerrero e infine davanti alla sede del Centro Nacional de Inteligencia, sempre a Città del Messico ribadendo a chiare lettere al Presidente López Obrador che lo Stato deve obbligare l’esercito a rispettare il decreto presidenziale del 3 dicembre 2018 che obbliga i militari a collaborare con le indagini: «le madri e i padri dei 43 esigiamo la consegna immediata delle informazioni in mano ai militari per mettere la parola fine sulla scomparsa dei giovani».

Aprire quei cancelli e gli archivi insabbiati dentro alle caserme è non solo una questione di giustizia per le vittime, ma anche una questione di democrazia. Perché non può definirsi democratico un Paese che si rende complice della sparizione forzata dei suoi figli e dopo nove anni non ha risposte da dare ai genitori. «Il caso Ayotzinapa – ha detto l’ex membro del GIEI Carlos Beristain - è una leva. Ha bisogno di una risposta reale, riparativa ed efficace. È una leva per il cambiamento. Ci aiuterà a invertire l’impotenza appresa, il comando dell’impotenza. La negazione è la strategia peggiore».

Vivi li hanno presi, vivi li rivogliamo!