La ciclofficina popolare del Centro Sociale Bruno di Trento lancia un contatore di vittime per mantenere alta l’attenzione dopo i tragici fatti di Corso Francia a Roma.
Quotidiani, siti web, televisione e radio continuano a bombardarci (“la bestia non è sazia”) sugli ultimi “sviluppi” della terribile collisione avvenuta domenica 22 dicembre 2019 a Roma, risultata nell’uccisione di due giovani ragazze. Collisione, non incidente, e non morte, ma uccisione, perché nel raccontare la violenza stradale, le parole sono importanti, come sottolinea una lettera ai direttori dei giornali sottoscritta da Salvaiciclisti e altre associazioni.
Ma presto la macchina mediatica sulle giovani vite spezzate di Gaia e Camilla si fermerà. Il conteggio delle vittime della violenza stradale, invece, no.
Quanto inchiostro versato per setacciare - complice la loro estrazione sociale? - ogni minimo dettaglio della vita delle due vittime e dell’automobilista che le ha uccise. Quanti autoincensati Giusti pronti a colpevolizzare le vittime (“attraversavano col rosso”, “fuori dalle strisce”, “hanno scavalcato il guard rail”), quanti periti fai-da-te pronti a deresponsabilizzare l’automobilista (“l’asfalto era bagnato”, “non poteva averle viste”, “lo schianto era inevitabile”)... Imbarazzante anche la reazione delle istituzioni: ministra De Micheli e governo a chi scrive risultano non pervenuti; la sindaca Raggi si appella alla guida responsabile, glissando sulle condizioni al contorno che rendono la sua e le precedenti amministrazioni corresponsabili dell’accaduto.
Profondo dolore per la tragica morte di due ragazze, investite questa notte in Corso Francia. Roma si stringe alle famiglie colpite da questa tragedia. È inaccettabile morire così. Aspettiamo che si faccia chiarezza ma guidare in modo responsabile è un dovere
— Virginia Raggi (@virginiaraggi) 22 dicembre 2019
Silenzio assoluto su quelle responsabilità oggettive che le associazioni che si battono per la sicurezza stradale evidenziano da anni. È normale che una strada a sei corsie attraversi - squarci, divida, sfregi - un centro abitato? È sensato segnalare un limite di 50 km/h ma mantenere un’infrastruttura più simile a un autodromo che a una strada urbana? È normale che abbiamo 646 automobili e 112 moto ogni 1000 abitanti (rapporto ISFORT 2019)?
Nel mentre che [non] ci poniamo queste importanti domande, la strage quotidiana non si arresta: oltre 3000 morti l’anno, 9 al giorno, 831 tra pedoni e ciclisti, e oltre 240 mila feriti (ISTAT 2018). Dalla collisione della notte del 22 dicembre scorso, decine di altre persone sono state uccise, e migliaia ferite. Tutte vittime della violenza stradale. Tutte nell’indifferenza generale.
Per questo motivo Ciclostile - la ciclofficina popolare del Centro Sociale Bruno di Trento, in collaborazione con Paolo Rotafixa Bellino di Salvaiciclisti Roma, ha lanciato il contatore #stragequotidiana. Perché quando sarà passata la commozione generale e la violenza stradale tornerà relegata a insignificanti trafiletti che inframezzano le pubblicità dell’ultimo modello di nuovissima, potentissima, velocissima arma a quattro ruote, il contatore non si fermerà.