Parco della Pace: finita la raccolta firme, continua la mobilitazione

21 / 2 / 2011

“Vogliamo il Parco della Pace. Lo vogliamo subito”. Sotto questo slogan migliaia di donne e uomini di Vicenza e non solo hanno apposto la propria firma, dopo aver dato vita – lo scorso 16 gennaio – a una bella e partecipata fiaccolata. Ora, la “fase uno” è conclusa: i banchetti per raccogliere le adesioni, infatti, sono finiti, come annunciato, un mese dopo l’avvio della petizione.

Ma la campagna a favore del Parco della Pace non si concluderà certo con una raccolta firme. Questa, del resto, non è che la prima mossa per pretendere che quell’area venga consegnata alla città e aperta ai cittadini. La petizione, infatti, chiede la convocazione di un consiglio comunale sul tema con la contestuale convocazione di Paolo Costa – il commissario governativo tanto caro, come ha svelato Wikileaks, ai diplomatici statunitensi – in Sala Bernarda. Perché sul Parco della Pace vogliamo trasparenza, e ci aspettiamo che il commissario governativo, per una volta, metta da parte il computer con il quale ha vergato tanti comunicati stampa per confrontarsi, vis à vis, con i vicentini.

Tra l’altro, coloro che quell’area vorrebbero edificarla e magari consegnarla o prestarla agli statunitensi non si sono certo messi l’anima in pace. Continuano, i vari Ubaldo Alifuoco, Manuela Dal Lago, Chiara Garbin e company, a far lavoro di lobby, dietro le quinte della città berica, per sottrarre il parco ai vicentini e far colare, laddove noi vogliamo alberi e panchine, tonnellate di cemento. Il solito teatrino della politica, insomma, infastidito dalla partecipazione e desideroso di decidere il futuro della città a tavolino. Che non esita a sfruttare il disastro dell’alluvione a fini di propaganda, dimenticando che il territorio vicentino non ha bisogno della Protezione Civile pronta a intervenire quando i fiumi rompono gli argini, bensì di opere di tutela e valorizzazione del territorio che impediscano il ripetersi delle esondazioni. O forse, è più lucrosa la cementificazione e il successivo intervento post alluvione che non la prevenzione?

Dunque, si apre la “fase 2”. Che, evidentemente, avrà due obiettivi: da una parte quello di far si che la petizione venga accolta e il consiglio comunale monotematico convocato dal sindaco Variati; dall’altra quella di immaginare, collettivamente, cosa significa realizzare il più grande parco urbano della città senza delegarne la progettazione a qualche architetto. Perché la vera sfida del Parco della Pace è rappresentata proprio dalle pratiche con il quale sarà realizzato. Che dovranno essere partecipative e comunitarie, capaci di far scuola nella gestione urbanistica dei luoghi che viviamo.

E che dovranno immaginare quell’area come uno spazio libero e contrapposto alla guerra che si trova appena al di là del filo spinato. Il Parco della Pace, infatti, non è solo ambiente, cultura, socialità, sperimentazione, ma anche la dignità della città che continua a esprimersi contro l’imposizione che i cablogrammi di Wikileaks raccontano egregiamente. Volevano sradicare alla radice la voce di Vicenza; è ora che i vicentini mettano radici al Dal Molin: vogliamo il Parco della Pace; lo vogliamo subito.

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