Padova - Proposte alternative al proibizionismo

22 / 9 / 2018

Giovedì 18 settembre 2018, come attiviste e attivisti del Centro Sociale Pedro e del Coordinamento degli Studenti Medi, ci siamo dati appuntamento di fronte al municipio di Padova per un sit-in antiproibizionista. L'iniziativa è stata l'occasione per riprendere pubblicamente parola intorno al tema della liberalizzazione, argomento totalmente avversato dall'attuale governo nazionale che anzi promette tolleranza zero e repressione poliziesca.

 

La scelta del 18 non è stata casuale; gli effetti della politica del governo della “tolleranza zero” in merito alle sostanze è stata direttamente vissuta da tanti studenti medi che da questo lunedì, di rientro nelle loro scuole, sono stati accolti da controlli di polizia di stato e carabinieri con unità cinofile (presso gli istituti Gramsci, Camerini-Rossi e Don Bosco). L'incremento dei controlli nei pressi degli istituti scolastici padovani è, infatti, diretta conseguenza dell'inserimento della città nella sperimentazione del Ministero dell'Interno denominata "Scuole Sicure", che ha coinvolto altre 14 città per un finanziamento di 2,5 milioni di €, ripartiti in base alla grandezza demografica. Questo finanziamento  rimane vincolato al 90% per il potenziamento dell'apparato poliziesco di controllo e repressione, mentre un misero 10% viene destinato a progetti educativi, restituendo la tara di come Lega e M5S  abbiano optato per un approccio proibizionista. Rispetto a questa direttiva è lecito interrogarsi se la decantata “sicurezza scolastica” debba tradursi nell'intimidazione e il sequestro di pochi grammi o, piuttosto, attraverso un adeguamento delle infrastrutture degli edifici stessi, rispetto ai quali rimane allarmante il disimpegno costante. Parlando di istituzioni scolastiche e sostanze la questione è ben più ampia: la loro diffusione fra i giovani, il tipo di non-informazione che ricevono, il conflitto che si crea fra studenti consumatori e insegnati del tutto impreparati. A questo si aggiunga l'esercizio di addomesticamento al potere e all'autorità: l'adeguamento a un diktat repressivo e dogmatico, che impone un controllo sulle libertà personali, realizza una delega delle stesse in nome di un potere più pervasivo. Questo ragionamento non riguarda solo le scuole, ma si estende sull'intera società.

 

Il motivo che ci ha spinto a scendere in piazza, con una larga presenza di giovani e giovanissimi, era la necessità di gridare a gran voce che il proibizionismo ha fallito in tutte le sue forme. Anni di repressione e criminalizzazione hanno incrementato i rischi legati alle sostanze: da un lato producendo disinformazione, impedendo una presa di consapevolezza in merito e isolando i consumatori, aumentando i rischi della caduta psicologica e sanitaria in dipendenze pericolose; dall'altro, lo Stato Penale è stato ingrassato, attraverso l'incarcerazione di massa di piccoli spacciatori e consumatori, aggravando il sovraffollamento dentro le istituzioni carcerarie, senza mai mostrare un reale interesse nel contrastare le narco-mafie e il circolo dello sfruttamento da cui esse si alimentano e riproducono, grazie ai dispositivi di esclusione dal reddito e dalla cittadinanza.

 

La ricchezza della giornata era però legata all’approccio propositivo che abbiamo portato. Per superare il proibizionismo è, infatti, necessario ripensare interamente qualunque tipo di governance sulle sostanze. La chiave è strutturare progettualità che sappiano intervenire affrontando il fenomeno  dal punto sanitario, sociale e soprattutto culturale. Nulla di nuovo; sono progettualità che hanno anche lunghe sperimentazioni alle spalle in numerose città italiane, ma che sono del tutto assenti in una città come Padova. Una città con una folta presenza giovanile, legata alla presenza dell'Università e di numerosi istituti superiori, ma anche a concentrazioni di marginalità ed esclusione in cui ha gioco facile la diffusione delle sostanze. Sono progettualità socio-culturali necessarie che si devono realizzare al fine di poter affermare la libertà di scegliere consapevolmente quali sostanze consumare o perché non consumarne.

 

Questa propositività si è sviluppata a partire da un workshop sulle sostanze che si è svolto all’interno del festival di Sherwood. La necessità - come Pedro e come comunità di Sherwood - di avviare un ragionamento attorno alle sostanze nasceva a partire dalle numerose contraddizioni che abbiamo riscontrato sulla questione. La prima al quartiere Arcella, dove è radicato il centro sociale, zona con una presenza significativa di spacciatori e consumatori e, dunque, costantemente vista come degradata e sottoposta a controlli polizieschi e interventi che in maniera unidirezionali mirano alla repressione. Pensando il nostro centro sociale come uno spazio di libertà ci siamo interrogati su come far si che l’uso delle sostanze potesse avvenire senza abusi e con una consapevolezza da parte dei consumatori, che non si trasformasse in una problematicità per tutti i frequentatori.

 

Il workshop aveva visto una partecipazione variegata di diverse realtà e associazioni, il circolo Nadir, situato in piazza Garparotto, che analogamente al Pedro svolge le proprie attività in uno spazio costantemente sottoposto a interventi di solo controllo e repressione, dei collettivi universitari SPAM e DiSC, che vivono l'idiosincrasia di una Università dove la diffusione delle sostanze è significativa ma rimane un argomento tabù, e dell'Associazione Tipsina, impegnata da anni nella riduzione del danno nel territorio di Mestre e durante diverse serate. Come gruppo di lavoro abbiamo scelto di concentrarci sui consumi delle sostanze e su come noi potessimo lavorare assieme per avviare progettualità non repressive.

 

Il workshop si concludeva con l'accordo generale dei partecipanti rispetto alla necessità di avviare sul territorio delle progettualità che prevedessero interventi di diffusione di consapevolezza sulle sostanze, tramite la libera informazione e un’educazione neutrale e laica, e di strategie di riduzione del danno, fondate su chill-out zone e personale formato per limitare le conseguenze di un abuso. Sulla propositività dell'incontro avevamo trovato anche l'interesse da parte del Comune di Padova e in particolare dell'assessorato alle politiche sociali.

 

La giornata del 18 settembre, come diretta prosecuzione del percorso avviato all'interno del workshop, sì è conclusa sicuramente in maniera soddisfacente. Infatti, l'assessorato alle politiche sociali e quello alle politiche scolastiche hanno manifestato la disponibilità ad avviare con un tavolo di lavoro, per realizzate progettualità diffuse nel territorio di intervento socio-culturale sulle sostanze. Sotto questo il profilo è sicuramente notevole osservare come finalmente sulle sostanze si decida di non delegare alle questure e alle forze dell'ordine il governo delle stesse, ma si stiano formando, a partire dalle realtà sociali, strategie alternative, non repressive e criminalizzanti.

 

Rimane aperto il nodo della repressione, capeggiata dal Ministero dell’Interno e dal governo nazionale, e della liberalizzazione. Nell'ordinamento giuridico attuale le sostanze rimangono criminalizzate e, nonostante l'appoggio del governo cittadino e la volontà dello stesso di disimpegnarsi sotto questo profilo, le limitazioni alla libertà sono sempre presenti. Ecco perché è fondamentale fare informazione sui rischi, che spesso non sono esclusivamente legati alle proprietà delle sostanze, ma riguardanti anche gli aspetti legali e penali che trasformano libere persone in criminali, contrastando sempre e costantemente il proibizionismo come esercizio di dominio.

 

Crediamo che non esistano soluzioni semplicistiche in merito alle sostanze stupefacenti, sono evidenti a tutti noi le conseguenze psico-fisiche delle dipendenze esattamente come gli effetti della criminalizzazione. Pensiamo però che alcune possano essere le direzioni da prendere: liberalizzare le sostanze, favorire l’auto-produzione, permettere la libertà di avere consumo responsabile e consapevole delle stesse, abbattere i dispositivi di reddito e colore che confinano nell’economia dello spaccio numerosi migranti, giovani ed esclusi dai benefici del capitale, affrontare i disagi dell’abuso e della dipendenza da una prospettiva umana non criminalizzante e solidale. Questi sono solo alcune delle direzioni da intraprendere.

 

L’apertura di questo tavolo di lavoro incentrato su approcci socio-culturali, con una partecipazione di realtà eterogenee, pensiamo sia un primo passo verso il superamento di un proibizionismo fallimentare e disumano.

Centro Sociale Pedro