Non solo una vetrina per celebrare lo sport! Il Comitato No Grandi Navi torna a mobilitarsi durante la Venice Marathon

Gli attivisti denunciano: “vogliono riportare le navi in Marittima e continuare a guadagnare sulla distruzione della nostra Laguna”.

24 / 10 / 2023

Domenica 22 ottobre si è tenuta a Venezia la Venice Marathon, un evento sportivo molto sentito in città che ha visto la partecipazione di oltre 10.000 podisti provenienti da diverse parti d’Italia e anche dall’estero.

In questa occasione, il Comitato No grandi navi è tornato a farsi sentire con un'iniziativa simbolica che ha colorato la corsa dei podisti, per raccontare cosa sta accadendo alla città che ha voluto ospitare i maratoneti per le sue calli.

Diverse decine di attivisti si sono ritrovati in un presidio a terra, in corrispondenza dei magazzini del Sale dove si è esposto lo striscione “No grandi navi, basta moto ondoso”, mentre una decina di barche allestite con bandiere, cartelli e striscioni hanno accompagnato la testa della maratona da S.Basilio al Ponte votivo alla Madonna della Salute, lungo circa tutta Riva delle Zattere.

Non un’iniziativa di contestazione, dunque, piuttosto un momento di sensibilizzazione per portare all’attenzione dei media e dei partecipanti il pericolo di una nuova fase di sfruttamento e devastazione della laguna in seguito alle dichiarazioni di Venezia Port Community (il cosiddetto “fronte del porto” formato da figure istituzionali e privati interessati a sviluppo e investimenti nell’area portuale veneziana) che ha annunciato il ritorno della navi alla Marittima per il 2027 in seguito ad un progetto diffuso di ingenti scavi in Laguna Sud.

Nonostante il decreto che nel 2021 infatti, che aveva sancito la definitiva estromissione delle grandi navi dalla laguna individuando in un porto off-shore la soluzione definitiva al gigantismo navale nell’home-port dell’Alto Adriatico, negli ultimi anni si è fatto sempre più pressante il tentativo istituzionale sì-navi di insinuarsi tra le pieghe della soluzione temporanea di Porto Marghera per sancire de-facto gli approdi temporanei diffusi come soluzione definitiva.

Nello specifico, il fronte del Porto ha annunciato la volontà di scavare il canale Vittorio Emanuele per riportare le navi di media grandezza in Marittima, e l'ampliamento del canale Malamocco-Marghera (canale dei petroli) per consentire il passaggio di navi crociera ad alto tonnellaggio in commistione con il traffico industriale del porto commerciale nell’area del Petrolchimico.

Nel 2021, il decreto Draghi aveva individuato come soluzione temporanea verso l’off-shore gli approdi diffusi per la crocieristica nelle aree di Fusina e Porto Marghera, ma ciò non prevedeva, come individuato dalle intenzioni espresse nelle scorse settimane, lo scavo di 7 milioni di metri cubi di fanghi provenienti da aree contaminate, e neppure la costruzione di un’isola artificiale di 70 ettari su cui ancora si muovono dubbi e criticità in merito alle procedure, alla qualità dei fanghi escavati e alle conseguenze sull’equilibrio idrodinamico lagunare, nonché su inquinamento dell’acqua e dell’aria.

Gli attivisti denunciano: “vogliono riportare le navi in Marittima e continuare a guadagnare sulla distruzione della nostra Laguna”, poiché i timori che si stanno muovendo sono quelli di una nuova fase di sfruttamento che andrà ad intaccare ancora di più non solo l’ambiente lagunare ma anche, in maniera più ampia, un tessuto economico e sociale ancora profondamento vincolato ai dettami dell’industria turistica.

Come hanno voluto evidenziare gli attivisti domenica scorsa, Venezia non è solo una bellissima vetrina per eventi ma una città viva, pronta a mobilitarsi per difendere la propria esistenza e garantire un futuro alla città.