Il centro antiviolenza “Lucha y Siesta” di Roma è stato assolto dall’accusa di occupazione di immobile

26 / 1 / 2024

Lunedì 22 gennaio la casa delle donne e centro antiviolenza Lucha y Siesta è stata assolta durante la quarta udienza del processo per occupazione.

L’assoluzione avviene dopo il ritiro del 24 novembre di ATAC dal procedimento, costituitasi come parte civile nel processo chiedendo il risarcimento di 1,3 milioni di euro, avvenuto grazie a numerose mobilitazioni collettive.

La casa delle donne Lucha y siesta nasce nel 2008 quando uno edificio abbandonato da dieci anni da ATAC viene occupato e diventa punto di riferimento romano contro la violenza patriarcale e di genere, uno spazio che offre alternative radicali e dal basso di trasformazione transfemminista. Nel 2019 l’immobile viene messo all’asta per due milioni di euro a causa degli ingenti debiti che ATAC aveva accumulato, dopo altri due anni lo stabile venne comprato dalla regione Lazio salvo non riconoscere per via formale l’operato decennale del laboratorio tranfemminista in città.

Lucha y siesta non è solo uno spazio che offre un aiuto concreto come centro antiviolenza ma anche come casa di accoglienza per donne in percorsi di fuoriuscita dalla violenza con quattordici posti letto, i quali però non sono riconosciuti nella rete delle case rifugio che a Roma contano solo 65 posti letto. Ciò avviene nonostante la Convenzione di Istanbul per una città di tre milioni di abitanti ne richieda trecento (uno ogni diecimila abitanti) , a cui si aggiunge il fatto che nel 2022 su 179 nuove richieste di ospitalità nelle case rifugio solo 22 sono state accolte e 97 sono state rifiutate per mancanza di posti.

Questa mancanza di spazi per le donne che si vogliono liberare dalla violenza tramite una propria autodeterminazione sta dentro un piano statale che attua una vittimizzazione secondaria non riconoscendo le cause della violenza come sistemiche e strutturali della nostra società ma attuando piani securitari ed emergenziali che non vanno a sradicare quelle che sono le cause della violenza e non attuano alcuna trasformazione ma spostano l’attenzione su chi subisce in modo tale da oscurare la complicità delle istituzioni.

Di fronte ad un 2023 conclusosi con più di cento femminicidi la risposta dello stato è sempre quella criminalizzare chi prova a fornire aiuto concreto a chi subisce violenza di genere tramite pratiche di trasformazione transfemminista di fuoriuscita dalla violenza. Spazi liberati creano spazi di possibilità per le donne di re immaginare una vita fuori dalla violenza, una vita libera dentro una società che opprime, tramite proposte di autodeterminazione contro paternalismo e assistenzialismo che le istituzioni propongono. Questi spazi esistono perché le istituzioni sono cieche e non riconoscono la necessità di attuare politiche contro la violenza patriarcale essi dovrebbero essere pubblici e attraversabili.

Al contrario la lotta di Lucha y Siesta continua perché la regione Lazio, ora proprietaria dell’immobile, vuole revocare la convenzione con cui nel 2021 fu assegnato a Lucha lo spazio per ristrutturarlo, alludendo come motivazione il fatto che lo stabile non rispetterebbe norme igieniche e sanitarie ed avendo intenzione di metterlo al bando pubblico. Ancora una volta quindi le istituzioni cercano di fermare chi cerca tramite pratiche reali di lottare contro la violenza di genere nascondendosi dietro burocrazia che si allontana dal reale e non fa altro che tentare di camuffare la responsabilità morale con mera responsabilità tecnica. Ma il linguaggio della burocrazia è creato appositamente per deumanizzare e deresponsabilizzare: lo stato può anche nascondersi dietro “norme sanitarie non rispettate” ma la realtà è che le istituzioni non hanno alcun interesse a combattere le radici culturali, educative e sistemiche della violenza patriarcale perché fanno il loro interesse.

L’antiviolenza non si processa e quindi la lotta di Lucha continua e a questi attacchi risponderemo non solo difendendo Lucha ma moltiplicando le esperienze di resistenza e autodeterminazione.