Dal NO ai licenziamenti dei lavoratori della Servirail alla riconquista del comune

Assemblea mercoledì 11/01 ore 17, binario 21, Stazione Centrale

10 / 1 / 2012

La vicenda della soppressione dei treni notturni che garantivano collegamenti diretti fra il nord e il sud e la successiva, conseguente, ondata di licenziamenti (800 lavoratrici e lavoratori in tutta Italia) evidenziano chiaramente quali sono le conseguenze della privatizzazione e della gestione pubblico-privata di un servizio che dovrebbe garantire un diritto fondamentale quale il diritto alla mobilità.

Il processo di privatizzazione delle Ferrovie dello Stato

Lo smembramento delle Ferrovie ha origine all’inizio degli anni 2000 per recepire una direttiva europea che imponeva la separazione fra il gestore della rete ferroviaria (diventata RFI spa) e la divisione passeggeri (Trenitalia spa), per permettere così una “libera concorrenza” nel mercato del trasporto ferroviario. Col passare degli anni, l’assetto societario di quelle che una volta erano le FS è cambiato radicalmente e ora consiste in una capogruppo, Ferrovie dello Stato Italiane spa, partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia, che controlla totalmente o parzialmente tutta una serie di società fra cui Trenitalia spa, RFI spa (al 100%) e Grandi Stazioni spa e Centostazioni spa (al 59,99%). Tutte queste società sono quindi di proprietà pubblica o controllate dal pubblico, ma essendo spa agiscono come se fossero private, avendo quindi come fine ultimo il profitto. Il meccanismo perfetto: sono di proprietà pubblica, ma di fatto private e quindi asservite alle regole del libero mercato. E’ da questa gestione privata del pubblico che nasce l’attacco al diritto alla mobilità, che sembra valere solo per le merci, ma non per le persone, dai migranti ai pendolari.

I servizi notte e il trasporto regionale

Trenitalia non ha quindi nessun interesse né obbligo di istituire i treni notte, regionali, interregionali ed espressi: non sono redditizi, non creano profitto. A meno che lo Stato (treni notte ed espressi) e le Regioni (regionali ed interregionali) non garantiscano soldi a sufficienza per pareggiarne i costi. E’ facile capire che in questo periodo di crisi, con i tagli effettuati al bilancio e ai trasferimenti agli enti locali, questo sistema porta inevitabilmente ad un attacco ai diritti di chi viaggia, che per la stessa logica del profitto già si vede costretto a pagare tariffe sempre più elevate. Ed è sempre la stessa logica a far cancellare quasi tutti gli Intercity e ad aumentare i tempi di percorrenza di quelli rimasti. Così come le prenotazioni e l’emissione dei biglietti dei treni notte sono stati boicottati per tutta la seconda metà del 2011 per far risultare un calo delle vendite (e quindi della richiesta) di tali servizi per poter giustificare un minore trasferimento di fondi statali e quindi il conseguente taglio dei convogli e del personale. Mentre invece i dati indicano una crescita dal 2009 al 2010 dei posti prenotati, sia in assoluto che sul totale messo a disposizione (dal 61% al 68%).

Un disinvestimento nel trasporto ferroviario notturno che viaggia di pari passo con la diminuzione dei servizi regionali, a dispetto dell’incremento del traffico regionale (+8% negli ultimi due anni) e del fatto che l’83% dei viaggiatori su rotaia percorre tratti inferiori a 50 km. Un attacco quindi ingiustificabile ai pendolari, a maggior ragione in questo periodo di crisi e di bisogno di mobilità sostenibile, dati l’inquinamento e la congestione delle grandi città. Senza contare che il gruppo Ferrovie dello Stato sembra più in che buona salute dati gli utili di oltre 120 milioni dichiarati nel 2010, l’acquisizione per 140 milioni di Arriva Deutschland, il restyling delle vetture dei Frecciarossa (le famose quattro classi) per oltre mezzo miliardo di euro per rendere ancora più evidente la concezione classista della mobilità portata avanti dall’ad di FS Moretti.

La mobilità: da diritto a lusso

Ciò che sta succedendo ormai da anni non è altro che la riduzione del diritto alla mobilità ad un lusso che pochi possono permettersi, che siano turisti o business men pagati dalle loro aziende (chi può permettersi di spendere 90 euro per la tratta Milano-Roma). Questa è la conseguenza delle politiche di mercato di Trenitalia. Da questa idea di mobilità per pochi e ricchi deriva la cancellazione dei treni notte, degli Espressi, degli Intercity e degli Interregionali. Così, infatti, si obbligano inoltre le persone a prendere i Frecciarossa (che altrimenti rimarrebbero vuoti) perché più redditizi e in modo tale da giustificare l’acquisto di un numero spropositato di treni ad alta velocità, coprire i buchi della TAV Bologna-Firenze, Torino-Lione e Torino-Milano dovuti a corruzione, collusioni mafiose e sperperi clientelari …

La retorica del “prima le Ferrovie erano un carrozzone con sperperi abnormi di denaro pubblico, ora sono efficienti ed in attivo” è una retorica già vista, ricorda la giustificazione data per cercare di rendere socialmente accettabile lo smantellamento dell’Università pubblica. Anche nel 2008 infatti le prime pagine dei giornali asserviti al potere riportavano l’elenco degli sprechi e delle politiche clientelari esistenti all’interno del sistema universitario. La conseguente aziendalizzazione dell’università pubblica è sotto gli occhi di tutti: l’entrata per legge dei privati all’interno delle Università (almeno il 40 %); la conseguente gestione della ricerca e della didattica con la logica del profitto e non garantendo l’autonomia e la libertà della ricerca e l’accesso universale all’istruzione universitaria; l’aumento spropositato delle tasse. Anche in questo caso quindi l’istruzione universitaria sta diventando un lusso e non un diritto. Stesso ragionamento si potrebbe applicare alla sanità.

Contro privatizzazioni e licenziamenti, per la riconquista del comune

Partendo dall’inefficienza del pubblico si è provveduto (e si sta provvedendo ora con l’imminente privatizzazione dei servizi pubblici locali) alla privatizzazione delle istituzioni che garantivano diritti fondamentali, e quindi inalienabili, trasformandoli in un lusso.

A questo processo di svuotamento dell’interesse della collettività e di impoverimento del comune a favore degli interessi privati dei soliti noti bisogna opporre barricate, come ci insegnano i movimenti studenteschi del 2008 e del 2010, il movimento NO-TAV e i referendum del 2011. E rilanciare una campagna che miri alla riconquista e alla gestione comune dei beni comuni: dalla formazione alla salute, dal territorio alle risorse naturali, alla mobilità. Mai come ora, in questo periodo di crisi globale, è necessario intraprendere questa lotta con determinazione se non vogliamo subire la privatizzazione delle nostre esistenze e i licenziamenti di massa (v. la Grecia) imposti dalla dittatura della finanza.

TRENI e RETE FERROVIARIA BENI COMUNI

ZAM – Zona Autonoma Milano

Lab.Out Milano