Da Rimini a Bologna, la legge del più forte impoverisce le città! Liber* tutt*!

6 / 3 / 2014

Ad un anno e mezzo di distanza da quando la Procura di Rimini aprì un'indagine sulla Fondazione Meeting per “truffa aggravata” (per aver indebitamente beneficiato di fondi pubblici per la realizzazione del Meeting), apprendiamo dai quotidiani locali di come la stessa Fondazione abbia deciso di restituire 88mila euro dei 310mila sottratti indebitamente all'Agenzia Marketing turistico Riviera di Rimini, una delle parti offese nella vicenda insieme a Regione Emilia Romagna, Camera di Commercio e Ministero dei Beni Culturali.

Come la legge sia strumento utilizzato per la difesa e la tutela degli interessi di pochi a scapito della collettività non lo apprendiamo di certo oggi e la decisione da parte della Fondazione Meeting ne è l'ennesima riconferma.

Quello che deve far riflettere è semmai che diversi attivist* del Lab. Paz Project sono indagati oggi per i reati di violenza privata in concorso, imbrattamento e manifestazione non autorizzata in seguito ad un presidio svolto lo scorso maggio davanti alla sede della fondazione Meeting. 

Presidio in cui si è apposto uno striscione che denunciava come un ente privato (legato a poteri forti ed espressione di una delle tante articolazioni di Comunione e Liberazione) avesse sottratto 310mila euro di soldi pubblici (falsificando i propri bilanci) ai cittadini per un utilizzo totalmente privatistico.

La criminalizzazione e stigmatizzazione di attivist* che costruiscono, mettendo in gioco i propri corpi e la propria libertà, un'alternativa a questo modello di società, viene posta dalla magistratura creativa sullo stesso piano di chi commette illeciti per interessi privati e speculativi, come la Fondazione Meeting, che rappresenta indubbiamente una lobby potente che ridisegna la governance della nostra città e non solo da 33 anni a questa parte.

Parallelamente sempre oggi, nella città di Bologna, stiamo assistendo alla riproposizione dello stesso impianto repressivo con la notifica di 43 denunce e 15 fogli di via in seguito alle cariche avvenute nelle giornate del 23 e 27 maggio scorso in piazza Verdi. Uno dei 15 fogli di via vede come oggetto del provvedimento un nostro fratello, Mino, non residente a Bologna ma che lì vive da diversi anni.

A tal proposito riteniamo importante riflettere, oltre alla sproporzione delle misure cautelari, anche sulla gravità del fatto che le stesse intervengono prima che ci sia stato un giudizio in merito alla legittimità di quella piazza, limitando da subito la libertà personale di decine di persone, ree solo di avere cooperato insieme per disobbedire al ricatto dell'austerity e della crisi economica. 

Inoltre questi provvedimenti pongono al centro il nodo della residenza, elemento discriminante per l'accesso pieno ai diritti di cittadinanza e qui anche strumento violentissimo funzionale a strappare una persona dal luogo in cui ha vissuto, ha scelto di vivere e di restare. Un altro aspetto, quest'ultimo, non meno importante in un epoca di smantellamento sistematico del Welfare.

Vivere in una città, a prescindere dal possedere o meno la residenza significa costruire relazioni sociali e affettive in quel luogo, significa contribuire quotidianamente a migliorare e rendere più ricco quel luogo, significa mettersi in gioco per la conquista di nuovi diritti per tutte e tutti. Questo è quello che ha fatto e fa tutti i giorni il nostro fratello Mino. Permettere che una misura cautelare possa allontanare Mino da Bologna significa perdere una ricchezza sociale per la città.

Complici e solidali con chi ogni giorno prova a riscrivere nuove mappe della libertà, liberi tutti, liberi subito!

#senzasugarnonsostare!

Lab. Paz Project

Casa Madiba Occupata