Acqua pubblica: Venezia obbedisce

di Riccardo Bottazzo

17 / 3 / 2012

Vinto il referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua, adesso bisogna rispettare la volontà dei cittadini e cancellare dalle bollette la percentuale del 7% che la norma abrogata indicava con la voce “remunerazione del capitale”. Un passo indispensabile per completare quel processo avviato dalla campagna Acqua Bene Comune, ribadire che sull’acqua non si può speculare e avviare finalmente quella gestione pubblica, trasparente e partecipata del servizio idrico cittadino che è stato il vero obiettivo del referendum.

Eppure, otto mesi dopo l’apertura delle urne e la schiacciante vittoria dei Sì, tutti i gestori dei servizi idrici italiani, non ultimo l’Aato veneziano, hanno scelto di ignorare l’esito del referendum, trincerandosi dietro una politica volta a rifiutare ogni cambiamento e ogni confronto. Una politica che umilia non soltanto quei 27 milioni e passa di cittadini che il 12 e il 13 giugno si sono recati ai seggi, ma che mortifica la stessa parola “democrazia”.

Per questo a livello nazionale è stata lanciata una campagna definita di Obbedienza Civile. Una campagna che quest’oggi, venerdì 16 marzo, è arrivata anche in laguna con un presidio organizzato dai movimenti per l’acqua proprio davanti alla sede di Veritas, la multiutility che gestisce il ciclo integrato dell’acqua di Venezia, a due passi da piazzale Roma.

“Il percorso che abbiamo cominciato come movimenti per l’acqua pubblica – ha spiegato Francesco Penzo, portavoce del comitato Abc, acqua bene comune – non si  è concluso con il referendum. Uno dei due quesiti abrogati era quello riguardante la gestione dell’acqua che per noi è incompatibile con la produzione di profitti, tanto meno se questi profitti vanno in mano ai privati. Eppure, questo principio affermato dal referendum in Italia non è ancora stato applicato. Noi chiediamo che il nostro voto sia rispettato e che dalle nostre bollette venga tolta la voce di remunerazione del capitale investito fissata per il 7 per cento. Oggi siamo di fronte ad una illegittimità. Perché se il referendum ha abrogato una norma, questa deve essere abrogata senza se e senza ma”.

“27 milioni di voti hanno sancito il principio che sull’acqua non si possono ricavare profitti- ha ribadito Tommaso Cacciari della casa dei beni comuni Laboratorio Morion -. Abbiamo organizzato questo presidio per dire a tutti che vogliamo obbedire al referendum e che siamo pronti a farlo anche autoriducendoci la bolletta. Se l’esito referendario non lo vogliono rispettare dall’alto, lo rispetteremo noi dal basso. Presto organizzeremo punti informativi per spiegare ai cittadini, anche dal punto di vista tecnico, come autoridursi la bolletta e rispettare l’esito democratico del referendum”.

Gigi Lazzaro, presidente di Legambiente, invita i cittadini ad aderire alla campagna di obbedienza civile e autoriduzione “perlomeno sino a che le aziende non prenderanno degli impegni concreti e spiegheranno ai cittadini dove finisce questa percentuale che, come ha stabilito il referendum, non può andare a creare profitto privato”.

Da sottolineare, la presenza al presidio dello stesso amministratore delegato di Veritas, Andrea Razzini, e del consigliere Alberto Ferro, venuti ad incontrare gli attivisti, sposandone, per buona parte, le ragioni, e spiegando che, “anche per Veritas, l’esito del referendum va rispettato. Le nostre tariffe sono probabilmente le meno costose d’Italia proprio perché noi siamo e ci consideriamo una azienda pubblica che non trae profitti dall’acqua che gestisce. Noi non abbiamo paura dell’esito di un referendum che abbiamo sostenuto sin dall’inizio. Devo osservare però che trovo troppo semplicistico risolvere tutto con una autoriduzione del 7 per cento della bolletta. Comunque… se questa è una strategia di lotta… fatti vostri. Più importante, a nostro avviso, sarebbe rivisitare la costruzione del metodo tariffario alla luce dei risultati del referendum, E va detto che è quanto meno singolare che nessun legislatore lo abbia fatto a tanti mesi di distanza”. “Un’ultima osservazione – conclude Razzini, dopo aver dato agli attivisti dei movimenti ampia disponibilità ad un confronto -; nel cuore di chi ha votato, il referendum avrebbe scritto la parola fine al processo di privatizzazione. Ma questo non è vero purtroppo. Siccome dopo il referendum nessuno si è occupato di riscrivere la legislazione che regge il settore idrico italiano, non è vero che le gestioni non siano più privatizzabili. Al contrario, quando scadono le concessioni, la legislazione che entra in vigore sarà quella comunitaria, che per l’acqua è ancora più liberale di quella sull’immondizia. Inoltre, siccome il sistema della banche è quello che è, dopo il referendum, proprio in virtù di questa oscurità normativa, questi non fanno più credito alle aziende pubbliche come la nostra, mettendoci in una situazione piuttosto problematica. E quindi pensateci bene prima di ridurvi la bolletta”. E’ il caso di dire che le banche hanno chiuso i rubinetti anche a quelli dell’acqua e li hanno lasciati in bolletta!

“Sappiamo bene che quello che va fatto è di intervenire a livello di legislazione nazionale e di gestione degli Aato, più che su aziende come Veritas -ha concluso il consigliere della lista In Comune Beppe Caccia – . La campagna di obbedienza è stata pensata proprio per rendere visibili questi problemi. I referendum hanno dimostrato che tra i cittadini c’è una grande domanda di partecipazione, specialmente su un tema di interesse comune come l’acqua. Questo, gli amministratori non lo possono risolvere solo facendo bene i propri compiti ma aprendosi ad una gestione partecipata anche su temi che sono dannatamente complicati come la costruzione di un sistema tariffario. Siamo di fronte ad un problema politico che è quello di come evitare che, incuranti dell’esito referendario, i processi di privatizzazione vedano avanti, ma siamo anche di fronte ad una entusiasmante sfida che è quella di sviluppare modelli di gestione integrati e originali, ragionando sulle specifiche problematiche territoriali. Modelli che devono essere pubblici, partecipati e soprattutto trasparenti. Come l’acqua, appunto”.

Venezia - campagna di obbedienza civile