Nuovo progetto del governo per aprire le porte al capitale

Chiapas: le Città Rurali Sostenibili

Controinsurgenza mascherata da piano di azione contro la povertà

12 / 11 / 2010

C'è un gran fermento negli ultimi mesi a Santiago El Pinar. Ruspe che scavano, camion che vanno e vengono, lunghe file di operai che impilano mattoni ai lati della strada sterrata, con la bocca coperta per isolarsi il più possibile dalla polvere sollevata dalle auto. E dai veicoli dell'esercito, che entrano ed escono continuamente dall'accampamento militare di Santiago El Pinar, andando e venendo da chissà dove.

Stupisce tanto indaffarsi intorno ad una piccola comunità indigena degli Altos de Chiapas, ad un'ora circa da San Cristobal de Las Casas. Un gruppo di case strette attorno ad una chiesa, qualche piccolo negozio ed una splendida vista sulle verdi montagne chiapaneche, a circa 3000 metri sul livello del mare.

Quando siamo arrivati a Santiago El Pinar cercavamo dettagli che ci aiutassero a capire quali piani il Governo del Chiapas avesse per la comunità, e perchè avesse scelto proprio questa zona per costruire la sua seconda Ciudad Rural Sustentable (Città Rurale Sostenibile).

Una Ciudad Rural in Chiapas già esiste, si trova nel nord dello Stato e si chiama Nuevo Juan de Grijalva. La "vieja" Juan de Grijalva è stata allagata nell'autunno 2007 da piogge torrenziali che costrinsero gli abitanti della zona a "riubicarsi" nella nuova Ciudad Rural. Fin qui nulla di strano, a parte la contradittoria denominazione di Ciudad Rural e il suo aspetto decisamente artificiale, che la rende differente da qualsiasi comunità o cittadina messicana.

Scavando appena la superficie iniziano però a comparire alcune incongruenze. La prima che salta agli occhi è che Juan Sabines Guerrero, governatore dello Stato del Chiapas, annunciò la costruzione della prima Ciudad Rural Sustentable prima che l'alluvione colpisse la zona. Il programma era infatti da tempo nel cassetto di Sabines, che lo promozionava come piano strategico capace di portare a compimento uno degli obiettivi di sviluppo del millennio: sradicare la povertà, tanto diffusa nelle comunità indigene chiapaneche.

"Le Città Rurali permettono questo, vivere meglio, perchè uno dei gravi problemi che abbiamo in Messico è la grande dispersione della gente. Se il governo deve portare un cavo per la luce o un tubo per l'acqua è più facile portare un tubo per l'acqua ad una comunità di mille persone che ad una di dieci famiglie", ha affermato il presidente messicano Calderón, guardando al territorio chiapaneco: un arcipelago di piccole comunità, inghiottite nella selva o arrampicate sulle montagne.

Che la dispersione della popolazione impedisca la sviluppo non è in realtà una conclusione propria di Calderón, ma di altri attori più grandi e potenti di lui: la Banca Interamericana di Sviluppo e la Banca Mondiale, che esprime questo parere in un documento del 2008 chiamato "Una nuova geografia economica".

Nello stesso anno, i presidenti di Messico, Colombia e dei paesi centroamericani cristallizzarono l'idea nel Plan Mesoamérica (Piano Mesoamerica), nuova versione del Plan Puebla Panamá, il cui fine è creare dei corridoi commerciali ed infrastrutturali che connettano il sud del Messico alla Colombia. In questo modo per il capitale sarà più semplice imposessarsi delle grandi ricchezze presenti nella regione, e transitarle verso il Nord America.

Le Ciudades Rurales rappresentano un ulteriore passo per portare a termine il progetto di spoliazione ideato dalle transnazionali: le terre abbandonate da chi andrà a vivere nei nuovi centri saranno finalmente disponibili. Il Chiapas è ricchissimo di risorse, e la sua vergine bellezza lo rende un territorio dalle grandi potenzialità turistiche. Le comunità che si trovano su quel territorio rappresentano un ostacolo per il capitale, intenzionato ad impadronirsi dei corsi d'acqua e dei giacimenti minerari chiapanechi, deciso ad impiantare grandi monoculture destinate all'esportazione o progetti turistici che riempiano la regione di visitatori e di soldi le loro tasche. La costruzione stessa delle Ciudades Rurales è un grande affare per i capitalisti: sono tante le imprese messicane e straniere che, attraverso le loro fondazioni, stanno lucrosamente partecipando al progetto.

Il programma Ciudades Rurales è parte del più ampio "Plan de Desarrollo Chiapas Solidario" (Piano di Sviluppo Chiapas Solidale), che dietro la facciata assistenzialista nasconde la strategia di controinsurgenza del governo dello stato. La guerra a bassa intensità in Chiapas non si fa solo armando i paramilitari, ma anche attraverso programmi di aiuto alle famiglie. Questi permettono di dividere le comunità, creando tensioni tra chi accetta gli aiuti del governo e chi, come gli zapatisti, non lo fa. Ma permettono anche di controllarle, derubarle e snaturarle. Questo è il caso del Programa Ciudades Rurales Sustentables, che porterà alla distruzione del modo di vita contadino-indigeno e alla disintegrazione comunitaria.

Una volta "ricollocata" in un'unico spazio, la popolazione chiapaneca, notoriamente molto inquieta, sarà più facilmente controllabile e manipolabile. Esperimenti simili alle Ciudades Rurales – finalizzati cioè ad isolare la popolazione civile dai guerriglieri - sono già stati portati avanti nel corso della storia. In Kenia, Algeria, Vietnam, Guatemala e anche in Messico nel XVI e XVII secolo, quando la Corona spagnola rimpiazzò le concezione indigene di territorialità e uso dello spazio con un sistema di città coloniali che concretizzò il suo potere.

L'alluvione del 2007 non fu quindi altro che il pretesto che permise al governo chiapaneco di ricollocare la popolazione all'interno della Ciudad Rural di Nuevo Juan Grijalva. Non sarebbe stato facile convincere centinaia di persone a lasciare le loro case e lo stile di vita comunitario per riubicarsi in un luogo asettico e impersonale, dove l'unica possibilità sarà quella di convertirsi in manodopera a basso costo per le miniere, i centri turistici, le maquiladoras o le grandi coltivazioni che sorgeranno nelle terre da loro abbandonate. Si chiama "riorganizzazione produttiva" e significa trasformare i proprietari della terra in braccianti, minatori, operai o camerieri. Da contadini a schiavi. Da persone che vivono del frutto del proprio lavoro a consumatori, finalmente anche loro ingranaggi del capitalismo.

Non è ben chiaro quale sarà il pretesto che il Governo di Sabines inventerà per convincere gli abitanti delle quattro comunità vicine a Santiago El Pinar a trasferirvisi. Non si sa neppure perchè sia stata scelta proprio questa zona per la costruzione della seconda Ciudad Rural in Chiapas.

Certo è che la sua posizione risulta decisamente strategica, se la si guarda dal punto di vista della tattica controinsurrezionale. Base delle operazioni dell'Esercito a partire dal 1995, Santiago El Pinar confina con i municipi autonomi zapatisti di San Juan de la Libertad e San Andrés Sakamch’en. La creazione della Ciudad Rural permetterà l'installazione di torri di telecomunicazione militare proprio sopra i due municipi autonomi, e al Caracol zapatista di Oventic, che si trova a pochi kilometri da Santiago El Pinar. Caracol zapatista che, come osserva Japhy Wilson dell'Università di Manchester sul quotidiano messicano La Jornada, “rappresenta un'alternativa concreta, dove le "comunità disperse" sono coinvolte in un intenso processo di sviluppo di sistemi autonomi di salute, educazione e produzione, fuori dal controllo sociale dello Stato e della logica accumulativa e distruttrice del capitale". Sicuramente un pericolo per i pochi che dal capitalismo traggono profitto.

(Orsetta Bellani)