Venerdì 11 novembre 2011
alle 18.30
@ Sherwood
Vicolo Pontecorvo, 1 - Padova
Puntata 0 di Stream out (Prove tecniche di indipendenza), il nuovo format di Sherwood, live e in streaming video su www.sherwood.it
La trasmissione è aperta al pubblico
Ingresso libero
In occasione della recente pubblicazione del libro inchiesta
"Cosa loro. I serenissimi della Compagnia delle Opere" (Manifestolibri, 2011) di Ernesto Milanesi e Sebastiano Canetta
nella puntata zero approfondiremo la contabilità affaristica della Compagnia delle Opere: il braccio industriale operativo di Comunione e Liberazione.
Saranno nostri ospiti Sebastiano Canetta e Ernesto Milanesi , autori del libroConduce: Carlo Freda
A seguire aperitivo PARTICOLAre, musica e buffet
Una serata a cura di Sherwood.it
Introduzione di Cosa loro
Una battuta di spirito
riassume il giudizio non soltanto politico: «Meglio soli che in
Compagnia… delle Opere». Sorride con una punta di amarezza l’ex
assessore berlusconiano, che nell’ufficio si era ritrovato faccia a
faccia con la delegazione ciellina. Lui dietro la scrivania
istituzionale. Loro con un bel plastico in mano, nella genuina pretesa
di cieca obbedienza. Normale amministrazione. La politica (tutta?) deve
«inginocchiarsi» alla fratellanza di monsignor Luigi Giussani che
sconfina senza peccato nella contabilità affaristica. E’ la
sussidiarietà nel regno lombardo-veneto. Patrimonio pubblico da stornare
nel circuito di aziende che diventano consorzi, nella rete delle
società cooperative a responsabilità limitate con la vocazione ai
contributi, nella galassia di un cattolicesimo perfettamente integrato a
sistema. Il «modello Formigoni» funziona a regime da lustri, in
particolare nella sanità incistata dalle convenzioni. A Nord Est, si
coglie perfettamente il consociativismo da Prima Repubblica che rigenera
vecchi legami e insieme prefigura il federalismo dei benefit. Le
notizie dell’estate 2011 rappresentano nitidamente le connessioni dei
ciellini con gli «scandali» di un regime al tramonto. Il crac
miliardario del San Raffaele rinvia alla sanità accreditata a senso
unico: dietro la facciata dell’ospedale di don Verzé si intuisce un
verminaio che fa il paio con il «ciclo del mattone» dell’Expo 2015. A
nessuno sfugge come, a Milano e in Lombardia, il «partito ciellino» (dal
mancato presidente dell’Europarlamento Mario Mauro al vice presidente
di Montecitorio Maurizio Lupi) è indissolubilmente legato al bunga bunga
di Arcore. Ancora: le bordate a palle incatenate su Giulio Tremonti
inchiodano, prima d’ogni altra valutazione, uno stile imperniato sulla
doppiezza. Il vizietto delle prediche morali (meglio se dal pulpito
dell’Università Cattolica) stride con il governo dell’economia statale.
La vocazione «no global», sussidiaria, para-leghista si traduce nel
peccato mortale che ammorba palazzo Chigi. Insomma, il perfetto alter
ego del «celeste» Formigoni.E non basta. Il «caso Filippo Penati»
racconta (eccome!) la contiguità proprio con il calvinismo delle Grandi
Opere, sulla testa di tutti. Una visione che avvelena, alla fonte, il
Partito democratico. Urbanisticamente, cos’ha di tanto diverso Sesto San
Giovanni dalla Roma veltroniana o dalla Firenze di Matteo Renzi?
«Geneticamente» Bersani & Penati forse non giocano il compromesso
storico fra ciò che resta delle coop rosse e la galassia della CdO?