Quella “lotta continua” tra i fumi dell’Ilva

Recensione del fumetto "L’Ora X – Una storia di Lotta Continua" (Feltrinelli, 2019, 112 p.), con testi di Erri De Luca e Cosimo Damiano Damato, disegni di Paolo Castaldi

12 / 11 / 2019

E’ uscita lo scorso 31 ottobre l’opera fumettistica L’Ora X – Una storia di Lotta Continua, (Feltrinelli, 2019, 112 p.), con testi di Erri De Luca e Cosimo Damiano Damato, disegni di Paolo Castaldi.

Nel pieno della discussione nel nostro paese sui destini dello stabilimento siderurgico di Taranto, questo lavoro si presenta come un racconto politico e poetico allo stesso tempo. La storia è ambientata negli anni ‘70 (precisamente nella prima metà del decennio) e racconta l’amore e l’impegno politico di una giovane coppia che si incrocia con il conflitto operaio proprio nell’Italsider di Taranto.

E’ esattamente “una storia di Lotta Continua”, un affresco dell’Italia di quei tempi, tra lotte operaie, amori, discussioni a tavola tra figli e genitori con mentalità opposte, rivendicazioni femministe, disastri ambientali: tutti elementi tenuti insieme con un preciso occhio storico, e in particolare con un’attenzione nel riuscire a creare atmosfere suggestive proprio legate a un’importante momento della storia italiana.

All’inizio si vedono le immagini degli ulivi secolari sradicati, simile alla civiltà contadina che verrà sostituita da quella industriale, con la conseguente mutazione del paesaggio fisico e sociale. Poi ci sono loro, i protagonisti di questa storia a fumetti, Sara e Sebastiano, innamorati e appartenenti a una delle più importanti formazioni della sinistra extraparlamentare italiana del tempo, “Lotta Continua” appunto.

Il quotidiano omonimo viene distribuito con solerte attivismo agli operai dell’Italsider, la cui vita all’interno della fabbrica è scandita dalle lotte contrattuali contro i licenziamenti e l’aumento delle ore di lavoro. E non manca anche la storia dei pescatori in lotta della città di Taranto, impegnati nel denunciare l’inquinamento prodotto dell’Italsider responsabile di aver reso la pesca insostenibile e di aver fatto scomparire la coltivazione delle cozze: eppure a Sara non piacerà quando, dopo aver aiutato un pescatore a portare la barca in acqua, si accorgerà di non essere stata neanche guardata in volto dal pescatore a cui ha dato una mano. «Con gli operai edili e di fabbrica sono una compagna alla pari, con questo pescatore sono invisibile» – afferma Sara.

Scorrono nelle nuvolette le parole energiche, di lotta, delle donne che occupavano le case nel 1972, mentre sullo sfondo una prostituta nera è appostata sul ciglio di una strada statale della Puglia di oggi. Tra contraddizioni, mutamenti, lotte sociali si intravede la sentimentalità rivoluzionaria di allora protesa versa la fatidica “Ora X”, un punto del futuro inteso come cambiamento palingenetico definitivo, quello della rivoluzione.

Nel finale, in un gioco di parallelismi tra le lotte di ieri e di oggi, conci sono immagini di una manifestazione contemporanea all’ombra dell’Ilva di Taranto da parte della cittadinanza tarantina che scende in piazza sotto i cartelli “No Ilva” e lo striscione “Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino”. Questo a dimostrazione dei cambi di paradigmi tra le lotte del passato e quelle del presente, unite dal suono di un trombettiere araldo delle contestazioni di ogni tempo, di quella che è una lotta continua appunto.

Quando si parla di fumetti di inchiesta ed Ilva, non si può non menzionare però il gioiellino di graphic reportage che è Ilva – Comizi d’Acciaio (Becco Giallo, 2013, 192 p.), con testi di Carlo Gubitosa, attivista Tarantino, e disegni di Kanjano, fumettista siciliano. Un bel lavoro nelle cui pagine si alternano il rigore della ricostruzione storica, la puntualità delle ricerche scientifiche e della denuncia politica, i disegni e le storie di vita più esemplificative dei cittadini di Taranto.

Come dice il sottotitolo del testo, si tratta appunto di “storie di vita e di morte all’ombra dell’acciaio”. Un viaggio a fumetti negli ultimi 50 anni di industria siderurgica”. Nella prima di queste storie si inizia un po’ come in “L’Ora X” e si usa la stessa espressione incisa in una nuvoletta, ricavata da un documentario dell’epoca di stampo progressista ed industrialista: scorrono dunque le immagini dello sradicamento degli ulivi, mentre nella nuvoletta si legge: «E’ il primo passo verso una trasformazione profonda, che giungerà a mutare il volto del mezzogiorno fermo da troppi secoli all’avara civiltà dell’Ulivo».

Ma quale civiltà si sta ergendo su quella del passato? Lo stabilimento è un’idra d’acciaio grande come 2000 campi da calcio con una rete ferroviaria interna di 200 Km. Tra le storie raccontate, ci sono quelle degli operai dell’Italsider che negli anni 80 scoprono senza preavviso di lavorare in una fabbrica dei veleni, in cui uno di questi, l’aprilolio, è addirittura utilizzato per lavare le mani. Mentre c’è anche la storia di un vecchio pastore che nel 2000 scopre che un pezzo del suo formaggio, fatto analizzare, contiene tanta diossina che se lo grattugiasse in un campo, il terreno andrebbe bonificato.

Si tratta di storie di vita vere, intervallate dai dati scientifici riportati come le percentuali di incidenza per patologie tumorali rilevate tra i lavoratori dello stabilimento ILVA rispetto al resto della popolazione generale. Si tratta di percentuali molto alte naturalmente.

Nelle pagine finali vi è un’attenta ed esplicativa cronologia dei principali avvenimenti legati all’industria siderurgica di Taranto, dal finire degli anni 60, da quando l’Italsider viene costruita al contrario rispetto alle norme previste, cioè con gli impianti inquinanti a ridosso delle abitazioni, fino al 2012, l’anno del sequestro da parte del GIP di Taranto dell’area a caldo dello stabilimento e delle misure cautelari per i dirigenti dell’ILVA; ma è anche l’anno della protesta dell’Apecar, in cui Cataldo Ranieri, a nome del neonato “Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, irromperà in un’assemblea pubblica sindacale dai toni denunciati come troppo morbidi nei confronti dell’Ilva.

Il fumetto si conclude con l’articolo di Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione PeaceLink di Taranto, sulla produzione dell’acciaio in Italia e nel mondo che inizia con una domanda retorica quanto emblematica: «Il mondo ha proprio bisogno di tutto questo acciaio?».