Leggendo dal francese. Una nota su Ecologica di Gorz

21 / 5 / 2009

(…) egli non considera il lavoro in quanto tale come faccenda parte della sua vita;
è piuttosto il sacrificio di questa vita.

(Lavoro salariato e capitale, Marx)

Da qualche giorno è in libreria per i tipi di JacabookEcologica di Andrè Gorz, testo che raccoglie una selezione di saggi ed interviste pubblicati da Gorz negli ultimi 25 anni ed aventi per tema lecologia e che è ricco di spunti fecondamente disseminati lungo tutta la pubblicazione, nei quali i temi, e quindi le suggestioni, le risposte, le argomentazioni si intrecciano tra loro, anche epigrammaticamente, ad esempio ove l'autore asserisce che "dal punto di vista economico, dunque, l'innovazione non crea valore; essa è il mezzo per creare una rarità, fonte di rendita, e per ottenere un sovrapprezzo a detrimento dei prodotti concorrenti".

Bella rottura con Schumpeter, potente sintonia con chi correttamente denuncia il divenire rendita del profitto!
Un testo che si colloca, cronologicamente, prima della corrente crisi di sistema e la proposta di nuova politica economica di Mr. Obama, ma che è utile per dipanare la matassa del presente, per criticare non lo sviluppo in sé, ma sua sua crisi. E quindi le prospettive di uscita dalla stessa.
Gorz ci aiuta nell'immaginare la transizione in questa crisi di sistema, sapendo che l'uscita dal capitalismo avrà luogo in un modo o nell'altro, sarà civilizzata o barbara".

Gorz, si sa, è autore singolare nella letteratura politica europea, che riconobbe le sue coordinate genealogiche in un mix di strani ingredienti quali Sartre, Marx, l'operaismo, Ivan Illich,naturalmente nella indimenticata D. e fonda politicamente la differenza tra ecologia politica e “gestione dell'eco-compatibilità”, ove quest'ultima ambisce esclusivamente a preservare le capacità di autogenerazione della natura.

La critica radicale della crisi ('no block features option') vs il rilancio del business via green di Mr. Obama ('in business we still trust'), diremmo.

Ecologica racconta con originale semplicità la differenza cruciale che c'è tra quella che Gorz chiama utolimitazione e l'accattonaggio del comunitarismo, contro cui lo stesso Marx fu profeticamente avverso.
Leggiamo, ad esempio, come "partendo dalla critica del capitalismo, si arriva dunque immancabilmente all'ecologia politica, che, con la sua teoria critica dei bisogni, conduce di ritorno ad approfondire ed radicalizzare ancora la critica del capitalismo. Se si parte dall'imperativo ecologico, si può arrivare tanto a un anticapitalismo radicale quanto a un petainismo verde, a un ecofascismo o a un comunitarismo naturalista".

Gorz esprime la più determinata distanza verso l'induzione dei desideri da parte del capitalista nei confronti nell'individuo sociale, fino a porre, giustamente, in discussione lo sviluppismo socialista, come nel seguente passo: "così come i soldati non possono appropriarsi dell'esercito a meno di cambiarne totalmente il modo di organizzazione e le regole, altrettanto la classe operaia non può appropriarsi dei mezzi di produzione attraverso i quali essa è strutturata, funzionalmente divisa e dominata. Se essa se ne impadronisse finirebbe per riprodurre (come è accaduto nei paesi sovietici) lo stesso sistema di dominio". E ancora, l'autore ricorda che negli ultimi decenni del '800 in Francia ed in Inghilterra gli operai degli opifizi avevano un rapporto di intermittenza con il lavoro salariato: tre, quattro giorni alla settimana, in ragione delle (loro) necessità. Come reazione a ciò nel 1910 in Inghilterra venne introdotta una stretta regolazione per l'assunzione: solo tempo pieno fu la condizione di impiego.

L'autonomia esistenziale è un obbiettivo che l'autore persegue costantemente, "esigendo che la vita e l'ambiente vitale siano sottratti al dominio dell'economia, che crescano le attività nelle quali la razionalità economica non sia applicata. L'idea, sostiene Gorz, è di mettere in crisi anche la misura della crescita partendo dal fatto che dovremmo discutere di come essa si misura (il PIL, ad esempio, misura le ricchezze solo nella forma di merci).

"La risposta al sistema capitalistico non è dunque né il ritorno all'economia domestica e all'autarchia del villaggi, né la socializzazione integrale e pianificata di tutte le attività: essa consiste al contrario nel socializzare la sola sfera della necessità al fine diridurre al minimo, nella vita di ognuno, ciò che è necessario fare, che ci piaccia o meno, e diestendere al massimo la sfera della libertà, cioè delle attività autonome, collettive o individuali, che hanno il loro fine in sé stesse. (...) La sfera della necessità e la sfera della libertà non coincidono. (…) Per questa stessa ragione, l'espansione della sfera della libertà suppone che la sfera della necessità sia nettamente limitata. L'unica funzione di uno Stato comunista è gestire la sfera della necessità (che è anche quella dei bisogni socializzati), in modo tale che essa non cessi di ridursi e di rendere disponibili spazi crescenti di autonomia". E di indipendenza, diremmo.

* Tpo, Bologna