Un’altra strage nel Mediterraneo: una vergogna senza fine!

Da Melting Pot: si teme ci siano centinaia di vittime per omissione di soccorso delle autorità greche. Potrebbe essere una delle più gravi stragi di persone nel Mediterraneo.

15 / 6 / 2023

L’ennesima strage, a 80 miglia dalla costa greca, rappresenta da vicino le politiche securitarie e razziste del Vecchio Continente. 

È una strage che dovrebbe sconvolgere, ma purtroppo rientra nel circo mediatico della morte come notizia flash, uno dei tanti drammi nel Mediterraneo. Come se la profondità del mare potesse nascondere le nefandezze dei governi europei e delle loro politiche che in Lussemburgo hanno trovato un’altra tappa del loro modo meschino di concepire la solidarietà applicata alle migrazioni.

Martedì 13 giugno, qualche ora prima dell’alba le autorità marittime italiane avvisano quelle greche che un peschereccio è in fase di naufragio a circa 80 miglia da Pylos, nel Peloponneso.

È la stessa imbarcazione monitorata da Alarm Phone la stessa mattina e intercettata telefonicamente dall’attivista Nawal Soufi

Fin da subito si parla di più di 700 persone, forse 750, a bordo e di una richiesta d’aiuto per la presenza nella barca di 6 cadaveri, tra cui due bambini. Già a questo punto si potrebbe ipotizzare una situazione drammatica ma le autorità portuali greche intervengono con molta calma e nel tardo pomeriggio di martedì arrivano con tre imbarcazioni vicino al peschereccio e lanciano acqua e generi alimentari. 

La barca viene nel frattempo intercettata anche da un aereo di Frontex che monitora la situazione senza che si attivino materialmente i soccorsi. 

Forse a causa dello spostamento laterale della barca, visto il numero delle persone presenti, alle due e trenta del mattino di ieri il peschereccio si ribalta e, nonostante la presenza a poca distanza di un’imbarcazione della guardia costiera greca, le operazioni di salvataggio iniziano solo nel corso della mattinata. Molte, a quanto pare, le persone chiuse dentro la stiva che rimangono intrappolate, in particolare donne e bambini.

Man mano che passano le ore si continuano a trovare decine di morti. Potrebbe essere una delle più gravi stragi di persone nel Mediterraneo.

Sempre in mattinata inizia lo scaricabarile delle responsabilità: secondo le autorità greche “il peschereccio è stato contattato più volte ed è sempre stato negato dagli occupanti il bisogno di soccorso”. La Guardia Costiera greca sostiene che l’imbarcazione fosse diretta verso le coste italiane motivo per cui l’aiuto è stato più volte declinato.Sempre in mattinata inizia lo scaricabarile delle responsabilità: secondo le autorità greche “il peschereccio è stato contattato più volte ed è sempre stato negato dagli occupanti il bisogno di soccorso”. La Guardia Costiera greca sostiene che l’imbarcazione fosse diretta verso le coste italiane motivo per cui l’aiuto è stato più volte declinato.

Nawal Soufi in un post sulla sua pagina Facebook ricostruisce questa omissione di soccorso delle autorità greche, che ha caratteristiche simili alla strage di Steccato di Cutro: «In data 13 giugno 2023, nelle prime ore del mattino, i migranti a bordo di una barca carica di 750 persone mi hanno contattata comunicandomi la loro difficile situazione. Dopo cinque giorni di viaggio, l’acqua era finita, il conducente dell’imbarcazione li aveva abbandonati in mare aperto e c’erano anche sei cadaveri a bordo. I migranti non sapevano esattamente dove si trovassero, ma grazie alla posizione istantanea del telefono Turaya, ho potuto ottenere la loro posizione esatta e ho allertato le autorità competenti.

Tuttavia – prosegue l’attivista – la situazione si è complicata quando una nave si è avvicinata all’imbarcazione, legandola con delle corde su due punti della barca e iniziando a buttare bottiglie d’acqua. I migranti si sono sentiti in forte pericolo, poiché temevano che le corde potessero far capovolgere la barca e che le risse a bordo per ottenere l’acqua potessero causare il naufragio. Per questo motivo, si sono leggermente allontanati dalla nave per evitare un naufragio sicuro.

Durante la notte, la situazione a bordo dell’imbarcazione è diventata ancora più drammatica: i migranti erano confusi e non capivano se quella fosse un’operazione di soccorso o un modo per mettere le loro vite ancora più in pericolo. Io sono rimasta in contatto con loro fino alle 23:00 ore greche, cercando di rassicurarli e di aiutarli a trovare una soluzione. Per tutto il tempo mi hanno chiesto cosa avrebbero dovuto fare e io continuavo a dire che i soccorsi greci sarebbero arrivati. In questa ultima chiamata, l’uomo con cui parlavo mi ha espressamente detto: “Sento che questa sarà la nostra ultima notte in vita“. Quando i migranti si sono leggermente allontanati dalla nave, non c’era alcuna intenzione di continuare il viaggio verso l’Italia, perché non avrebbero saputo navigare per arrivare in acque italiane, poiché mancava il vero conducente della barca e continuavano a chiedere cosa fare. Avevano assolutamente bisogno di aiuto nelle acque dove si trovavano e se mi avessero espresso la volontà di voler continuare il viaggio verso l’Italia avrei ovviamente mandato un aggiornamento a Malta, Grecia e Italia, ma i migranti non hanno mai detto nulla di simile. 

È mai possibile che la fuga dei migranti dallo stato di pericolo in cui si trovavano sia stata interpretata dalle autorità greche come fuga dal soccorso? Queste sono domande a cui io non posso rispondere, ma posso testimoniare che queste persone hanno sempre chiesto di essere salvate da qualsiasi Paese.

Questa è l’ultima posizione esatta mandata dal telefono Turaya e comunicata a Malta, Grecia e Italia. 

Posizione delle ore 15.10, ora greca. 

Lat N 036 Deg 008’059.660″ Lon E 021 Deg 002’009.749″  

Per tutto il pomeriggio e fino alle 23:00 non ho fatto altro che tranquillizzare le persone che chiamavano dalla barca, spiegando loro che le autorità competenti avevano la posizione della barca da molte ore e che sicuramente i soccorsi sarebbero arrivati. L’unica cosa che dovevano fare era gestire lo stato di panico a bordo».

Alle domande di Nawal Soufi aggiungiamo alcuni ulteriori quesiti: la legge del mare non impone un doveroso soccorso a barche in condizioni precarie (centinaia di persone stipate in un peschereccio con dei cadaveri a bordo)? 

E poi, che senso avrebbe avuto navigare dalla Libia orientale (l’imbarcazione è salpata da Tibruk) fino alle coste greche per poi virare verso quelle italiane?

Si tratta forse del classico respingimento in acque internazionali verso acque SAR di competenza di un altro Stato?

Anche Alarm Phone, in un testo dal titolo “Lo scudo dell’Europa“, che riprende una celebre affermazione della presidente della Commissione Europea Von Der Leyen riferita al paese ellenico, ricostruisce la cronologia del caso con i messaggi SOS. L’organizzazione sostiene che «dopo il naufragio del peschereccio, le autorità greche si sono affrettate a giustificare pubblicamente il mancato soccorso. La realtà è che erano state allertate molte ore prima che il peschereccio si rovesciasse ed erano state informate da diverse fonti che si trattava di un’imbarcazione in pericolo. Secondo quanto riferito, sul posto erano presenti mezzi della Guardia Costiera greca e un aereo di Frontex. Le autorità europee avrebbero potuto avviare senza indugio un’operazione di soccorso adeguata. Non l’hanno fatto perché il desiderio di impedire gli arrivi è stato più forte della necessità di salvare centinaia di vite».

Mentre scriviamo l’articolo si contano 83 morti, un centinaio le persone salvate, gli altri corpi sommersi; le istituzioni greche avvisano che i numeri sono destinati a salire drammaticamente, probabilmente a superare i 368 morti della strage di Lampedusa del 2013.

Dopo il naufragio di Cutro, si delinea un’altra strage per omissione di soccorso. E già, in risposta, le prese di posizioni che scaricano le responsabilità sulle vittime e non mettono in discussione quelle politiche europee di contrasto alla mobilità umana che hanno fatto diventare il Mediterraneo una fossa comune. Una vergogna senza fine.

Tratto da: