Durante le rivolte in Tunisia, Ramzi Bettaieb (alias Winston Smith,
nella foto) ha rilanciato il tweet sul rifiuto del generale Ammar di
sparare sui manifestanti. Lo stesso Ramzi, attivista e giornalista del
sito Nawaat.org., è da 10 giorni in sciopero della fame perché il 21
maggio, all'interno del tribunale militare di El Kef, gli hanno
sequestrato due videocamere in base a una legge del 1969 che non
permette al pubblico di assistere ai processi militari, né tantomeno ai
giornalisti di girare filmati, se non di soli 3 minuti. A El Kef era in
corso la decima seduta di un processo chiave in questa fase
post-rivoluzione, quello contro il dittatore Zine El Abidine Ben Alì e
alcuni alti funzionari del ministero degli interni, imputati per
l'uccisione di 22 persone durante gli scontri a Thala e Kasserine.
Sempre in prima linea contro Ben Ali
Il 28 maggio 2012 Ramzi Bettaieb, che è sempre stato in prima linea
contro Ben Alì pagando la sua militanza con tre anni di prigione, ha
iniziato insieme al webmanager di Nawaat, Houssem Hajlaoui, uno sciopero
della fame a oltranza per protestare contro l'arbitrio subito, ma
soprattutto per richiamare l'attenzione su alcune delle questioni
fondamentali per la costruzione di una autentica democrazia: la
trasparenza dei processi militari e la libertà di stampa.
«Il sequestro delle videocamere è marginale, anche se è stata la goccia
che ha fatto traboccare il vaso», dice Ramzi. «Esiste attualmente in
Tunisia una completa omertà, una censura degna dei tempi della
dittatura, sulla giustizia militare e sugli avvenimenti che hanno
provocato la morte di tanti giovani nel periodo tra il dicembre 2010 e
il gennaio 2011. A volte mi sembra proprio di vivere l'atmosfera dei
giorni che hanno preceduto le rivolte, sotto la stessa cappa di piombo.
Stiamo tornando a una forma più soft di dittatura, specialmente per
quanto riguarda la libertà di stampa...Nessuno dei media mainstream ha
il coraggio o la volontà di parlare dei dubbi che aleggiano sul ruolo
che una parte dell'esercito avrebbe avuto nella repressione delle
rivolte, sull'identità dei cecchini che hanno sparato contro i civili,
nessuno parla della censura nei tribunali militari. Per questo motivo
ritengo che solo mettendomi in gioco in prima persona con lo sciopero
della fame ci sia qualche possibilità di attirare l'attenzione su questo
problema che ritengo cruciale nella Tunisia di oggi».
Il Paese oggi e' governato da una troika
La Tunisia di oggi è stremata dalla crisi economica, che ha cause sia
endemiche, sia legate alla crisi mondiale. È governata da una «troika»
capeggiata dal partito islamico di Ennahda, che non è in grado di
gestire la sicurezza dei cittadini né sembra poter rispondere alle
richieste dei giovani scesi in piazza durante la rivoluzione. Negli
ultimi mesi estremisti salafiti hanno attaccato artisti, giornalisti,
intellettuali e insegnanti universitari, ma è probabile che si tratti di
una strategia di diversione orchestrata da Ennahda per distogliere
l'attenzione dai veri problemi del paese - o per alzare il livello di
scontro fra laici e credenti, il vecchio «divide et impera». Così come
ben orchestrata appare l'appropriazione da parte governativa della
gestione dei media nazionali, a partire dalla televisione El Watania. Il
telegiornale serale di questa tv nei primi tempi non risparmiava
critiche al governo, con servizi sui sit-in e interviste a personaggi
critici nei confronti del governo. Ora, se riferisce di una lotta o di
qualsiasi rivendicazione, c'è sempre l'ospite governativo, il portavoce
di questo o quel ministero che ripete di «lasciarli lavorare».
Fanno lo sciopero della fame
Ramzi e Houssem sono al loro tredicesimo giorno di digiuno, ma a loro si
sono uniti i blogger più militanti, da Aziz Ammami a Emine M'Tiraoui a
Lina Ben Mhenni; il Partito Pirata tunisino ha lanciato una campagna di
sostegno alle rivendicazioni di Nawaat che sono al cuore della questione
democratica in Tunisia e giovedì c'è stata una manifestazione in piazza
lanciata sui social networks. Nel frattempo, una popolare trasmissione
di El Watania ha invitato finalmente Ramzi Bettaieb, il quale ha
denunciato apertamente l'omertà e la censura che incombono sui processi
militari e la normalizzazione dei media, il silenzio della stampa sui
feriti (uno di loro si è suicidato qualche giorno fa)e i martiri della
rivoluzione. Qualcosa si muove: ma basterà a combattere il ritorno ai
vecchi sistemi? E in Italia, qualcuno è ancora disponibile a sostenere
la costruzione della democrazia in Tunisia? Per aderire alla campagna
«ridateci la telecamera»: http://raja3elcamera.tumblr.com/submit
Articolo pubblicato il 9 giugno 2012 dal quotidiano Il Manifesto