A poche ore dal referendum che potrebbe sancire la
scissione del meridione del Sudan, il maggiore partito di opposizione,
il Popular Congress Party di Hassan al Turabi, lancia un ultimatum al
presidente sudanese Omar al Bashir: se non si avvieranno le riforme e
non si proporrà un esecutivo di transizione che rappresenti la
maggioranza vera del Paese, il Pcp farà di tutto per rovesciare il
governo.L’annuncio delle intenzioni del fronte
politico di minoranza è stato affidato proprio all’islamista fondatore
del Popular Congress Party, da molti indicato quale ispiratore del
Justice equaliment movement, il più importante gruppo ribelle che si
contrappone con le armi a Khartoum.In una conferenza stampa tenuta nella capitale,
Turabi e il segretario per gli Affari esteri del movimento, Bashir Adam
Rahma, hanno dichiarato che l’assemblea del Comitato di direzione del
partito ha approvato il “perseguimento di un cambiamento di regime, se
il governo continuerà ad opporsi alle richieste di riforme economiche,
politiche e giudiziarie che il Pcp avanza da anni”.
La tensione politica in Sudan è sempre più alta in vista del cruciale voto referendario per l'indipendenza della regione semi-autonoma del Sud Sudan.I partiti di opposizione
accusano il National Congress Party di Bashir di essere l'unico
responsabile dell’imminente secessione e chiede che il partito accolga
la loro proposta di formare un governo di transizione e adotti le
modifiche costituzionali necessarie per modernizzare il Sudan.Pochi giorni prima dell’annuncio
di Turabi, il presidente Al-Bashir aveva invitato i partiti di
opposizione ad unirsi al suo governo per affrontare l’inevitabile
rottura con il Sud Sudan. Ma la ‘mossa’ del capo di Stato è stata
irrisa dalla minoranza che l’ha definita “un disperato tentativo di
strappare, a chiamata nominale, forze all’opposizione".Rahma, in conferenza stampa,
ha ribadito che la maggioranza ha perso legittimità giuridica, politica
e morale e ha messo in guardia il partito al governo augurandosi che
all'azione di protesta politica non risponda con violenze e repressioni
"altrimenti le conseguenze saranno molto gravi e le strade di Khartoum
si insanguineranno".Il National Congress Party ha risposto con una dichiarazione del segretario per le Relazioni politiche, Ibrahim Gandur.Gandur
ha accusato i partiti di opposizione di incitare alla violenza e di
volere la destabilizzazione della scena politica con l'adozione di un
cambio di regime.Insomma una bella grana per Bashir impegnato
in questi giorni in una visita ufficiale a Juba, la capitale del Sud,
dove ha incontrato il presidente locale Salva Kiir, un tempo suo rivale
durante la ventennale guerra civile tra Nord e Sud terminata nel 2005
con la firma del Comprehensive Peace Agreement.Il referendum, in programma il 9 gennaio,
è stato indetto proprio in base all’accordo di pace che ha posto fine
al conflitto. Secondo funzionari locali, quasi 4 milioni di elettori si
sono registrati per il voto di domenica, il 95% dei quali nel Sudan del
Sud.Analisti e osservatori internazionali hanno lanciato da tempo
l'allarme del rischio di un nuovo conflitto nel caso di un mancato
riconoscimento del risultato elettorale da parte del governo del Nord.
Le tensioni tra Juba e Khartoum, che si oppone all’idea di una
secessione del Sudan meridionale, si sono manifestate chiaramente con
gli scontri tra le rispettive forze armate, culminati con i
bombardamenti di alcune basi militari del Sudan People Liberation Army
al confine tra le due aree.L'attenzione della diplomazia internazionale
sul referendum è pressocché totale. E' in gioco il futuro del più
grande Stato africano, strategico nella corsa ormai palese di Cina,
Russia e Stati Uniti all'accaparramento delle risorse minerarie e
energetiche (in primis il petrolio di cui é ricco il meridione) del
Paese che dopo il 9 gennaio, in un modo o nell'altro, cambierà volto per
sempre.
Sudan - L’ultimatum di Turabi
8 / 1 / 2011
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