Perù, l’anno nero del regime di Boluarte si chiude con l’indulto all’ex dittatore Fujimori

13 / 12 / 2023

È trascorso un anno da quando l’ex presidente Pedro Castillo ha forzato la mano sciogliendo il Congresso nel tentativo di liberarsi dell’opposizione politica e di istituzioni corrotte. Un anno iniziato con grandi proteste represse nel sangue e terminato con l’amara beffa dell’indulto umanitario concesso all’ex dittatore Alberto Fujimori, colpevole di numerosi crimini di lesa umanità.

Il fallito golpe di Castillo ha portato alla presidenza la sua ex vice, Dina Boluarte, prima donna presidente nella storia del Paese andino. Fin da subito la Boluarte è stata duramente contestata per aver rinnegato il suo percorso a fianco di Castillo e in seguito anche per la durissima repressione ordinata contro i manifestanti che per oltre tre mesi hanno bloccato il Paese chiedendo nuove elezioni e nuova Costituzione. Repressione che ha portato ad oltre 60 morti ufficiali scatenando la rabbia sociale contro di lei e facendola diventare uno dei presidenti col più alto tasso di disapprovazione.

Tuttavia, questo forte malcontento per il suo operato non è bastato per costringerla a dimettersi e questo anche grazie alla ferrea alleanza che la Presidente ha stretto con il Congresso, con il quale ha portato avanti da una parte la repressione e dall’altra politiche economiche in linea con quelle conservatrici e neoliberiste.

Dopo i primi tre mesi di battaglie campali nelle strade, in particolare nelle regioni del sud dove più alta è la percentuale di popolazione indigena, e dopo anche alcune importanti mobilitazioni estive, il popolo peruviano ha lanciato altri tre giorni di mobilitazione proprio nell’anniversario della presa del potere da parte di Boluarte.

Per tre giorni i manifestanti hanno riempito le strade della capitale ma anche di alcune altre città del Paese, reclamando le dimissioni della Presidente e giustizia per le vittime della brutale repressione dell’inizio dell’anno. Manifestazioni che sono state per lo più pacifiche ma che hanno comunque visto scendere in campo tutto l’apparato repressore di cui dispone il governo per silenziare la protesta, come nel caso di Barrio Chino, nella regione di Ica, dove i lavoratori agricoli che avevano occupato la Panamericana per protestare contro il governo e chiedere il miglioramento delle condizioni lavorative, sono stati repressi brutalmente e una trentina di persone arrestate.

A pochi giorni dalle mobilitazioni, ad infuocare ulteriormente un clima già bollente, si sono aggiunte il terremoto politico-giudiziario che vede coinvolta la Procuratore Generale Patricia Benavides e la questione dell’indulto umanitario concesso all’ex dittatore Alberto Fujimori. Benavides, è stata sollevata dal suo incarico e sospesa dalla Junta Nacional de Justicia (JNJ) perché accusata di essere la leader di un'organizzazione criminale che ha cercato di influenzare le decisioni dei membri del Congresso per rimuovere i membri della JNJ, in cambio dell’archiviazione di denunce penali di corruzione degli stessi membri del Congresso. 

Negli stessi giorni in cui scoppiava la bolla giudiziaria, l’ex dittatore Fujimori, che sta scontando 25 anni di carcere per i delitti di lesa umanità legati ai casi di La Cantuta e Barrios Altos, è stato liberato a seguito di una sentenza del Tribunale Costituzionale che gli ha concesso un “indulto umanitario” per la sua età, 85 anni, e per il precario stato di salute. La liberazione dell’ex spietato dittatore ha scatenato veementi proteste nell’opinione pubblica. Per Samuel Fernández Gómez, familiare di una delle vittime intervistato da Huanca York Times «con questa liberazione il governo di Dina Boluarte ha ottenuto di ingraziarsi il fujimorismo in modo che non la osservino, non la interroghino, non la infastidiscano durante il suo mandato». 

Sulla questione dell’indulto a Fujimori, per il quale è in corso anche un altro processo per la sterilizzazione forzata di 350 mila donne e 25 mila uomini di differenti comunità indigene, è intervenuta anche la Corte Interamericana dei Diritti Umani che ha ordinato «allo Stato del Perù di astenersi dall'eseguire l'ordinanza del Tribunale Costituzionale del Perù che ordina il "rilascio immediato" di Alberto Fujimori». Per la Corte, il cui parere è vincolante per ogni Seato membro, la «liberazione [...] arrecherebbe un danno irreparabile ai diritti di accesso alla giustizia dei familiari».

L’anno nero del regime della Boluarte si è quindi concluso come peggio non si poteva: dopo i morti provocati dalla repressione a inizio mandato, ora la Presidente, soprannominata “Balearte”  (spararti), sarà ricordata anche per aver permesso la liberazione di uno dei più spietati dittatori latinoamericani del Novecento, senza aver mosso un dito. La crisi senza fine dello Stato peruviano continua, e all’orizzonte si vedono solo nuvole nere della tempesta che avanza.

Foto di copertina: Juan Zapata