Il Vaticano torna all'attacco, proprio nel giorno dell'atteso
pronunciamento dell'Agenzia del Farmaco, sulla Ru486, la pillola
abortiva.
E per voce di monsignor Giulio Sgreccia, emerito
presidente dell'Accademia per la vita, auspica "un intervento da parte
del governo e dei ministri competenti". Perché - spiega - non "é un
farmaco, ma un veleno letale" che mina anche la vita delle madri, come
dimostrano i 29 casi di decesso. La Ru486 - afferma Mons. Sgreccia - è
uguale, come la chiesa dice da tempo, all'aborto chirurgico: un
"delitto e peccato in senso morale e giuridico" e quindi comporta la
scomunica 'latae sententiae', ovvero automatica.
La posizione
della Chiesa è sempre stata ferma sull'argomento: "l'aborto è sempre
aborto, sia se fatto in clinica o in casa e il Vaticano, anche nel
documento 'Dignitas personae'" del dicembre scorso, "ha bocciato la
pillola Ru486 a causa della sua intenzionalità abortiva", aveva
sottolineato mesi fa il 'ministro della Sanita'' del Vaticano,
cardinale Javier Lozano Barragan. Così come più volte sostenuto anche
dal vicepresidente della Pontificia accademia per la vita, mons. Jean
Laffitte, che all'inizio di quest'anno, quando si è riaperta la
discussione per l'uso in Italia, aveva affermato che la cosidetta
"pillola del giorno dopo", non va usata nemmeno in caso di stupro. Come
dimostrato anche dal 'no' della Santa Sede all'uso della pillola
abortiva nel 1999 per le donne violentate durante la guerra del Kosovo,
alle quali la pillola veniva fornita in un kit dell'Onu. O, più di
recente, nelle dure prese di posizione della Chiesa nel 2005 quando a
Torino nelle strutture pubbliche si iniziò l'uso sperimentale del
farmaco.
Un no ribadito con forza anche dai vescovi nel Consiglio episcopale permanente del gennaio scorso, quando il tema fu sollevato dal presidente, card. Angelo Bagnasco, proprio in apertura dei lavori: "si è avuta notizia in queste settimane che sarebbe imminente il via libera alla circolazione della pillola Ru486" aveva detto il cardinale chiedendo ai responsabili politici di valutare bene anche i "danni" fisici, ormai "documentati", derivanti dall'assunzione di tale farmaco. Nel caso della "Ru486 - ha ribadito così oggi Mons. Sgreccia - si tratta sempre di una seconda corsia per praticare l'aborto di cui non ci sarebbe bisogno a quanto riconoscono in tanti, anche non cattolici". "Gli aborti - ha aggiunto - sono già troppi mentre i figli sono pochi e la pillola abortiva grava non solo sulla salute delle donne ma sull'intera società e il suo sviluppo". Eppoi - ha aggiunto - "contrariamente a quello che si dice non riduce affatto né il dolore né la sofferenza per la donna così come non è vero che non ci sia rischio di vita", "come dimostrano già le 29 vittime attestate".