Parma - Finanziarizzazione dei beni comuni e pratiche di liberazione

10 / 10 / 2013

Gli incontri, che si sono tenuti a Parma il 26 e il 28 Settembre, sono stati la seconda tappa del percorso cominciato in luglio presso il monte Amiata: comitati e movimenti, che affrontano diverse battaglie territoriali, si sono ritrovati in un appuntamento di respiro nazionale per confrontarsi e trovare una prospettiva collettiva e comune nell’ambito della questione ambientale.

Filo conduttore della due giorni è stata la finanziarizzazione dei beni comuni e le pratiche di liberazione. Il ragionamento è stato quindi allargato a tutti quei processi di sottrazione dei beni comuni al profitto privato: dal patto di stabilità, che prevede il controllo delle politiche di bilancio pubbliche, agli interessi economici che hanno messo un cappio al collo agli enti locali, riducendone risorse e agibilità democratica.

Si è ampiamente denotato come i beni comuni, ed in particolar modo il libero accesso alle risorse naturali dei territori, finiscono per essere strozzati da speculazioni e interessi privati: basta vedere come la gestione in senso privatistico di acqua, energia, rifiuti, istruzione, salute, casa e terra, riduce sempre più gli spazi di agibilità sociale. Un esempio è l‘Art. 66 del decreto Salva Italia, che prevede, tra le altre cose, la vendita dei terreni agricoli demaniali, un tempo concessi in uso ai contadini e che oggi rischiano di essere svenduti ai privati. L’operazione di stima ed eventuale vendita dei terreni demaniali è stata delegata alla Cassa Depositi e Prestiti, divenuta nel 2003 una vera e propria banca commerciale e privata, in quanto ha ceduto parte del capitale societario alle fondazioni bancarie.

Quanto sta accadendo dimostra che oggi il patrimonio naturale e ambientale è considerato uno spazio di speculazione, perdendo la sua connotazione di bene comune.

Quando parliamo di terra, ad esempio, ci riferiamo sia ad un luogo fisico e reale che ad un luogo simbolico, in cui emergono e si evidenziano i rapporti di potere che sussistono nella quotidianità. Se da una parte la terra è concepita come luogo di produzione etica o come riappropriazione di territorio, ma anche nuova concezione di lavoro e del prodotto, dall’altra abbiamo meccanismi di speculazione, cementificazione, sfruttamento delle risorse e inquinamento, che, con grandi e piccole opere, invadono e devastano il territorio producendo seri danni alla salute e all’ambiente. La terra diventa quindi la prova dell’erosione dei diritti delle popolazioni che abitano i diversi territori: a partire da questi meccanismi viene meno la facoltà di autodeterminarsi.

Questi processi di privazione delle risorse per un profitto privato sono processi comuni che si sviluppano ovunque; per questo è necessario partire dai diversi territori per creare percorsi comuni che non si limitino solo ad una dimensione di testimonianza e di narrazione, ma che antepongano gli interessi della comunità alle logiche del mercato, praticando varie forme di resistenza e riempiendo le piazze per creare movimento e conflitto.

Ci siamo chiesti, allora, come sia possibile delineare e praticare forme di alternativa, travalicando le battaglie locali per poter ampliare il discorso e contrapporsi alla devastazione del territorio.

Pensiamo l’attacco alle multiutility, che è una lotta non solo ambientale ma anche per rivendicare democrazia, ed è una battaglia che è riproducibile ovunque: dalla Colombia a Parma. In Colombia, Enel assicura il proprio profitto, a discapito della salute delle popolazioni locali e dell’ambiente, attraverso i futuri proventi derivanti dal megaprogetto per la centrale idroelettrica di El Quimbo, il tutto con la connivenza dello stato colombiano che, senza la minima remora, procederà all’espropriazione e all’inondazione delle terre più produttive e fertili della regione, ignorando i diritti e le necessità delle migliaia di persone che, in quella zona, vivono di pesca, agricoltura e allevamento. A Parma, invece, è Iren Spa a garantirsi profitto attraverso un inceneritore, la raccolta dei rifiuti e la gestione del sistema idrico: acqua e immondizia sfruttate per generare introiti per una multiutility e le banche ad essa connessa, infatti la suddetta società ha tra i componenti del proprio cda membri di Unicredit Private Bank e Gruppo Bancario San Paolo. Questi sono solo due esempi di come la finanziarizzazione dei beni comuni eroda diritti, democrazia e risorse ambientali a favore di un interesse privatistico.

Sicuramente un altro elemento convergente rispetto alle diverse realtà è il diritto alla salute, costantemente minato sia dalla presenza degli inquinanti presenti sul nostro territorio, sia dal progressivo smantellamento del servizio sanitario pubblico. La devastazione ambientale e la salute dei cittadini sono ormai definite in una sola parola: Biocidio, ovvero il danneggiamento del patrimonio genetico, tale da abbassare le difese immunitarie e rendere più esposti ai tumori ed altre forme di neoplasie. In tanti e tante sono scesi in piazza contro la costruzione dell’inceneritore di Giugliano in Campania e contro l’apertura del sito di Falcognana post chiusura della discarica di Malagrotta, a dimostrazione del fatto che le persone sono disposte a mobilitarsi quando riconoscono l’esistenza di un problema che intacca direttamente la qualità della propria vita.

In una regione come l’Emilia-Romagna, tra le più inquinate d’Europa, la questione dei rifiuti e dell’incenerimento è centrale. Diventa necessaria la creazione di un rete regionale, ma che si connetta anche con Lazio e Campania, come spazio di intervento comune, che serva come momento di coesione, ma anche di approfondimento e condivisione di pratiche, per smontare dalle fondamenta le contraddizioni che emergono dai due grossi enti regionali (Iren ed Hera): profitto privato vs salvaguardia di ambiente e salute. Una rete regionale che sappia creare anche conflitto e alternativa, come l’esperienze dei mercati genuini e clandestini, che rappresentano, un punto di congiunzione tra i movimenti rurali e quelli urbani. Mercati capaci di fornire da una parte un’esperienza diretta circa una concezione alternativa della terra e del lavoro, dall’altra rappresentano un spazio, all’interno del tessuto cittadino, in cui sia possibile lo scambio di idee, la crescita delle soggettività e la creazione di conflitto, inteso come sovversione dei meccanismi di produzione e consumo esistenti. Inoltre queste virtuose alternative ci restituiscano, al contempo, la forte ricaduta che l’inquinamento ha sulle nostre singole esistenze.

I prossimi appuntamenti:

12 ottobre: giornata di mobilitazione nazionale “In difesa dei territori e dei beni comuni, contro vecchi e nuovi colonialismi”, una tappa di un percorso che si sta costruendo, ma anche un momento che possa avere un respiro più ampio, partendo dalle diverse battaglie territoriali, ma che sia costruzione di un percorso comune contro il capitalismo finanziario e per la costruzione di un’alternativa. (www.ribelli.org)

Firenze l’ 1, 2 e 3 novembre: incontro nazionale di Genuino Clandestino dove verrà presentata la campagna “Terra Bene Comune”: questa tappa ha come obiettivo la costruzione di percorsi di intervento e mobilitazione sulla questione della terra come bene della collettività.