Pacifisti bene comune "Non è ora di dividersi"

23 / 3 / 2011

Il mondo è uno ed è sempre più piccolo. Dal Giappone alla Libia, passando per Roma. Energie alternative, beni comuni e pace sono solo diversi aspetti di un problema unico. La crisi sistemica che sempre più drammaticamente sconvolge il globo si manifesta ogni volta con forme nuove e sempre più angoscianti. La sostanza però è una sola. Ed è sempre più chiaro che così non si può più andare avanti. Per questo la manifestazione per l'acqua pubblica in programma sabato a Roma è dilagata oltre il tema caratterizzante per il referendum contro le privatizzazioni delle reti idriche. La tragedia del Giappone ha saldato la lotta per l'oro blu al movimento che si batte contro il nucleare. I referendum sono due ma l'election day è lo stesso: si vota il 12 giugno. Poi l'evoluzione della guerra in Libia e l'intervento «umanitario» hanno trasformato la manifestazione di sabato nel primo vero appuntamento per portare in piazza anche il no alla guerra, in tutte le sue complesse e faticose articolazioni.
Il nesso non è difficle da indivudare. La fame di energia, nucleare a Fukushima, petrolifera in Libia, è dovuta alla bulimia di potenze nazionali ed economiche che però sono sempre meno capaci di gestire e controllare ciò che pretendono di dominare e sfruttare a loro piacimento. E l'acqua, proprio come l'atomo e l'oro nero, è un bene sempre più scarso, costoso e strategico.
Sabato a Roma si manifesta contro questo modo scriteriato di stare al mondo. Gli organizzatori del Comitato per il referendum sull'acqua hanno accettato che la piattaforma della loro manifestazione si sia allargata e comprenda sempre più soggetti. Anche se ci tengono a tenere il baricentro sul tema principale: difendere l'acqua pubblica. «L'anno scorso il 20 marzo per l'acqua pubblica scesero in piazza 200 mila persone - spiega Corrado Oddi, che si occupa dei comitati per l'acqua nella Cgil - fu la base di lancio che ci portò a raggiungere il grande risultato di un milione e 400 mila firme raccolte per il referendum. Sabato saremo ancora di più. E lo saremmo stati anche senza il disastro in Giappone e la guerra in Libia. Ormai esiste almeno un comitato per l'acqua in ogni provincia e ogni comitato ha organizzato almeno un pullman per venire a Roma». Ci saranno tutti. Fiom, Cgil, Arci, Acli, associazioni ambientaliste, Pax Christi e associazioni per la pace, Fds, Sel, pezzetti di Pd, gli studenti e i movimenti. «Certo, dopo Fukushima e la Libia la partecipazione è aumentata. La relazione con il comitato contro il nucleare era già forte e adesso lo è ancora di più - continua Oddi - per quanto riguarda la guerra è evidente che il tema della pace è intrinseco alle lotte per la difesa dei beni comuni». Non ci si può nascondere però che questa guerra lacerante divide anche le varie anime del movimento pacifista. La voglia di pace mai come ora si coniuga in modi diversi e spesso dialettici che scompaginano l'intero movimento pacifista italiano. Ieri a Roma in piazza Navona Fds ha tenuto un presidio per fermare le bombe. A Milano Sel, Fds, Arcie Fiom hanno tenuto un presidio in piazza San Babila.
«È necessario fermare i bombardamenti - chiede la Fiom - l'Onu garantisca le condizioni per difendere i diritti umani della popolazione e impedisca che la risoluzione 1973 venga usata per scatenare una guerra. La pace, infatti, non può essere difesa con atti di guerra». Una posizione netta che però non è condivisa da tutto il fronte della pace. In molti infatti temono che vengano lasciati soli i ribelli alla follia omicida del dittatore Gheddafi. Un dilemma che sembra non avere soluzioni schematiche. «A Roma ci saremo - dicono a Emergency - ci saremmo stati anche prima della Libia, ora abbiamo una ragione in più. Anche se per noi la pace è un concetto troppo generico, ma questa è una questione che certo non va definita sabato. Ci saranno altri momenti per elaborare le diverse posizioni». Il comitato Uniti contro la crisi si troverà venerdì alla Sapienza in preparazione dello sciopero del 6 maggio. L'attacco al lavoro alla base del piano Marchionne e alla scuola pubblica sono figli dello stesso sistema economico. Per questo Uniti contro la crisi propone che sabato venga data «massima visibilità a tre obiettivi: lo stop dei bombardamenti, il sostegno alle rivolte popolari e l'accoglienza dei migranti». Si parte alle 14,30 da piazza della Repubblica verso piazza San Giovanni dove la manifestazione si chiude con musica e interventi.