Il mondo è uno ed è sempre più piccolo. Dal Giappone
alla Libia, passando per Roma. Energie alternative, beni comuni e pace
sono solo diversi aspetti di un problema unico. La crisi sistemica che
sempre più drammaticamente sconvolge il globo si manifesta ogni volta
con forme nuove e sempre più angoscianti. La sostanza però è una sola.
Ed è sempre più chiaro che così non si può più andare avanti. Per questo
la manifestazione per l'acqua pubblica in programma sabato a Roma è
dilagata oltre il tema caratterizzante per il referendum contro le
privatizzazioni delle reti idriche. La tragedia del Giappone ha saldato
la lotta per l'oro blu al movimento che si batte contro il nucleare. I
referendum sono due ma l'election day è lo stesso: si vota il 12 giugno.
Poi l'evoluzione della guerra in Libia e l'intervento «umanitario»
hanno trasformato la manifestazione di sabato nel primo vero
appuntamento per portare in piazza anche il no alla guerra, in tutte le
sue complesse e faticose articolazioni.
Il nesso non è difficle da
indivudare. La fame di energia, nucleare a Fukushima, petrolifera in
Libia, è dovuta alla bulimia di potenze nazionali ed economiche che però
sono sempre meno capaci di gestire e controllare ciò che pretendono di
dominare e sfruttare a loro piacimento. E l'acqua, proprio come l'atomo e
l'oro nero, è un bene sempre più scarso, costoso e strategico.
Sabato
a Roma si manifesta contro questo modo scriteriato di stare al mondo.
Gli organizzatori del Comitato per il referendum sull'acqua hanno
accettato che la piattaforma della loro manifestazione si sia allargata e
comprenda sempre più soggetti. Anche se ci tengono a tenere il
baricentro sul tema principale: difendere l'acqua pubblica. «L'anno
scorso il 20 marzo per l'acqua pubblica scesero in piazza 200 mila
persone - spiega Corrado Oddi, che si occupa dei comitati per l'acqua
nella Cgil - fu la base di lancio che ci portò a raggiungere il grande
risultato di un milione e 400 mila firme raccolte per il referendum.
Sabato saremo ancora di più. E lo saremmo stati anche senza il disastro
in Giappone e la guerra in Libia. Ormai esiste almeno un comitato per
l'acqua in ogni provincia e ogni comitato ha organizzato almeno un
pullman per venire a Roma». Ci saranno tutti. Fiom, Cgil, Arci, Acli,
associazioni ambientaliste, Pax Christi e associazioni per la pace, Fds,
Sel, pezzetti di Pd, gli studenti e i movimenti. «Certo, dopo Fukushima
e la Libia la partecipazione è aumentata. La relazione con il comitato
contro il nucleare era già forte e adesso lo è ancora di più - continua
Oddi - per quanto riguarda la guerra è evidente che il tema della pace è
intrinseco alle lotte per la difesa dei beni comuni». Non ci si può
nascondere però che questa guerra lacerante divide anche le varie anime
del movimento pacifista. La voglia di pace mai come ora si coniuga in
modi diversi e spesso dialettici che scompaginano l'intero movimento
pacifista italiano. Ieri a Roma in piazza Navona Fds ha tenuto un
presidio per fermare le bombe. A Milano Sel, Fds, Arcie Fiom hanno
tenuto un presidio in piazza San Babila.
«È necessario fermare i
bombardamenti - chiede la Fiom - l'Onu garantisca le condizioni per
difendere i diritti umani della popolazione e impedisca che la
risoluzione 1973 venga usata per scatenare una guerra. La pace, infatti,
non può essere difesa con atti di guerra». Una posizione netta che però
non è condivisa da tutto il fronte della pace. In molti infatti temono
che vengano lasciati soli i ribelli alla follia omicida del dittatore
Gheddafi. Un dilemma che sembra non avere soluzioni schematiche. «A Roma
ci saremo - dicono a Emergency - ci saremmo stati anche prima della
Libia, ora abbiamo una ragione in più. Anche se per noi la pace è un
concetto troppo generico, ma questa è una questione che certo non va
definita sabato. Ci saranno altri momenti per elaborare le diverse
posizioni». Il comitato Uniti contro la crisi si troverà venerdì alla
Sapienza in preparazione dello sciopero del 6 maggio. L'attacco al
lavoro alla base del piano Marchionne e alla scuola pubblica sono figli
dello stesso sistema economico. Per questo Uniti contro la crisi propone
che sabato venga data «massima visibilità a tre obiettivi: lo stop dei
bombardamenti, il sostegno alle rivolte popolari e l'accoglienza dei
migranti». Si parte alle 14,30 da piazza della Repubblica verso piazza
San Giovanni dove la manifestazione si chiude con musica e interventi.
Pacifisti bene comune "Non è ora di dividersi"
23 / 3 / 2011
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