Ci sono certe leggi fondamentali che la natura segue, e il conflitto anche. Quando ci fanno incazzare, ad ogni azione segue una reazione come minimo uguale e contraria. Perché quando dei corpi vengono disturbati nei loro desideri, s'incazzano.
Così è successo a Trieste. Giovedì mattina lo spazio sociale occupato è stato sgomberato alla sei di mattina dalla polizia, puntuale come la noia. In questa settimana, quando stavamo lavorando con energia e movimento per renderlo accogliente e preparare un'assemblea cittadina.
Ci sono molte cose di cui parlare, stretti gli uni agli altri.
Cose di cui parliamo da tempo e su cui abbiamo già innescato conflitto, come l'accesso ai beni comuni acqua, energia e gas, come la casa, come il diritto allo studio.
Eppure questa settimana, tragicamente, altri temi, altrettanto cari e altrettanto presenti nella nostra volontà, si sono imposti.
Quando è morto Francesco Pinna, ancora una volta siamo tutti rimasti senza fiato davanti al lavoro come una sentenza di morte, ai nessi produttivi come una macchina continua per spremerci fino all'ultima goccia di vita.
La morte come pedaggio inaccettabile del correre ad alta velocità sull'autostrada
del turboliberismo, mentre non ci è lasciato alcun altro percorso
possibile
Quando Mor Diop e Modou Samb sono stati assassinati da un fascista mannaro, ci si è rivoltato lo stomaco a vedere la barbarie politica del fascismo e del razzismo, deiezione della pancia malata di una parte indegna di
società, che esiste ed è in agguato, sempre serva fedele del
potere. Un potere a cui serve indirizzare la rabbia di chi vive senza
prospettive e senza chiarezza una crisi feroce, torcere quella rabbia
verso una reciproca collisione cieca per la sopravvivenza, l'uno
contro l'altro armati.
Gli spazi sociali nascono proprio come esodo da tutto questo, e molto altro. Nascono per cercare e costruire la possibilità di un'alternativa comune, possibile, vera.
A questo serviva il nostro spazio, per un tentativo comune, collettivo.
Per questo siamo incazzati che ce l'abbiano tolto: ma u
n
sogno che osa vivere e' gia' una vittoria, e non ce la faremo
scippare mai.
Per questo oggi, siamo scesi nelle strade e abbiamo murato simbolicamente l'ingresso principale del comune: ci siamo chiusi fuori dai palazzi pieni solo di passioni tristi e di burocrazia. È così che ci sentiamo più sicuri.
E poi abbiamo attraversato le strade del centro, le bancarelle di natale e le luci che nascondono la crisi, con un cacerolazo, con un messaggio semplice, allegro e vitale.
Sgomberatevi il cervello, siamo la comunità, toglietevi il cappello.
Per
essere stretti gli uni agli altri, tutti, noi, tutti coloro che sentono che la
vita che non si arrende è la nostra risposta, la nostra promessa.
Domani il concerto degli Assalti Frontali si farà.. non sapete dove, ma lo saprete presto.
Siamo qui, non abbiamo paura, non ci potete fermare perché siamo della materia di cui sono fatti i sogni.