Non chiamiamola emergenza, chiamiamola violenza sistemica

Utente: davide drago
1 / 2 / 2020

L’italia non è un paese per donna. In Italia siamo in uno stato di emergenza, ma il paradosso è che questa “emergenza” è sistemica. Ogni giorni vi sono notizie di femminicidi, violenze domestiche, discriminazioni, stupri a danno delle donne e di soggettività lgbtqi+.

Questa settimana abbiamo notizia di cinque donne uccise in due giorni, sei in una settimana, più il cadavere di una donna ritrovato dopo mesi e il fidanzato arrestato. Questo ha portato il Procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi nella sua relazione all'anno giudiziario a parlare dei femminicidi come "emergenza nazionale".

Come dicevamo, siamo di fronte ad un paese in cui la violenza non è emergenziale, ma non è trattata come se lo fosse.

Dai primi giorni del 2020 abbiamo visto come la tematica della violenza venga trattata dai media e da chi dovrebbe fare informazione, partendo dal festival di Sanremo, passando per giornali che continuano a catalogare l’assassinio come un “raptus amoroso” o “una tempesta emotiva” e chi ne ha più ne metta, fino ad arrivare al “giornale Libero” che nei giorni scorsi mette in prima pagina «Più maschicidi, che femminicidi».

Al di là della sfera mediatica, la violenza sistematica sulle donne e sulle soggettività lgbtqi+ in questo paese non viene trattata come dovrebbe. Abbiamo visto di recente come i centri antiviolenza e le case delle donne sono state messe sotto attacco, sia sul piano finanziario sia con veri e propri tentativi di sfratto, come accaduto a Toma “Lucha Y Siesta”.

Se In Italia ci fosse una reale consapevolezza che la vita delle donne e delle soggettività Lgbtqi+ sia quotidianamente sotto attacco e che il problema sia instrinseco nella nostra società e non viva di casi isolati, si ascolterebbe chi su questo ci lavora ogni giorno e si attuerebbe realmente un piano di decostruzione della violenza. Piano che dovrebbe partire dai luoghi della conoscenza, dall’istruzione, dai media e finanzi chi lavora sul territorio. Si ascolterebbe chi, come Non Una Di Meno, ha redatto un Piano Antiviolenza e che continua a dar voce a chi non può farla sentire.

Se non si lavora per far si che il sistema attuale venga cambiato nel profondo si continuerà a perpetuare questa logica emergenziale, che non fa altro che amplificare il problema, relegandolo ai margini del dibattito pubblico e politico. Chi continua a sostenere questa logica non fa altro che sostenere e alimentare questo sistema. È giunto il momento di rompere queste narrazioni, di agire direttamente sulla matrice della violenza patriarcale, di capovolgere i rapporti di potere che la producono e riproducono.