L'Aquila, un mese dopo la scossa

di Enzo Mangini

6 / 5 / 2009

{E' passato un mese dal terremoto della notte del 6 aprile. Fini in visita nel capoluogo abruzzese ribadisce che la magistratura dovrà accertare le responsabilità per i crolli e le vittime. Intanto, nei campi, tra i cittadini e i sindaci, cresce la protesta contro il governo.}

Tocca al presidente della camera Gianfranco Fini andare all’Aquila nel giorno che segna il primo mese dal sisma del 6 aprile. Veste istituzionale e discorso istituzionale, per Fini, che cerca come può di ricucire il rapporto tra gli aquilani e le istituzioni del governo centrale. Un rapporto sempre più sfilacciato dopo l’emanazione del decreto del governo che ha fatto infuriare sindaci e cittadini.
Fini ha partecipato al consiglio regionale solenne tenuto nel capoluogo abruzzese, dove, prima del discorso davanti all’esecutivo regionale, ha visitato i luoghi più colpiti dal terremoto, da via XX settembre alla Casa dello studente. Nel suo discorso Fini ha ripetuto che «accertare le responsabilità» per i crolli e per le vittime «ha una valenza morale». Ma ha anche auspicato «che non venga meno l’impegno delle prime ore». Una velata critica agli ultimi passi, falsi, del governo che in pochi giorni, da quando il decreto Abruzzo è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ha dilapidato il patrimonio di credibilità e vicinanza alle popolazioni che si era guadaganto con un intervento tempestivo della macchina dei soccorsi.
Non si fermano infatti le polemiche sulle disposizioni del decreto, attaccato apertamente dalle amministrazioni locali, dai sindaci dell’area del cratere, dal sindaco dell’Aquila Massimo Cialente e dalla presidente della Provincia Stefania Pezzopane.
Tutti concordano sui punti più carenti del testo del governo: i soldi sono pochi e non sono certi, splamati come sono fino al 2033 e affidati al successo di lotterie istantanee, giochi e lotta all’evasione fiscale; le amministrazioni locali vengono scavalcate dai potersi speciali concessi al commissario di governo [il presidente della Regione Gianni Chiodi] oltre che da quelli del capo della Protezione civile Guido Bertolaso; i meccanismi di finanziamento delle ricostruzioni sono inefficaci [case finanziate solo per un terzo, il resto mutuo e credito d’imposta su 22 anni] e rischiano anzi di esasperare i già rilevanti fenomeni di emigrazione dal territorio colpito dal terremoto.
Né sono bastate le parole di Bertolaso che due giorni fa nel consiglio comunale straordinario dedicato alla ricostruzione che si è tenuto all’Aquila aveva cercato di rassicurare cittadini e sindaci. «Quello che non c’è nel decreto, ci sarà nelle ordinanze – ha detto Bertolaso davanti a decine di persone tutt’altro che contente di ascoltarlo – E se i soldi non ci sono li troverà io».
E’ esattamente l’atteggiamento «paternalistico» che il sindaco dell’Aquila ha criticato nei giorni scorsi e che sta trasformando in concessioni del governo quelli che invece sono diritti dei cittadini. «100 per cento ricostruzione, 100 per cento trasparenza, 100 per cento partecipazione» recita infatti un volantino che da oggi ha iniziato a circolare tra le tendopoli, dove ai disagi «ordinari» si stanno aggiungendo alcune emergenze sanitarie.
Il volantino è nato dalla mobilitazione di associazioni e organizzazioni aquilane, che, anche in contatto con i comitati popolari che hanno seguito la ricostruzione in Irpinia e a San Giuliano, in Molise, hanno iniziato a proprre un approccio «dal basso». Non solo per vigilare su quanto verrà fatto, ma anche per avanzare proposte alternative ai moduli abitativi previsti dal governo.
Il decreto prevede che siano individuate aree 14 per la realizzazione di moduli abitativi a tre piani, installati su una piattaforma antisismica. Non si sa ancora dove saranno individuate queste aree e con quali criteri, così come si ignora chi costruirà le piattaforme e chi le case «provvisorie». Provvisorie quanto? Il decreto è vago. Berlusconi promette che le prime case arriveranno entro metà settembre, ma si tratta, appunto, di case temporanee che però, in mancanza di stanziamenti e tempi certi per la ricostruzione, rischiano di diventare definitive almeno per una parte della popolazione aquilana.

Articolo pubblicato sul sito di Carta il 6 maggio 2009.

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