La nuova strategia di federmeccanica/ appunti

La posta in palio

la sfida della ricomposizione nella crisi

9 / 9 / 2010

La scelta di campo di Federmeccanica rappresenta l'embrione di una nuova strategia.

Lo è perchè essa è un atto corale e condiviso dell'intera parte padronale del settore meccanico (quello cruciale nelle stagioni di rinnovo contrattuale, si badi), lo è perchè è avvallata dalla Confindustria, lo è perchè rappresenta un virus, sovversivo, di modifica delle relazioni industriali che ambisce a diventare "modello" per tutti i settori d'industria.

Facciamo un passo indietro per definire i contorni di quanto accaduto. Sulla spinta dell'esempio di Pomigliano, ed in generale dall'iniziativa FIAT, Federmeccanica decide di recedere dal CCNL Meccanico siglato con le organizzazioni sindacali nel 2008, per rifarsi esclusivamente a quanto concordato con le sole Uilm, Film (ed altre appendici meno rappresentative ed ancora più gialle) nel 2009.

Se il merito è cruciale (deroghe ai limiti sugli straordinari, penalità sulle malattie, limiti all'agibilità sindacal, turni senza riposi adeguati, pause mense contratte e via discorrendo), il metodo è tutto: viene esclusa come parte negoziale la FIOM che non ha -giustamente- siglato quell'accordo al ribasso proprio perchè al suo interno contiene i germi della distruzione della negoziazione nazionale e del ruolo del sindacato come negoziatore collettivo e non complice della controparte.

Rifarsi all'accordo del 2009 significa che in sede di rinnovo la FIOM non verrà convocata e i diritti sindacali dei suoi iscritti e dei suoi quadri, de facto, cancellati.

L'obbiettivo di lungo periodo è di spostare la negoziazione da un piano generale e nazionale ad uno territoriale ed aziendale. Questo significa collegare il salario diretto alla produttività territoriale, a quella aziendale, di reparto ed individuale.

Significa, insomma, concludere quel processo regressivo che cominciò con la sconfitta storica del movimento di fabbrica che quaran'anni fa reclamava il salario sganciato dalla produttività, variabile non dipendente e geneticamente opposto al cottimismo storicamente voluto come metrica da parte capitalistica.

Non solo. Il salto in più lo fornisce l'americanismo di Marchionne - immediatamente sostenuto sia da Sacconi che da Tremonti- che evoca il ripensamento su base aziendale di parte del welfare.

Mi riferisco alle nuove voci delle assicurazioni previdenziali aziendali - nella cui gestione si vogliono inserire i sindacati collateralisti di cui sopra- alle scuole, agli asili, alle assicurazione mediche che compongono le voci non monetarie del salario, nelle più avanzate proposte dei nuovi integrativi aziendali.

Questo approccio al total compensation package è stato per trent'anni la via statunitense alla strutturazione della forma salario, ora, peraltro, messo in discussione dalla crisi e prorpio dall'amministrazione Obama.

Si badi che ciò che si nasconde dietro questo nuovo modo di negoziazione e questo "pacchetto non monetario" è la strategia di fidelizzazione degli operai che debbono vendere l'"anima" all'azienda.

Lo scenario che vuole Marchionne è quello di corporations transnazionali che competono integrando gli operai nella competizione, superando, come ebbero a dire sia Sacconi che Tremonti, la "contrapposizione tra capitale e lavoro".

Per questo la FIOM ha deciso di giocare fino in fondo la scommessa. Perchè la sfida di Federmeccanica cela un progetto societario in cui l'unico paradigma è quello del privato, riportando sotto la categoria di individuo proprietario anche colui che finora ha avuto un'identità collettiva di classe e nulla da vendere se non la propria forza lavoro.

Sabato 16 ottobre è convocata a Roma la manifestazione della FIOM.

Credo che saperla attraversare riempendola delle nostre biografie lavorative -spesso agli antipodi rispetto al lavoro di fabbrica a tempo pieno ed indeterminato- e politiche possa renderla uno spazio politico di conflitto, più  generale della specifica vertenza operaia.

Uno spazio meticcio e pubblico che può praticare la ricomposizione dentro e contro la crisi.

Perchè non ci proviamo?

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