Fonte: Il Manifesto 15.05.09

Galeotti in mezzo al mare: il Dap si inventa le navi-prigione

15 / 5 / 2009

Carceri - Il piano sul tavolo del ministro Alfano avanza l'ipotesi di rinchiudere i detenuti in chiatte ormeggiate nei porti

La parola galera riacquista il significato letterale di imbarcazione per galeotti. Le carceri scoppiano e per costruirne altre ci vogliono decenni? Nessun problema. Metteremo i galeotti in mezzo al mare. L'idea geniale è contenuta nella relazione presentata da Franco Ionta, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), al ministro della giustizia Alfano.
Le carceri galleggianti verrano ormeggiate nei porti, come Genova e Livorno, e farebbero parte di quelle strutture definite nel rapporto «modulari», dunque più economiche, più rapide da costruire e gestire. La trovata geniale non è una novità. I primi a pensarci sono stati gli inglesi, poi gli americani nel 1989 ormeggiarono una chiatta-prigione sul fiume Hudson a New York. E gli olandesi confinarono i migranti in una nave nel porto di Rotterdam. Il ragionamento del Dap è semplice e perverso, abbiamo un sovraffollamento carcerario che arriva a 62.473 unità contro un limite regolamentare di 43.201 posti e una tollerabilità di 63.702 posti, dunque dobbiamo creare altro spazio dove rinchiudere delinquenti. Per questo, oltre alle galere in mezzo al mare, il piano prevede la costruzione di 46 nuovi padiglioni entro il 2012 e di 22 nuovi istituti di cui 9 sono già stati finanziati, per un totale di 17.129 nuovi posti per un costo complessivo di un miliardo e 590 milioni di euro. Per la costruzione verrà utilizzata anche manodopera a bassissimo costo, anzi a costo zero, saranno infatti gli stessi detenuti a fare da imbianchini e da muratori. I fondi saranno reperiti dalla cassa ammende, dai fondi per le aeree sottosvilupate (Fas), ma soprattutto ci si rovlegerà ai privati tramite «Project financing» a la permuta di vecchi edifici carcerari. Le vecchie carceri nei centri storici verrebbero trasformate in alberghi o centri commerciali dai privati che in cambio contruirebbero carceri in periferia.
Nelle carceri, intanto, monta la protesta. Nel carcere padovano Due Palazzi, si vive in tre in celle per una sola persona: i detenuti hanno deciso di fare lo sciopero della fame. «Se a Sollicciano raggiungeremo quota mille (oggi siamo a 953) - fa sapere Franco Corleone, garante dei detenuti del comune di Firenze - comincerò lo sciopero della fame. Se non ci fosse stato l'indulto i detenuti in Italia sarebbero 80.000. L'aumento è casuato dalle leggi sull'immigrazione e sulla droga».
«Altro che navi-prigione, è questo piano che fa acqua da tutte le parti e che non è realizzabile - commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - Si guarda al problema del sovraffollamento solo in termini di spazi di reclusione e mai di rieducazione. Il governo dovrebbe rivedere le politiche penali e penitenziarie che riempiono le galere di stranieri. La privatizzazione, poi, è un modello ingiusto e superato. Se ne sono accorti anche negli Usa. Si crea un circolo vizioso: i privati per guadagnare hanno bisogno che aumenti il numero di carcerati e questo produce spese sempre più alte per lo stato». Proprio di questo devono aver parlato ieri, in via Arenula, Franco Ionta e il ministro Alfano con la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e con Paolo Buzzetti, presidente dell'associazione cotruttori (Anci).