Dal Molin, sarà lunga

2 / 2 / 2010

Domenica è stata una giornata intensa per gli attivisti del No Dal Molin di Vicenza. Una cinquantina di loro, donne e uomini di tutte le età, è riuscita a varcare i blindatissimi confini dove sta sorgendo quella che il comandante statunitense William Garret ha definito “la seconda base militare statunitense in Europa”. Loro lo hanno definito “un atto d’ispezione dal basso”, visto che nessuno, sindaco in testa, è mai riuscito a vedere cosa stesse effettivamente succedendo nel cantiere. 

Lo scenario che si è presentato davanti agli occhi dei No Dal Molin è sintetizzato nelle parole di Francesco Pavin, uno dei volti più noti del movimento vicentino: “lì dentro stanno facendo un vero e proprio disastro, è tutto allagato”. La documentazione fotografica raccolta dai cinquanta attivisti parla chiaro, con allagamenti diffusi, segno che la falda sottostante, una delle più ricche dell’intero nordest, è a rischio. “Purtroppo si conferma quanto avevamo previsto – sottolinea l’ingegnere Guglielmo Verneau – e cioè che la posa delle palificazioni necessarie al sostegno degli edifici ha creato una sorta di diga, per cui l’acqua non riesce più a circolare normalmente e trova sfogo verso l’alto, arrivando praticamente a livello del piano campagna. Ecco perché il commissario governativo Paolo Costa – conclude l’ingegner Vernau – ha fatto di tutto affinchè non si effettuasse la Valutazione d’Impatto Ambientale.”

I vicentini, che hanno dichiarato la loro volontà di andare avanti nell’opposizione al cantiere, temono anche per i resti archeologici su cui sta lavorando la Soprintendenza del Veneto. “Come ci ha confermato il soprintendente dott. Tinè nell’incontro avuto la scorsa settimana – dichiara il prof. Enrico Marchesini - all’interno del Dal Molin ci sono preziosi reperti del paleoveneto, che con la costruzione della base rischiano di scomparire. Non a caso la soprintendenza ha fatto bloccare una parte del cantiere.”

Gli attivisti del Dal Molin rilanciano, quindi. Il loro nuovo slogan, mutuato dai “presidi fratelli” della Val di Susa è “sarà lònga”.

Insomma, a casa non si torna, e la vicenda Dal Molin rimane una spina nel fianco del governo.

Olol Jackson

Articolo pubblicato su Terra del 02.02.2010