"Il grado ci civilizzazione di una civiltà si misura dalle sue prigioni" Fedor Dostoevskij
Ancora una volta sui
giornali del nostro paese, che si dice civile, leggiamo fatti di
cronaca quali la rivolta nel carcere di Padova, nel CIE di Gradisca e
Capo Rizzuto.
Sono episodi che portano alla luce una situazione
che non è diventata grave adesso, ma che si protrae ormai da troppi
anni e che troppo spesso pervade il dibattito pubblico solo nel
momento in cui si trasforma in tragedia.
Il suicidio nel
carcere di Padova della scorsa settimana, il migrante lanciatosi dal
tetto del CIE di Gradisca D'Isonzo ricoverato ancora in condizioni
gravissime, sono solo la punta di un iceberg.
Dietro le alte
mura di cemento di tutte le strutture di detenzione, si chiamino esse
"carceri o Centri di identificazione ed espulsione", gli
episodi di autolesonismo e di violenza sono quotidiani.
In
questi luoghi che sono posti accuratamente fuori dalla vista e che
tutti noi percepiamo così lontani dalla nostra quotidianità, le
condizioni di vita, perchè di vita si tratta, sono disumane.
Il
sovraffollamento che continuamente viene denunciato stupisce se si
pensa che la percentuale di crimini "gravi" nel nostro
paese è diminuita negli anni. Esso non è altro che la diretta
conseguenza di politiche che aprono , anzi spalancano le porte dei
carceri a chi commette "nuovi" reati, e che sono sintomo
dell'incapacità di rispondere da parte delle istituzioni al disagio
sociale ed economico, crescente nell'attuale crisi.
Le uniche
soluzioni propinate dai governanti, quali: i nuovi pacchetti
sicurezza, la costruzione di ulteriori carceri o l'infilare tra le
righe dei Decreti Legge ulteriori norme repressive, come sta facendo
il governo Letta con il "decreto antifemminicidio"( se così
lo si può chiamare), non possono assolutamente essere la
risposta.
Oggi l'unica scelta possibile e praticabile che
tutti insieme "dobbiamo" pretendere è un atto di Amnistia,
ma che lasciato solo diverebbe un palliativo temporaneo. Infatti, a
nulla servirebbe se non accompagnato dalla depenalizzazione dei reati
connessi alle "indegne" leggi Bossi-Fini, Fini Giovanardi
ed ex Cirielli, oltre alla immediata abrogazione delle stesse e alla
cancellazione del reato di Clandestinità.
Esiste un altro
aspetto drammatico, presente dentro e fuori il carcere: la violenza
perpetrata dalle cosiddette "forze dell'ordine" che invece
troppo spesso si trasformano in carnefici.
Ciò accade
quotidianamente: violenze fisiche o psicologiche, spesso nascoste e
impunite anche quando arrivano a spezzare delle vite , come è
successo a Federico Aldrovandi o a Stefano Cucchi, fino al più
recente episodio ligure.
Per questo motivo non sono più
rinviabili un dibattito serio e l'approvazione di una legge che
introduca il reato di tortura: gesto simbolo della volontà di
cambiamento di fronte ad una situazione insostenibile.
Nessuno
ci regalerà nulla!
Facciamo appello a tutte le
associazioni, le realtà e i singoli cittadini del nostro
territorio
ad essere presenti
lunedì 26 Agosto alle
ore 15.00 davanti al carcere circondariale di Padova,
per
esprimere tutta la nostra solidarietà e vicinanza ai detenuti, per
dire loro che non sono soli
e per denunciare questa vergognosa
situazione.
Un primo momento di un percorso, oggi più che
mai necessario, di questa battaglia
di diritti e civiltà.