"Il sorriso della libertà contro la violenza dell'omertà"

Bologna - Spy-pen e altri strumenti di tutela

Il sindacato di polizia istituisce una raccolta fondi per dotare gli agenti di nuovi strumenti tecnologici

26 / 11 / 2013

E' notizia di questi giorni la volontà del Sap di istituire una raccolta fondi per dotare gli agenti della spy-pen, ultimo ritrovato tecnologico. Si tratta di una penna con video e foto sensori che dovrebbe "difendere i difensori" dell'ordine dai delinquenti e dalle prostitute che, sempre più spesso, li trascinano in tribunale. A leggere le dichiarazioni del sindacato di polizia, sembra che si intentino processi contro gli agenti quasi per divertimento, per perseguire pregiudizi contro una categoria.

La tecnologia non ha di per sé un valore intrinseco, non è buona o cattiva, salvifica o oppressiva; essa si presta ad essere usata in maniera ambivalente. Se quando scendiamo in piazza ci dotiamo di videocamere, lo facciamo per tutelarci, perché di solito la Digos si rivela scrupolosa nel riprendere chi manifesta e tralascia di guardare l'operato delle forze dell'ordine; lo facciamo perché le indagini all'interno dei corpi di polizia sono ostacolate dall'omertà e dai "non ricordo", mentre le immagini che raccogliamo aiutano a riempire le perdite temporanee di memoria.

In California, nello stato di Rialto, oltre alle telecamere sulle automobili, gli agenti sono stati dotati di occhiali hi-tech con videocamere a causa dell'alto numero di denunce e di soprusi commessi senza alcuna legittimità. Questo strumento ha fatto scendere l'uso della forza del 60% , dicono gli studi, perché il funzionario che lo indossa ne viene condizionato e si comporta senza violazioni, facendo meno ricorso al manganello. Le immagini registrate non possono essere manomesse o rimaneggiate, e questo mi sembra elemento fondamentale per la veridicità del loro contenuto.

Invece di lamentarsi per la scarsa tutela se anche i poliziotti vengono indagati (vorrebbero esserne esenti?), se aumentano gli episodi e le denunce di violenza dentro le questure o per le strade è evidente che vi sia un problema da affrontare.

Se i reparti mobili di questo Paese, senza necessità di una raccolta fondi e "senza oneri aggiuntivi per lo Stato" - formuletta amata in tempo di crisi - vogliono essere certi di non finire in tribunale per errore, al posto di qualcun altro magari, ripetiamo ancora una volta la stessa proposta: numeri identificativi sulle divise o sui caschi.

A meno che non si pensi che la spy pen riesca a raccontare altre storie: donne migranti che si ricattano da sole, i miei denti che saltano perché sono da latte, i tanti migranti che sono picchiati da fantasmi, Paolo Scaroni che inciampa e sbatte la testa per terra.

Martina Fabbri

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