Aggiornamenti dopo il presidio all’Ufficio Immigrazione della Questura di Bologna, mercoledì 20 aprile
Gli avvocati hanno potuto visionare soltanto una parte
dei fascicoli relativi ai propri assistiti, dal momento che altri
dossier importanti erano ancora al Cie nonostante i legali avessere
richiesto di accedere agli atti.
Dalla lettura del fascicolo e dal colloquio con i dirigenti dell’Ufficio
Immigrazione emerge che la Questura ha ritenuto inammissibili le
istanze di permesso di soggiorno depositate sabato dai legali per conto
dei sei ragazzi tunisini rinchiusi nel Cie, rigettandole prima di
condurre l’istruttoria e negando così il diritto al procedimento
amministrativo e l’intervento della difesa legale.
Si è appreso che i sei ragazzi sono stati denunciati per “danneggiamento
aggravato durante le proteste del 2 marzo”, ma nessun resoconto o
verbale dei fatti avvenuti il 2 marzo è stato rinvenuto nel fascicolo.
Tale denuncia costituirebbe per la Questura il motivo ostativo non
tanto a concedere il permesso di soggiorno ma a riceverne l’istanza.
La decisione di predisporre in tutta fretta il rimpatrio verso la
Tunisia si conferma quindi strumentale e priva di legittimità, ma anche
frutto della discriminazione subita da quei cittadini tunisini che per
primi sono giunti a Lampedusa, nella prima metà di febbraio. Sono circa
2000 i provvedimenti di respingimento dichiarati dal Prefetto di
Agrigento, che procedeva in tal senso considerando illegali i migranti
arrivati dalla Tunisia. Per questi si è proceduto alla detenzione
amministrativa nei Centri di Detenzione ed Espulsione, diversamente dai
migranti arrivati successivamente e confinati a Lampedusa. Secondo la
Questura di Bologna il provvedimento di respingimento notificato
all’arrivo in Italia giustificherebbe infatti la sollecita esecuzione
del rimpatrio forzato con cui è stata cancellata la garanzia della
difesa legale impedendo ai legali di attivarsi ed impugnare il rigetto
dell’istanza del permesso di soggiorno.
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Ieri pomeriggio, martedì 19 aprile, sono stati espulsi dall’aeroporto di
Bologna due nostri fratelli tunisini. Erano arrivati in Italia a metà
febbraio, dopo aver affrontato un viaggio di 24 ore in mare, in 120 su
una barca partita dalle coste tunisine, nella speranza di trovare in
Europa un futuro migliore di quello che viene riservato ai giovani, che
nonostante la rivoluzione restano senza prospettive di futuro e di
riscatto sociale. Hanno rischiato la morte nel Mediterraneo perché
sognavano la libertà, la libertà di poter lavorare per progettare un
avvenire dignitoso per sé e per le proprie famiglie in Tunisia.
Invece appena sbarcati in Italia sono stati portati a Bologna e
rinchiusi nel Cie di Via Mattei, dove da eroi della rivoluzione dei
gelsomini sono diventati pericolosi criminali da identificare ed
espellere.
Per oltre due mesi sono stati dimenticati in quel
carcere etnico, mentre oltre i muri alti 4 metri, il filo spinato, le
grate infuriavano dibattiti e polemiche sullo svuotamento di Lampedusa,
trasformato nel frattempo in isola-prigione, sull’accoglienza, sul
diritto alla protezione umanitaria.
Tutto questo non li ha nemmeno sfiorati, per loro solamente giornate da
prigionieri da trascorrere nelle stanze bunker presidiate dalla Polizia e
dall’Esercito, senza contatti con l’esterno, senza capire e senza
sapere.
Come doveva esprimersi la loro alienazione? Tagliandosi le braccia o
bevendo lo shampoo? Oppure facendo delle lenzuola di carta una corda da
attaccare alla doccia? Troppe volte è andata proprio così, in Via
Mattei come negli altri Cie italiani. Forse la loro rabbia per una
carcerazione incomprensibile si è invece espressa dando fuoco ad un
materasso ignifugo, magari il Primo Marzo, mentre qualcuno cercava di
squarciare il silenzio che avvolgeva i profughi tunisini parcheggiati
nel Cie, rompendone l’isolamento con un atto concreto, scavalcando il
muro di cinta per entrare lì dentro, in quel luogo aberrante, per
raggiungere i detenuti, vederli, ascoltarli e denunciarne la
segregazione illegittima.
Non sappiamo se hanno scelto quel modo di dar voce alla loro dignità
calpestata, ma sappiamo che partecipare ad una rivolta altre volte è
bastato per subire il massimo della ritorsione: l’espulsione forzata nel
paese di origine.
Questi ragazzi avevano nominato i nostri legali, che in
una corsa contro il tempo erano riusciti a depositare le domande del
permesso di soggiorno per protezione temporanea previsto dal decreto
del 5 aprile. Ma la Questura di Bologna ha respinto le loro domande ed
in poche ore li ha imbarcati su un aereo diretto Tunisi, in spregio ad
ogni diritto. Senza darne motivazioni, senza informare gli avvocati,
senza metterli nella condizione di intervenire!
Le spiegazioni che abbiamo ricevuto dal dirigente della Questura, che
abbiamo preteso di incontrare durante il presidio immediatamente
convocato sotto alla Questura, sono illegittime, anche giuridicamente.
La decisione di rimpatriare nottetempo i due ragazzi è illegittima,
priva di ogni fondamento ed ha negato le garanzie di rispetto dei
diritti fondamentali, ignorando anche il diritto alla difesa, calpestato
insieme alla dignità dei migranti.
Non solo. Per noi questa è anche una espulsione con un messaggio
politico, quello di punire senza appello chi ha scelto di usare la
propria rabbia per costruire un legame con l’esterno, e che solo
nell’esterno aveva trovato un sostegno.
Siamo addolorati, ma siamo anche consapevoli che Bologna ed il suo Cie, così come la sua Questura ed il suo aeroporto, sono le tessere di un mosaico europeo che in questi mesi ha affrontato gli arrivi dalla Tunisia con l’irresponsabile politica dell’emergenza buona solo per alimentare paura, xenofobia, marginalità, sfruttamento ed irregolarità. Ventimila persone scampate ai naufragi sono state disumanizzate e sequestrate a Lampedusa, segregate nei Cie, nelle caserme, nelle tendopoli, smistate come bestie, munite di un diritto di soggiorno a tempo utile solo a toglierle dal territorio italiano, respinte alle frontiere interne dell’unione europea, destinate tra pochi mesi ad essere clandestini e sanspapiers da schiavizzare e da rinchiudere nuovamente.
Indisponibili ad osservare in silenzio questi meccanismi, oggi siamo all’Ufficio Immigrazione della Questura di Bologna ad accompagnare i nostri legali per impedire che gli altri 4 ragazzi ancora al Cie siano rispediti in Tunisia.
Vogliamo
che siano immediatamente liberati dal Cie ed abbiano accesso al Piano di Accoglienza per i Profughi
che abbiamo tutte le garanzie per accedere alla procedura per il permesso per protezione
che sia rispettato il loro diritto alla difesa legale, negato invece a ragazzi espulsi ieri
Campagna Welcome, Cs TPO Bologna
Leggi il resoconto della giornata di ieri
La fotogallery di Repubblica Bologna del presidio di martedì sera sotto alla Questura di Bologna
La fotogallery di Repubblica Bologna del presidio di mercoledì mattina all'Ufficio Immigrazione