Prove tecniche di secessione

di Alfonso Mandia

24 / 7 / 2011

Ricordo che quando saltò fuori la Lega, una delle cose che mi colpì immediatamente fu che Bossi pronunciava il nome del nostro paese “Itaglia”, come Mussolini, e come il Duce era ignorante, rozzo, ma del tipo scarpe grosse e cervello fino, e proprio per questo, a mio avviso, pericoloso e per niente destinato a scomparire nel nulla in un brevissimo arco di tempo come la maggioranza delle persone era convinta che sarebbe accaduto. Ritenevo pericolose, da una parte, la sua capacità di mandare in fibrillazione la parte peggiore dello stesso genere di persone che trovarono nell’ignoranza schietta e verace di Benito Mussolini un segno di appartenenza al popolino, quello per il quale la cultura, tanto per dirne una, era solo una roba per perditempo e finocchi che non aiutava a portare a casa la pagnotta, dall’altra, la superficialità con la quale veniva valutato l’impatto del fenomeno Lega in generale e di Umberto Bossi in particolare, come fossero, l’una e l’altro, soltanto uno spettacolo da baraccone che mai avrebbe potuto far presa sulla vita materiale del paese e della maggioranza della popolazione.

E così, mentre si sottovalutava la forza di un pensiero, se tale può definirsi, devastante proprio per la sua apparente mancanza di intelligenza e capacità di elaborazione sensata delle cose e delle situazioni, il partito del senatur scalava posizioni e potere all’interno di un sistema che cominciava a incancrenirsi lasciando a soggetti ben peggiori di quelli che fino a quel momento erano stati nella stanza dei bottoni, la gestione del paese.

La stessa superficialità con la quale ho la sensazione si stiano valutando l’inaugurazione dei distaccamenti dei quattro ministeri, Riforme, Semplificazione, Economia e Turismo nella sede di Villa Reale a Monza, giudicati dalla maggior parte dei quotidiani come semplici sceneggiate messe su per calmare la base leghista, incazzata contro una classe dirigente che con Roma ladrona ci si è ingrassata alla faccia della Libera Repubblica Padana e per mostrare, con la presenza della Ministra Brambilla, che il governo è forte e coeso. 

Nell’indifferenza più o meno totale, aldilà delle solite alzate di voce false e strumentali, sta succedendo che il decreto per i rifiuti di Napoli è stato bloccato, con buona pace della solidarietà nazionale, è stato tentato ripetutamente di regionalizzare le graduatorie degli insegnanti, con il chiaro intento di penalizzare quelli del Sud, Maroni, in veste di Ministro dell’Interno ha dichiarato, in risposta alla folla urlante di Pontida che invocava la secessione, che “Noi abbiamo un grande sogno, la Padania libera e indipendente!”, in aperto contrasto con l’articolo 5 della Costituzione secondo cui l’Italia è “una e indivisibile”, secessione invocata anche dallo stesso Bossi, altro Ministro delle Repubblica, il 17 Luglio, come soluzione contro la crisi economica del paese, e ultima notizia fresca di giornata, dal 6 al 10 settembre prossimi Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia saranno attraversati dal Giro di Padania, evento sportivo nato grazie all’intraprendenza di Michelino Davico, cicloamatore, sottosegretario all’Interno e senatore della Lega Nord, che lo ha presentato nel marzo scorso a Milano, manifestazione, come se non bastasse, inserita nel calendario ufficiale dell’UCI (Unione ciclistica internazionale).

Credo sia venuto il momento di rompere il silenzio attorno a quelle che sono deliberati tentativi di secessione che vanno avanti grazie alla complicità criminale del Pd che invece agogna all’accordo, con la Lega, o dell’UDC, che senza senso del ridicolo, invoca un nuovo governo con nuovi protagonisti mentre parla a una platea di facce che son sempre quelle da mezzo secolo, o al silenzio di un Presidente della Repubblica che, a dispetto di quello che pareva, sta invece facendo da spalla alla macelleria sociale di una finanziaria classista e indegna e che non una parola sta pronunciando contro individui che commettono crimini contro la Repubblica contemplati nel codice penale.

Credo sia venuto il momento di non sottovalutare più una classe politica che pur di salvaguardare privilegi poltrone e mazzette, di fronte alla rabbia, che mi auguro esploda in tempi il più brevi possibile, di una popolazione che sta cominciando a non poterne più, non esita a schierare l’esercito per difendere i propri interessi, o a tacere di fronte ai tentativi criminali di un partito che ha fatto della xenofobia e del razzismo la propria ragion d’essere, con tanti saluti a chi, per difendere questo paese dalla brutalità di qualsiasi forma di dittatura, criminale o politica che fosse, non ha esitato a mettere in gioco i propri sogni, la propria volontà, la propria indignazione, non ha esitato a mettere in gioco, e troppe volte a perdere, la propria vita, nel tentativo di lasciare, a chi sarebbe venuto, un paese migliore.