Ci
sono due stagioni importanti: quella della città dell'infanzia e quella
della o delle città che si scelgono da adulti. A volte i luoghi
corrispondono, a volte no.
Guardo
a chi spesso per motivi di miseria o di speranza lascia la propria
città di origine, rimpiangendola a volte per un breve tempo, a volte
per la vita intera. Quelli che la vita li ha portati via dal loro
posto, e perciò dalle persone che amano.
Guardo
anche a chi di contro non ha mai cambiato luogo di vita. A volte per
amore, a volte per nessun motivo in particolare, semplicemente perché
in quel luogo ha sempre vissuto.
Padova
è la città in cui sono nato e in cui ho vissuto i primi anni della mia
vita. Ma cerco un altro posto, un luogo dove vivere, la mia città. E
penso questo. Che una volta che l'avrò trovata, l'amerò come la donna
della vita.
Il
luogo in cui si decide di vivere, coscientemente, dev'essere un luogo
in comune. Nella nostra stupida epoca di democrazia senza demo, le
città sono ancora chiamate 'comuni'. Non è un retaggio della prima
internazionale. È ciò che dev'essere. Le persone che decidono di vivere
in un luogo, sono persone che devono onorare e rendere vivo quel luogo,
insieme.
È
ovvio che la maggioranza delle persone che abitano Padova (e moltissimi
altri posti) non sono del mio stesso avviso. Si aggirano per la via e
il quartiere in cui abitano come fossero ancora in casa loro,
estendendo a proprio piacimento il concetto di proprietà privata e
calpestando l'idea di 'comune'. Figli sordidi dello slogan 'padroni a
casa nostra'. L'essere nato in un luogo non consegna nessuna carta, se
non quella d'identità (e anche quella è solo una carta).
La
proprietà privata è un riconoscimento dell'intimità, sottratta al bene
ben più grande di tutto ciò che può essere condiviso, messo in
'comune'. In un elenco sommario, il lavoro, la luna, le passeggiate,
l'arte e la natura, gli incontri con gli amici e i futuri amori, i
viaggi, le malesorti, prendono vita nell'immensa parte del mondo che
abbiamo in comune.
Perciò mi spiace. Padova, nonostante tutti i suoi figli, continua a morire.
La fortuna nostra, o vostra, è che il futuro può essere diverso.
Ma soprattutto che il mondo intero e nostro, è grande grande. E bello. E ripeto, nostro.