“In questa manovra non c’è un segnale di cambiamento né per gli uomini e tanto meno per le donne”
La
manovra proposta e varata dal governo Monti ha un segno di ingiustizia e
di iniquità che ci porta a dire che non c’è stata discontinuità dalle
scelte che il governo Berlusconi aveva indicato e approvato.
Discontinuità che avevamo sperato per dare risposte di crescita vera al
nostro paese, per dare risposte di futuro, attraverso il lavoro, alle
nuove generazioni, pur sapendo che la situazione è grave e che qualcosa
avremmo dovuto pagare. Il giudizio sulle scelte del governo non può
essere “soffocato” né dalla sobrietà e dalla normalità delle persone che
oggi ci rappresentano, neppure dalle lacrime della Ministra Fornero,
alla quale diciamo che non si può piangere sulle decisioni assunte, ma
c’è una logica all’interno della manovra che non cambia la cultura, la
politica che in questi decenni ha affossato l’idea di collettività, di
universalità, di solidarietà sociale e di emancipazione degli uomini e
delle donne di questo paese. Come diceva Totò ‘si prende ai poveri
perché pur avendo un reddito basso o bassissimo sono tanti!’. È una
logica aberrante che va sconfitta! Alle persone che continuano a
chiederci se sono necessarie iniziative di lotta e di mobilitazione io
rispondo che sì è necessario, se vogliamo che in questa situazione così
drammatica che viviamo si possa ritornare a sognare del futuro, un
futuro che vogliamo costruire anche noi. Un movimento, quello delle
donne “Se non ora quando?” a cui le Donne Pensionate della CGIL hanno
risposto, da sempre, “Sempre!” Perché, anche in anni in cui le
manifestazioni sindacali e le mobilitazioni suscitavano poco interesse
da parte dei mass-media, la presenza delle donne pensionate è stata
partecipazione attiva e alte sono state le loro grida per rivendicare
dignità e riconoscimento al loro ruolo sociale. E continuano a farlo.
Non solo. Hanno arricchito con la loro differenza la politica dello
SPI-Cgil, portando innovazione e non solo proposte e/o rivendicazioni
aggiuntive. La differenza è un valore aggiunto al nostro sindacato. In
questa manovra non c’è un segnale di cambiamento né per gli uomini e
tanto meno per le donne, le quali sono e saranno costrette, se non si
ragiona di welfare come volàno di crescita economica, ad essere, come lo
sono, invece la gran parte, tutti i pensionati e le pensionate,
ammortizzatori sociali e operatori che forniscono gratuitamente servizi
mancanti. Lo sanno bene le donne pensionate che sono costrette ad
occuparsi dei figli, dei nipoti ma anche dei propri genitori e di
qualsiasi figura che presenta fragilità all’interno del gruppo familiare
e/o parentale. Se questo è vero, allora abbiamo tutti il dovere di
rispondere, a ciò che si vuole far credere, che non è in atto uno
scontro generazionale ma scelte politiche e decisioni che il governo
sceglie di non fare. Se non ci sarà lavoro per i nostri figli, per i
nostri nipoti non ci sarà futuro per questo paese. Se non ci sarà futuro
non ci saranno pensioni per tutti. In tutti questi anni abbiamo agito,
abbiamo lottato con la voglia di portare una risposta di benessere per
il nostro paese e quindi per le generazioni future. Non mi stancherò mai
di dirlo, che, nelle nostre proposte abbiamo teso a mettere in secondo
piano i nostri interessi di categoria dando una risposta che avesse un
respiro più ampio e che fosse una proposta per un mondo migliore per
tutti, partendo proprio da quelle generazioni che sono i figli, i
nipoti. Persone che tanto amiamo. Quanta consapevolezza c’è in ognuno di
noi di tutto ciò? Questo dovrebbe essere sufficiente per spazzare via
ogni dubbio nel merito. Non si può parlare di tagli delle pensioni
italiane come panacea a tutti i mali e come se questa soluzione fosse la
soluzione che porta alla crescita della nostra economia, allo sviluppo
del nostro paese. Non possiamo accettare proposte che continuano ad
umiliare milioni di donne e uomini. Non possiamo accettare
l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne senza riequilibrare le
responsabilità del lavoro di cura perché lascia tutte le responsabilità e
i costi sulle spalle delle donne - dalle più giovani alle più vecchie.
Facciamo, ancora, pagare pesantemente la crisi alle donne -escludendole
dal mercato del lavoro, licenziandole perché incinte. Per non parlare
delle donne anziane che sono le più povere perché nel corso della loro
vita si sono occupate e hanno accudito figli, nipoti, proprio come oggi.
E non vogliamo che sia questo il loro futuro. Lo sfondamento del tetto
dei 40 anni di contributi e il blocco delle rivalutazioni delle pensioni
è grave e inaccettabile. Credo che se si prendessero i soldi dove
stanno e non da chi oggi è colpito così duramente dalla crisi si
potrebbero alzare le pensioni di chi oggi è esentato dal blocco della
rivalutazione, si potrebbe mantenere la soglia dei 40 anni e si potrebbe
costruire un fondo per sostenere l’occupazione giovanile. Si possono
abbattere gli sprechi della politica - non possiamo continuare ad avere
una classe politica che, all’interno di questa situazione di emergenza,
prosegue nel dare un’immagine di sé così poco edificante. Si potrebbe
intervenire nei confronti dei fondi pensionistici a cui i lavoratori
autonomi contribuiscono solo con il 20%, i parlamentari con l’8% mentre i
lavoratori dipendenti versano il 33%. Alcuni mesi fa il governo
Berlusconi ha deciso di spendere oltre 200 miliardi per comprare
tornado, elicotteri, sommergibili mentre si potrebbero ridurre
drasticamente le spese militari. Si continua così, invece, con una
politica di tasse sui “certi”, sui più fragili, con tagli agli Enti
Locali, alla sanità, ai servizi, alla ricerca, alla casa a tutto ciò che
crea benessere e crescita. È necessario fare fronte comune a tutto ciò
perché il “futuro appartiene a chi crede nella bellezza dei propri
sogni”. E noi crediamo nei nostri sogni.