La protesta è davvero normale

Di merito, rivolte e studenti meritevoli

22 / 10 / 2010

Che bello oggi a Pisa.

Napolitano non ci ha considerato neanche un poco, giusto un saluto con la mano tremolante, però tv e giornali non ci hanno potuto ignorare!

500! Eravamo 500 svegli prestissimo, dopo le stancanti giornate romane! Svegli in tanti per gridarlo forte che siamo tutti uniti contro la crisi.

In Piazza dei Cavalieri cherchiamo di fermarlo:

“Presidente vogliamo solo darti un volantino!”

Sale in macchina.

Allora via, lo inseguiamo fin sotto al Verdi. Tutto intorno è transennato, evidentemente concederci 5 minuti è un rischio enorme per la sua sicurezza.

Un'ora lì sotto, a urlare forte che deve scendere, a irridere quei pupazzi delle forze "dell'ordine", che tutti bardati resistono all'assalto sonoro di 500 studenti e precari incazzati neri!

Dentro la cerimonia comincia: stanno per consegnare i diplomi a 200 normalisti. Mentre sono giù in corteo scopro che i diplomandi hanno scritto un documento: finalmente dentro la scuola "d'eccellenza" più famosa d'Italia si muove qualcosa. Trovo il documento e me lo leggo appoggiato alle transenne.

Forse era meglio continuare semplicemente ad urlare. Una pagina di buone maniere e riverenze, una pagina completamente vuota!

Non si parla del ddl Gelmini, non si parla dell'università retta dal lavoro gratuito, non si parla di una generazione che in questo paese non ha futuro alcuno se non la precarietà e lo sfruttamento. Non si parla neppure di qualità della didattica!

Ma cos'è per l'eccellenza per questi qua?!?

Il cerchiobottismo diventa arte, ai pochi moderati affondi fa da contraltare la “condivisione di una riforma che privilegi il merito”. Il messaggio si chiude con la richiesta di qualche spicciolo, di un po' d'investimenti, perché la prospettiva di essere solo investimenti e non persone l'hanno completamente introiettata.

Il primo intento del governo è dividere, spaccare il fronte con la parola “meritocrazia” più qualche soldo, e quelli che oggi vengono diplomati sono i primi a cadere nella trappola, i primi a diventare complici.

Accartoccio il documento.

Torno in mezzo ai miei compagni. Torno in mezzo a quella moltitudine che costituisce il corpo vivo dell'università, che il sapere lo crea davvero, che genera relazioni, che scambia conoscenze.

Là dentro non ci ascoltano, via per il centro, a bloccare ancora una volta il traffico: il futuro è qua fuori, il futuro lo pretendiamo, il futuro ce lo riprendiamo!