Slice the Apple to find bugs

1 / 3 / 2016


Nelle ultime settimane abbiamo visto il colosso dell'informatica Apple schierarsi a difesa della privacy dei propri utenti, negando ad un'Agenzia come l'FBI la possibilità di entrare nel device di uno dei due attentatori di San Bernardino. Apple nega l'accesso ai dati del suo utente perchè questo creerebbe un precedente, e la privacy di tutti gli utenti della mela sarebbe messa a rischio in futuro. Insomma, a leggere dai giornali e dalle dichiarazioni abbiamo una Apple paladina della tutela dei dati personali che si oppone addirittura ai giudici federali, ottenendo l'appoggio di altri colossi del web come Facebook, Google e Microsoft.

Quando mentire spudoratamente conviene agli affari

Ma cosa sta realmente accadendo?

Ai nostri occhi è piuttosto evidente che tutta questa storia in realtà sia una mera campagna pubblicitaria di Apple, una specie di privacywashing - per riciclare il neologismo tanto caro alle corporation del nuovo millennio - con cui l'azienda di Cupertino cerca in tutti i modi di apparire affidabile, e attenta ai bisogni degli utenti, sperando che il caso PRISM venga presto dimenticato.

Nel 2013 Edward Snowden rilasciò documenti Top Secret, su alcuni programmi di NSA, Agenzia per cui lavorava, tra cui anche quelli relativi a PRISM: programma grazie al quale l'Agenzia di Sicurezza americana aveva completo accesso a email, chat, foto e video (e molto altro) degli utenti delle grosse aziende "aderenti" al progetto, tra cui Apple, entrata nell'Ottobre 2012, in ritardo rispetto agli altri concorrenti (Google, Facebook, Microsoft,...)

Inoltre, la cosa che ci fa pensare che sia tutta una messinscena è che l'FBI potrebbe craccare l'iphone anche senza il supporto di Apple, mettendoci solamente qualche ora come descritto in questo blog. Insomma, la domanda sorge spontanea: se ci sono vari modi per accedere al dispositivo, senza che nessuno lo sappia, come mai creare tutta questa bufera pubblica?

Trust or not Trust Governments?

Certo, le dichiarazioni di Tim Cook sono lodevoli:

“The FBI may use different words to describe this tool, but make no mistake: Building a version of iOS that bypasses security in this way would undeniably create a backdoor. And while the government may argue that its use would be limited to this case, there is no way to guarantee such control”.

Ma rimangono pur sempre parole nel vuoto. Siamo assolutamente d'accordo quando Cook dice che anche se il governo garantisse che questi accessi verranno limitati solo a questo caso, non c'è nessuna maniera di garantire che ciò avvenga: ai governi piace spiare i propri (e non) cittadini - lo abbiamo visto nel caso Hacking Team, che vendeva software di accesso remoto per telefoni o computer a governi più o meno dittatoriali - il tutto nel nome di una sicurezza contro i terroristi. [Una cosa da notare è che Hacking Team ha venduto il suo software anche all'Egitto per il controllo dei dissidenti; un particolare interessante nel caso di Giulio Regeni, è che il suo telefono sia sparito e non si trova più.]

Il diritto alla privacy è per tutti, anche per chi non ci piace.

Ma quindi Apple deve o non deve lasciare accesso all'FBI?

No. Apple non deve concedere nessun accesso all'FBI e nemmeno ad altre Agenzie. Certo, con questa affermazione potrebbe sembrare che stiamo difendendo terroristi e assassini, ma non è così. Quello che difendiamo con questa posizione è la libertà, la libertà di poter scrivere i propri pensieri, di parlare con altri in completa sicurezza, senza che ci sia qualcuno che origlia dietro la porta per capire se siamo o meno pericolosi terroristi. Il fatto che queste tecnologie vengano utilizzate anche per fare del male non deve portarci a pensare che siano le tecnologie ad essere pericolose, ma come sempre è l'individuo che decide se usarle per fare del bene o meno. Bandire il diritto alla privacy per essere sicuri che nessuno possa organizzare attentati è una misura ridicola (sarebbe come bandire il fuoco perchè si può usare per torturare o uccidere le persone) e oppressiva, che limita la libertà di parola e di dissenso nei confronti dei potenti e di sicuro questo non lo possiamo accettare.

Una fiaba senza lieto fine

Non si tratta di prendere le difese degli attentatori, ma come spesso accade in questi casi, le favole disneyane propinateci dai media si concentrano sulla Regina cattiva (che, per rimanere la più bella del reame, cerca in tutti i modi di vendere a Biancaneve la mela avvelenata) e sul Principe Azzurro (paladino della giustizia) oscurando invece la questione principale: non importa chi alla fine ne uscirà vincitore, se l’eroe o il villain, in ogni caso i poveri nani continueranno a spaccarsi la schiena di lavoro in miniera, resi incapaci, ancora una volta dal potere narrante, di prendere parte alla storia, di decidere cosa farne della propria vita, o della propria privacy in questo caso.

Per concludere non possiamo che citare Steve Workers

«Think different: billionaires are not on your side.

Stay foolish: fight capitalism.

Stay hungry: eat the rich.»