I quotidiani riferiscono con titoli vistosi del successo elettorale del partito centrista Yesh Atid (C'é un futuro) di Yair Lapid e della severa flessione patita da Likud-Beitenu di Benyamin Netanyahu e Avigdor Lieberman. Il filo-governativo Israel ha-Yom titola: 'La sorpresa di Lapid, la delusione del Likud'. Nelle pagine interne il giornale riferisce che "Il Likud è sotto shock: la campagna elettorale ha fallito". In maniera simile, Haaretz titola: "Successo drammatico di Lapid, delusione nel Likud". Così pure Yediot Ahronot: "Duro colpo per Netanyahu, il balzo di Lapid". Nei primi commenti viene delineata una possibile coalizione di governo che includerebbe Likud-Betenu, Yesh Atid e i nazionalisti di Focolare ebraico di Naftali Bennett.
Fatto sta che queste elezioni hanno avuto un esito diverso da quello che molti commentatori e analisti davano invece per scontato: non solo per il risultato finale, ma anche per l'affluenza al voto, la più alta degli ultimi anni. Un aspetto che ha sorpreso molti e che sembra l'indice di un Paese in cerca di un'alternativa all'immobilismo che - a giudizio di alcuni - ha segnato le stagioni più recenti. E non solo in politica estera ma anche in quella interna, dove i morsi di una crisi crescente hanno indebolito la classe media e portato nelle piazze la gente sempre più in difficoltà con il caro vita. Una denuncia e un malcontento che Lapid ha saputo intercettare, cavalcando la speranza di una qualche svolta. Adesso il pallino è nelle mani del vecchio presidente Shimon Peres: dovrà affidare l'incarico, e non potrà esimersi dallo scegliere in prima battuta Netanyahu. Ma la strada per il premier in pectore appare tutt'altro che in discesa
UN PARADOSSO ISRAELIANO
Molti
palestinesi di Gerusalemme osservano le elezioni israeliane svolgersi
sotto i loro occhi, senza aver alcuna possibilità di influenzarne
l'esito. Dopo il 1967, Israele ha annesso Gerusalemme, ma non ha
annesso la sua popolazione. I palestinesi di Gerusalemme sono
diventati "residenti" nel loro Paese. Gli sono stati
dati alcuni diritti, ma non quello di influenzare il governo o le sue
politiche che regolano però ogni minimo dettaglio delle loro
vite.
La mia vita [Aziz Abu Sarah ] ne è un buon
esempio. Sono palestinese, nato e cresciuto a Gerusalemme Est, ma
non ho il diritto di votare in Israele. Oltre a ciò, non ho
nemmeno il diritto di costruire sulla mia terra né di celebrare la
mia identità. Se decido di vivere all'estero per un po', non sono
autorizzato a ritornare. Quando avevo 16 anni, ho vissuto a due
miglia da Gerusalemme: mi fu detto che mi avrebbero revocato la
residenza a Gerusalemme se mi fossi allontanato da Gerusalemme Est.
PARTITI IN LIZZA
Seggi aperti in Israele dalle 7 ora
locale (le 8 in Italia) fino alle 22 per le elezioni legislative per
la diciannovesima Knesset [il Parlamento israeliano, ndr].
Più di cinque milioni gli israeliani chiamati alle urne negli oltre
diecimila seggi allestiti nel paese.
È caccia furibonda agli
ultimi indecisi tra le trentadue liste che si sfideranno. Secondo un
sondaggio del gruppo Dialog, pubblicato sul
quotidiano locale liberal Ha'Aretz venerdì
scorso, sarebbero circa il 15% (pari all'incirca a 17-18 mandati)
coloro che si definiscono "incerti" o "non sa".
Nella scorsa tornata elettorale poco meno di due milioni di
aventi diritto al voto (il 34%) si astennero, all'incirca 43.000
furono i voti annullati e oltre 103.000 furono i voti per liste che
non superarono lo sbarramento. Proprio per questo motivo negli ultimi
giorni dura è stata la bagarre tra i principali partiti per cercare
di guadagnarsi i consensi in bilico.
I laburisti di Ha'Avodà
hanno avuto almeno cinque milioni di conversazioni telefoniche e
circa novantamila sono stati i rappresentanti del partito che si sono
presentati a casa dei loro possibili elettori. Secondo i dati forniti
dal partito fra i principali indecisi ci sarebbero le donne.
Secondo l'ultimo sondaggio di Ha'Aretz pubblicato venerdì
gli "incerti" sarebbero più di centro-sinistra, mentre la
destra del Likud (partito del premier uscente Netaniahu) e l'estrema
destra di "Casa Ebraica" di Bennett mostrano un dato più
basso di indecisi (rispettivamente il 26% e 23%).
A
compattare i partiti principali è il nemico comune: i voti definiti
"inutili" cioè le preferenze per partiti che non
supereranno la soglia elettorale del 2%. Infatti questi voti, secondo
quanto stabilisce la legge elettorale israeliana, verranno annullati
e non saranno attribuiti a nessun partito.
Tra le formazioni
escluse nella prossima legislatura ci saranno le liste non guidate
attualmente da parlamentari. Solo una volta nelle ultime quattro
tornate elettorali, infatti, è riuscito ad un partito nuovo non
guidato da membri della Knesset a superare la soglia di sbarramento.
L'eccezione fu il Partito dei Pensionati di Rafi Eitan che nel 2006
riuscì a conquistare 7 mandati in barba a tutti i sondaggi degli
analisti locali che lo davano per spacciato.
Ma se il
nuovissimo Yesh 'Atid del noto giornalista Lapid dovrebbe farcela, a
rischiare sono formazioni come Kadima e 'Otzma leIsrael (Forza a
Israele) nonostante siano guidati da parlamentari di lungo corso.
Rimanere in corsa per questi partitini ha un tornaconto anche
economico: per la legge israeliana anche una lista che ottiene più
dell'uno per cento e che non supera la soglia del 2% ha diritto a
1.33 milioni di shekel come "finanziamento di partito".
Cifra non irrisoria per chi ha investito di tasca sua somme di denaro
ingenti per poter sostenere la sua candidatura.
alcuni stralci di Paradosso israeliano e di Partiti in lizza sono