Libia - Gheddafi mobilita i lealisti, Bengasi sfida il Colonnello

18 / 2 / 2011

Non hanno la portata delle gigantesche manifestazioni del Cairo, ma i libici hanno squarciato il velo della paura. La «giornata della collera», indetta per il quinto anniversario della strage di Bengasi, ha visto molte manifestazioni in tutto il paese. A Tripoli, i Comitati Rivoluzionari, il partito unico di Gheddafi, hanno organizzato contromanifestazioni. Migliaia di studenti sono stati condotti nelle strade di Tripoli con gigantografie del leader libico e guidati da militanti dei Comitati vestiti con un uniforme verde che ritmavano slogan contro le emittenti satellitari e contro quelli che loro definiscono agenti dello straniero. Per la tv di Stato ci sono state soltanto manifestazioni che inneggiavano al regime. Nessuna notizia né sugli scontri di mercoledì, né sulle vittime.
Bengasi, capoluogo della regione che una volta si chiamava Cirenaica, rimane il centro della protesta. A manifestare sono scesi anche gli avvocati, con sit-in davanti al Tribunale per chiedere la liberazione dei mediattivisti arrestati. Per tutto il pomeriggio di giovedì, i manifestanti si sono scontrati con le forze di sicurezza, spalleggiate dai rivoluzionari. Una delle tecniche sperimentate nel paese è quella di provocare il dissenso ad opera dei pro-Gheddafi.
Un documento dei servizi di sicurezza, firmato dal Generale Hassan Abdelsalam Al Khudairy, capo del dipartimento sicurezza nazionale, impartisce ordini in tal senso. Al punto 6 infatti si legge: «Scegliere gruppi di giovani fidati che abbiano influenze nei quartieri: 50 elementi esterni alle forze di polizia per ogni commissariato».
Come deterrente per sconsigliare alla gente di partecipare alle manifestazioni, la società telefonica cellulare «Libyana» ha mandato degli sms agli abbonati per metterli in guardia dal trasgredire: «Non superare le 4 linee rosse». Il riferimento è alle 4 linee rosse delineate da Seif Islam Gheddafi e che sono: «Islam, sicurezza e stabilità della Libia, Unità del paese e... Moammar Gheddafi».
Ma malgrado questo, la gente è scesa in piazza lo stesso, in tutto il paese. Gli scontri più violenti si sono avuti a Sliten e Zintan a sud ovest di Tripoli. A Sliten sono state bruciate la Mathaba, sede dei Comitati, e il commissariato e per tutto il giorno la città è stata nelle mani dei manifestanti. Lo stesso è avvenuto anche all'oasi di Kofra, a Gedabieh, Shahhat (Cirene) e Derna dove è stato ucciso il coordinatore dei Comitati rivoluzionari, Ashour Mzeeny. I manifestanti hanno ovunque gridato lo stesso slogan: «42 anni sono troppi, la pazienza è finita». A Baida, dove c'è stata la repressione più cruenta, con quattro giovani uccisi, praticamente non si è visto un solo agente. La città è stata completamente evacuata in occasione dei funerali ed è stato destituito il capo dei servizi di sicurezza locale, sostituito con il gen. Baraassyi. I funerali a Baida sono stati molto partecipati, circa 5.000 persone che, da tradizione islamica, sono rimaste in silenzio. Il regime ha rispettato lo svolgimento dei funerali perché teme la sollevazione delle tribù. Dopo la conclusione dei funerali a Baida sono arrivati rinforzi di truppe scelte e per tutta la serata ci sono stati scontri. Ci sono vittime, ma non è stato possibile aver conferme da fonti indipendenti.
Alla vigilia della mobilitazione, le forze dell'opposizione in esilio hanno lanciato un appello per la fine del regime e le dimissioni di Gheddafi e dei suoi parenti. «Noi firmatari - organizzazioni politiche, organismi per i diritti umani e personalità indipendenti libiche... mentre seguiamo con interesse le notizie delle rivoluzioni dei popoli arabi vicini, Tunisia e Egitto e di altri paesi, che hanno messo fine alle dittature...vogliamo partecipare a delineare per il nostro paese un futuro nel quale sia affermato il diritto alla libertà d'espressione con mezzi pacifici... vogliamo che questo cambiamento ineluttabile sia civile e che elevi il nostro popolo a migliori condizioni sociali e che metta fine alla discordia».
Il documento è stato firmato da esponenti dell'opposizione all'estero e attivisti degli organismi dei diritti umani libici, oltre a intellettuali e professionisti, che vivono negli Stati Uniti, GB, Francia, Germani e Olanda, ma anche nei paesi arabi. In mancanza di permessi per i 
giornalisti stranieri, unico canale di comunicazione restano i collegamenti telefonici con queste comunità libiche all'estero e le comunità virtuali dei Network sociali.

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